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Toh, chi si rivede! Il moltiplicatore keynesiano

Creato il 17 ottobre 2012 da Keynesblog @keynesblog

Toh, chi si rivede! Il moltiplicatore keynesiano

di Gustavo Piga

“Ti ho sentito da Barisoni su Radio 24, bravo. Ma su una cosa non sono d’accordo con te.”

L’altro ieri, al telefono, mi dice un collega che stimo.

Ma quante volte ricevo quest’osservazione! “Dici bene, ci vuole espansione fiscale per tirarci fuori da questa idiota austerità, ma non con maggiore spesa pubblica, con minori tasse”.

Perché no? Certo non siamo nell’illogico mondo di Alesina e Giavazzi che ancora oggi continuano a parlare di ”manovre che hanno …  minori effetti recessivi“, come se non fosse esattamente il contrario di ciò di cui abbiamo bisogno. No, qui si parla seriamente, di tirare fuori dalla stupida recessione Europa ed Italia, con maggiore domanda.

Che può venire sia da minori tasse che da maggiore spesa pubblica e, nota bene, con un impatto positivo non solo sul PIL ma anche sui conti pubblici.

Eppure la paura di Fiorito-Batman è tale che maggiore spesa pubblica fa venire la pelle d’oca anche ai più avveduti. Senza capire che per 10 euro di Fiorito ci sono 90 euro di appalti pubblici alle imprese che danno lavoro, creano reddito e occupazione, benessere. Sono lavori per riempire le buche delle strade percorse dai TIR che trasportano all’estero le nostre esportazioni, così da consegnarle più rapidamente. Sono ospedali rimessi a nuovo con apparecchiature in maggior numero e di migliore qualità, così da mandare prima a casa i nostri operai così che possano aiutare l’impresa a produrre nello stesso tempo più beni.

Senza per questo rinunciare a combattere, ma seriamente non con l’irrilevante legge anti corruzione in attesa di approvazione, i Batman che impoveriscono il Paese.

Ora, tuttavia, la questione chiave qui è un’altra. Superato il mal riposto timore dei Fiorito, cosa possiamo dire sull’effetto che prevale? Meglio minori tasse o maggiore spesa pubblica in questa fase del ciclo?

Per rispondere basta guardare ai moltiplicatori di spesa pubblica e tasse e cioè quanto 1 euro di spesa pubblica in più o di tasse in meno riesce a generare di PIL in più.

E per rispondere non lo chiediamo a Piga. Per carità, troppo poco obiettivo. Né ad A&G, anche loro troppo poco affidabili. Ma no, chiediamolo alla istituzione in cui tutti noi crediamo ciecamente, la Banca Centrale Europea.

Che è appena uscita con l’ennesimo studio che conferma il contrario di quello che la BCE stessa auspica, e cioè che le austerità fanno male e le espansioni fiscali fanno bene.

I tre ricercatori mostrano non solo che nell’area dell’euro in recessione i moltiplicatori esistono e sono positivi (meno tasse e più spesa pubblica fanno salire il PIL) ma anche che il componente della politica fiscale che funziona meglio sono, medaglia d’argento, gli investimenti pubblici e, medaglia d’oro, la spesa pubblica per consumi di beni e servizi (ecotomografi, ambulanze, gazzelle della polizia, ecc.), ambedue in verde.

Toh, chi si rivede! Il moltiplicatore keynesiano

Come è noto in realtà da tempo (un eccellente economista di fama internazionale come Riccardo Fiorito si sgola invano da anni nel dirlo).

E le minori tasse (in rosso)? Sì fanno bene, ma molto meno della spesa pubblica. Ovvio assai: in una recessione come questa, quando tagli le tasse, la gente e le imprese non domandano di più, risparmiano, cautelandosi di fronte ad un futuro che appare grigio sul nero andante. Solo lo Stato, supplendo all’assenza momentanea del settore privato facendo appalti, può evitare quella recessione che uccide per sempre piccole imprese e deprime per sempre tanti giovani, tanto più a lungo essa si protrae. Solo lo Stato può evitare che le piazze di Lisbona si riempiano di protestanti che soffrono, facendo tornare l’escudo portoghese e crollare il sogno europeo.

E che questo sia vero lo conferma il paradossale studio della BCE che analizza la manovra “debolmente” espansiva, ma comunque espansiva che caratterizzò l’area dell’euro nel reagire alla prima crisi (2009-2010). La tavola qui sotto mostra chiaramente  come gli strumenti fiscali più utilizzati furono quelli, come le tasse, con un moltiplicatore minore. Si rinunciò a usare con più coraggio lo strumento migliore, quello della spesa pubblica per domanda di beni e servizi.

Toh, chi si rivede! Il moltiplicatore keynesiano

Ciò porta i nostri autori a concludere: in altre parole, se tutte le risorse del programma europeo (EERP) fossero state utilizzate nella spesa per consumi pubblici, l’impatto dell’EERP sul PIL sarebbe stato da 2 a 3 volte maggiore di quanto non mostra la nostra simulazione“.

Eh già.

E questo avveniva nel 2009-2010 quando ancora un minimo di coraggio europeo l’avevamo mostrato. Ora, che siamo preda stordita della stupida austerità, i rimpianti per non avere fatto la cosa giusta crescono a dismisura.

Ma non chiudiamo con una nota negativa: se la BCE lo dice, se il Fondo Monetario Internazionale comincia a pretenderlo, arriverà il giorno del moltiplicatore. E quel giorno io ci sarò, a vedermi lo spettacolo di un’Europa che riprende fiato e potrà finalmente, in condizioni favorevoli, avviare tutte quelle riforme che sono impossibili oggi e che nessun economista ha mai chiesto prima della crisi, nei primi anni del secolo, quando si chiedeva solo e stupidamente di rispettare (anche con trucchi contabili, non importava) la irrilevante soglia del 3% del deficit-PIL.

P.S.: G&A oggi sono sul Corriere e dicono di tagliare i sussidi alle imprese. Può darsi che questa sia una buona idea. Ma nulla mi toglie il sospetto che quando dicono che “Stato e amministrazioni locali spendono ogni anno (dati del 2010 e senza contare gli interessi sul debito) circa 720 miliardi. Togliamo i 310 miliardi che vanno in pensioni e spesa sociale: ne restano 410. Una riduzione del 20 per cento di queste spese, senza alcun taglio alla spesa sociale, consentirebbe di risparmiare 80 miliardi e di ridurre la pressione fiscale di 10 punti”, stiano parlando di tagli non a sussidi, che spesa pubblica non sono ma meri trasferimenti da un contribuente ad un’azienda, ma soprattutto di tagliare proprio quella domanda pubblica che genera occupazione e ripresa, come dimostrato dalla BCE. No grazie, arriverà il giorno del moltiplicatore.


Filed under: Economia, Teoria economica Tagged: Alberto Alesina, bce, Francesco Giavazzi, Gustavo Piga, moltiplicatore keynesiano

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