RECENSIONE
«Shibuya, tsugi wa Shibuya desu.»“Shibuya, la prossima fermata è Shibuya”, prepariamoci a scendere dalla metro per iniziare questo affascinante e brillante giro turistico di Tokyo – e del Giappone – mano nella mano con una guida d’eccezione: innamorata, entusiasta, capace di apprezzare l’anima duplice e le contraddizioni di questo meraviglioso Paese, traendo piacere dalla realtà frenetica e competitiva della città come da quella lenta e profondamente tradizionale dei templi e delle aree rurali.
In Tokyo Night la storia – il romanzo – si piega alla città e non il contrario: ogni capitolo è legato a una fermata della linea della metropolitana di Tokyo, e l’autrice ce ne descrive l’atmosfera che si respira, la particolarità di ogni quartiere (la dinamica Shibuya, la lussuosa Ginza, la colorata ed eccentrica Harajuku…) e racconta un evento della sua vita a esso legato. La narrazione non segue il filo cronologico e – soprattutto all’inizio – risulta a volte confusa, mentre la città emerge chiara, nitida, al punto che quasi se ne avvertono gli odori e i sapori, si visualizzano le strade, gli svincoli, i parchi.
In nessun altro posto al mondo ci si sente vivi e vitali come a Tokyo, la capitale del futuro prossimo e remoto.I continui salti nei diversi periodi del passato e del presente della protagonista Keiko, così come quel vago senso di understatement presente nei brani che raccontano gli eventi più intensi e dolorosi, ricordano molto lo stile di Yoshimoto Banana. Sarebbero stati necessari però maggior equilibrio e chiarezza nell’esposizione per rendere gli uni e l’altro più efficaci, perché capita più volte che vengano anticipati gli esiti delle storie prima ancora che esse inizino (ad esempio, si scopre che la relazione con Masayuki è finita da mesi nella pagina successiva a quella in cui Keiko ne racconta i primi cauti passi) o che compaiano brani all’apparenza privi di valore per l’economia della narrazione, che sembrano importanti solo per l’autrice – forse ricordi reali. Infatti, c’è così tanto dell’anima dell’autrice – o di quella che ha creato per la sua protagonista – nel romanzo, che sembra di leggerne il diario. Non per lo stile narrativo (che anzi è dichiaratamente rivolto agli ospiti del suo tour), ma per i testi delle canzoni, le poesie, i disegni che lo impreziosiscono – che ricordano quei foglietti, fotografie, biglietti dei concerti e del cinema, che da adolescenti si appiccicano sul diario – e per le numerosissime citazioni di manga e anime, di romanzi contemporanei e classici della letteratura giapponese, di cantanti e artisti, di marchi famosi e catene di negozi, che parlano di Chiara – o, ancora, di Keiko –, dei suoi gusti e delle sue esperienze quanto e più dei suoi racconti diretti.
Guardavo gli alberi, i fiori, gli animali, gli insetti, i gesti casuali delle persone, le nuvole, i raggi del sole, i sassi, i fili d’erba, la quotidianità del mondo che rimaneva immobile mentre tutto il mio universo personale implodeva veloce e inesorabile come la morte.Per far sì che le due anime, quella dell’autrice e quella della sua protagonista, coincidano senza incappare in contraddizioni tra lo spirito occidentale dell’una e quello orientale dell’altra, Chiara Gallese dipinge Keiko come una giapponese col cuore di un gaijin (il termine, in un certo qual modo dispregiativo, con cui i giapponesi indicano gli stranieri), così che oltre all’amore spassionato per il Giappone, traspare dal romanzo anche una strana magnetica nostalgia per l’Europa e per l’Italia in particolare. Nostalgia che guida la protagonista in un ideale percorso di “ritorno a casa” dell’autrice: il suo primo amore è, infatti, un giapponese come lei, il secondo è un giapponese con l’aspetto di un gaijin (una sorta di suo alter ego maschile, ma speculare) e il terzo, quello della vita, è un italiano. Ho letto e recensito il libro sapendo che l’autrice si sta cimentando in un lavoro di rivisitazione e rifinitura, sul cui esito conto moltissimo, perché la base è già molto buona grazie all’originalità della struttura, alla ricchezza degli “inserti” e delle riflessioni sociali e sull’animo umano, alla capacità di teletrasportare quasi fisicamente il lettore accanto alla protagonista a Tokyo. Ma i margini di miglioramento sono diversi e quindi spero di poter leggere presto la nuova versione di questo esordio così promettente e, certamente, la prossima opera dell’autrice.
L'AUTRICE
Chiara Gallese si è laureata in Lingue e istituzioni Economiche e Giuridiche dell'Asia Orientale presso l'Università Ca' Foscari di Venezia nel 2006 e ha vissuto e studiato a Tokyo nel 2007. Ha sempre avuto una forte passione per tutto ciò che riguarda il Giappone e l'Asia Orientale in generale. Si occupa di diritto commerciale giapponese, di scrittura, di insegnamento e anche di disegno in stile manga.
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