Oh, signur!
Ragassi, Pontida porco boia! All'inizio del raduno dei mao-mao, è sembrato che la “festa verde” si dovesse trasformare in una sfida all'ok corral. I bossiani sono arrivati con le foto di Maroni-Pinocchio, mentre i maroniani hanno preso a insultarli malamente e a spintonarli con fare più che minaccioso. Baci e abbracci, fra il presidente e il suo delfino, non sono serviti però a nascondere la voglia che avevano di prendersi a mazzate sulla fronte. Dagli occhi dei due galli, uscivano lame di fuoco che il fair-play doveroso, non è riuscito a mascherare. Maroni è arrivato sul palco con un sacchetto pieno dei diamanti di Belsito, promettendo di regalarne uno a testa alle sezioni del partito più meritevoli, non rendendosi però conto di commettere l'ennesimo reato, visto che si tratta di fondi pubblici erogati a titolo di rimborsi spese elettorali e non un argent de poche per i più bravi. Non glielo ha fatto notare nessuno, ma va bene lo stesso: in questo paese, delinquere è diventato un fatto di ordinaria quotidianità. Quella di Pontida di ieri, è stata una delle mattinate più tese nella storia della Lega. Non si è arrivati alle mani per un puro caso. Nervosismo alle stelle e faide interne (Saia-Tosi una delle più sanguinose), stavano per far precipitare una situazione al limite del comico, in un grand guignol che avrebbe causato morti e feriti e pure qualche occhio nero. La distanza fra Bossi e Maroni è siderale. Non vanno d'accordo su nulla. Maroni si è asserragliato fra le quattro mura delle regioni del Nord, mentre Bossi ha detto chiaro e tondo che la parte più importante della battaglia leghista è ancora a Roma. Richiami all'unità e alla pugna, ma la Lega di una volta non esiste più e questo ci intristisce. Non abbiamo visto manco un vichingo con le corna e sembra perfino che Maroni non voglia andare a bere l'acqua della sorgente del dio Po; lui, con le bistecche d'orso, preferisce la birra. Ridotta a prefisso telefonico, assorbita da quella slot-machine che è il Pdl, la Lega non conta più una mazza. Infatti, ieri è andato in onda un funerale, nonostante le urla, gli insulti e le invettive di un popolo di nostalgici in balia della nemesi della storia. Stavolta, Odino non ci metterà una pezza.Avviso per il popolo distratto del Pd. Ignazio Marino ha vinto le primarie di Roma. L'unico dei candidati che ha detto in modo inequivocabile, “Con Silvio mai”, ha staccato di diverse lunghezze gli avversari “possibilisti” Sassoli e Gentiloni. Marino ci sta simpatico. La sua commissione, quella incaricata di dare un'occhiata ai manicomi criminali ancora aperti, ha redatto un rapporto che è l'ennesimo atto di denuncia della terribile situazione detentiva italiana, quella che la UE ci sputa addosso a ogni piè sospinto. Marino è una persona seria, un medico serio, un signore che gira in bicicletta e che di Silvio ha detto: “Come si può pensare di stringere un accordo con una persona che, in questi anni di potere, ha minato le fondamenta di una nazione, asservendone la democrazia a scopi personali?” Ecco, a noi basta questo per considerarlo un galantuomo degno di sedere al Campidoglio dove, tra l'altro, prenderebbe il posto diRocky-Alemanno, quello che se piglia il capo della Protezione Civileche prevede neve, gli fa un culo così. Il messaggio che la vittoria di Marino lancia, è chiarissimo. Il popolo del Pd non vuole nessuna alleanza con quello del Pdl, specie dopo aver visto Matteo Renzi, travestito da Fonzie, rincorrere Maria De Filippi lungo la strada della scempiaggine. Ma Matteuccio è talmente giovane che non crediamo abbia visto la serie originale di Happy Days. Arthur Fonzarelli è, a modo suo, un personaggio troppo serio per andare a cazzeggiare da “Amici”.Dopo più di un anno è possibile tirare qualche conclusione sul lavoro del governo dei tecnici. Quello che hanno combinato Monti&his Friends è ormai sotto lo sguardo attonito di tutti gli italiani. Più debito pubblico, più interessi sul debito pubblico, meno Pil, investimenti bloccati, suicidi imprenditoriali (e non solo) di massa, fuga di cervelli all'estero, disoccupazione giovanile ai massimi storici, recessione perniciosa, carrello della spesa depauperato, nessuna riforma seria se non quella, invisa a tutti, del lavoro. Il risultato della cosiddetta “riforma della Sora Elsa”, che non è il piano per la migliore distribuzione delle trattorie di Trastevere, è riassumibile in un milione di licenziamenti ai quali non hanno fatto seguito due milioni di assunzioni, ma il vuoto assoluto. Se fossimo allievi della professoressa Fornero, ne chiederemmo l'immediata rimozione dalla cattedra di economia, ma siccome non lo siamo, ci accontenteremmo di segnalarla agli storici come il peggior ministro del Welfare degli ultimi 150 anni, roba che Maurizio Sacconi se la sta ridendo alla grande, perché finalmente qualcuno è riuscito a fare peggio di lui. Questo è stato il risultato della lotta senza quartiere contro l'articolo 18, questo è stato il risultato di una politica che avrebbe dovuto portare in Italia (grazie a una maggiore facilità di licenziare) un fiume di investimenti dall'estero. Nulla di tutto ciò: solo una grande, smisurata, lancinante disperazione. Quella di Mario Monti, alla fine, è stata solo un'operazione di restyling, la faccia nuova (e pulita) che occorreva all'Italia dopo il massacro berlusconiano. Il resto, invece, è stato un'immensa tragedia riassumibile in nessun indice positivo della nostra economia. Certo, se i professori-salvatori sono questi, perfino “testa di minchia a mammà” Scilipoti ha una chance. Per non parlare di Totonno Razzi, che almeno i conti (in tasca sua) li sa fare. Ecco la soluzione: Scilipoti ministro dell'economia, Razzi allo Sviluppo. Ormai non ci resta che delirare. Nessun accenno ai grillini? Stavolta no. Sapete che c'è? Le sette, le congreghe e le confraternite ci sono sempre state sulle palle.