di Claudio Marsilio
Questa mattina è apparsa sul quotidiano israeliano Yedioth Aronoth la reazione del ministro degli Affari Esteri israeliano, Avigdor Lieberman (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4205193,00.html “Lieberman:
Ashton’s Toulouse-Gaza comparison inappropriate” ) alle dichiarazioni del Commissario EU Affari Stranieri Catherine Ashton per i suoi commenti che comparano l’attacco terroristico a Toulouse alla situazione a Gaza, chiamandoli “impropri.” Lieberman “spera che la Ashton ritirerà la sua asserzione“ , dichiara la portavoce del Ministro.Ma cosa ha detto la Ashton di così grave da urtare la nota sensibilità del rappresentante del Governo Israeliano?
Testuale: “When we think about what happened today in Toulouse, we remember what happened in Norway last year, we know what is happening in Syria, and we see what is happening in Gaza and other places,” Ashton said on the sidelines of a meeting of Palestinian youths in Brussels.
Ashton hailed the young Palestinians, who “against all odds, continue to learn, work, dream and aspire to a better future.”
Per chi non ha superato l’esame di inglese di terza media come me, traduco con l’aiuto di internet:
“Quando noi pensiamo a quello che accadde oggi a Tolosa, ricordiamo quello che accadde in Norvegia l’anno scorso, sappiamo quello che sta accadendo in Siria, e vediamo quello che sta accadendo in Gaza e negli altri luoghi“, Ashton ha affermato a margine di una riunione di giovani palestinesi a Bruxelles. Ashton si è congratulata con i giovani Palestinesi che “contro tutte le disparità, continuano ad imparare, lavorare, sognare e aspirare a un futuro migliore.”
Ha ragione il ministro, nato in Moldavia e naturalizzato israeliano, leader del partito ultranazionalista “Yisrael Beytenu”: comparare il gesto di un folle (come quello che ha sparato a Tolosa ai bimbi israeliti francesi) a ciò che accade a Gaza è decisamente inappropriato.
Un accostamento decisamente infelice.
Rispetto ai fatti di Norvegia e Tolosa, e alle uccisioni di innocenti nella torbida insurrezione armata contro Assad in Siria, ciò che accade a Gaza è di una diversità oggettiva: qui è applicato un genocidio, una punizione collettiva, un tentativo di pulizia etnica, una sistematica e cinica violazione dei più elementari diritti umani e spregio del diritto internazionale che la Storia abbia mai visto.
Niente di paragonabile al gesto d’uno squilibrato.
Qui è lo Stato che da anni perpetra scientificamente una politica di annientamento fisico e della dignità umana ai danni del proprio popolo (cioè, ad onor del vero, a danno dei cittadini che non considera affatto “proprio popolo” in virtù della definizione di Israele come “stato ebraico” ledendo quindi la dignità di coloro che ebrei non sono pur abitando in Israele; discriminando quelli che non appartengono alla religione ebraica, come i palestinesi di Gaza, ma anche i cristiani che vi abitano).
Se non fosse bastato ciò che è successo durante l’operazione Piombo Fuso e
quello che sta accadendo in questi giorni ( con l’assassinio mirato – condannato dal Diritto Internazionale – dei resistenti palestinesi, e degli innocenti “collaterali”, donne e bambini ), ecco di seguito elencati alcuni impietosi numeri degli effetti dei due anni di chiusura di Gaza relativi al 2007-2009, tratti dal sito israeliano Gisha:
Giugno 2007 – giugno 2009 una frontiera chiusa. La limitazione degli approvvigionamenti
- Quantità di beni a cui è consentito l’ingresso a Gaza, in base alla domanda: 25% (approssimativamente 2.500 tir al mese contro i 10.400 precedenti al giugno 2007)
- Forniture di gasolio a cui è consentito l’ingresso a Gaza, in relazione al fabbisogno: 65% (2,2 milioni di litri alla settimana contro i 3,5 necessari per produrre elettricità)
- Durata media dell’interruzione nell’erogazione di energia elettrica a Gaza: 5 ore al giorno
- Numero delle persone senza accesso all’acqua corrente a Gaza: 28.000
Confronti e comparazioni
- Numero delle voci dei beni alimentari di cui la risoluzione del Governo israeliano ha promesso l’ingresso a Gaza: illimitato
- Numero delle voci dei beni alimentari che attualmente hanno il permesso di entrare a Gaza: 18
- Ammontare della somma di denaro promesso per gli aiuti alla ricostruzione dalla Conferenza dei Donatori nel marzo 2009: 4,5 miliardi di dollari
- Quantità di materiali per l’edilizia autorizzati ad entrare a Gaza: Zero
- Tasso di disoccupazione a Gaza nel 2007, anno in cui è stata imposto il blocco: 30%
- Tasso di disoccupazione a Gaza nel 2008: 40%
Niente sviluppo, niente prosperità, solo i beni “umanitari minimi” sono autorizzati all’ingresso
- L’esercito israeliano consente l’ingresso della margarina in piccole confezioni singole ma non quello della margarina stoccata in grandi contenitori perché potrebbe essere usata per l’industria (per esempio dalle aziende alimentari, producendo così posti di lavoro)
- Il Governo israeliano ha chiarito l’interpretazione restrittiva al provvedimento del 22 marzo 2009, il quale autorizzava l’ingresso senza limitazioni di rifornimenti alimentari all’interno di Gaza e che il governo “non intende rimuovere le restrizioni imposte precedentemente all’entrata di cibo e rifornimenti in Gaza”. Traduzione: le forniture alimentari continuano ad essere limitate.
- Tra prodotti alimentari il cui ingresso a Gaza è vietato figurano: Halva (dolce a base di pasta di semola), the e succhi di frutta.
- Tra beni non alimentari il cui ingresso a Gaza è vietato figurano: palloni da calcio, chitarre, carta, inchiostro.
Un popolo in trappola
- Numero di giorni in cui il valico di Rafah è stato aperto per un traffico regolare: Zero
- Numero di persone ogni mese non in grado di attraversare Rafah: 39.000
- Criterio per il passaggio al valico di Erez: casi umanitari eccezionali ( nel 2011 ne sono stati autorizzati solo 3000, in larga parte pazienti con i loro parenti, e mercanti ).
La situazione al 2011 è di poco cambiata: sul sito di Gisha si può leggere la scheda aggiornata ( http://www.gisha.org/item.asp?lang_id=en&p_id=1261 )
A Gaza, 40.000 persone dipendono – per la propria sopravvivenza – dall’industria della pesca, e questa comunità è stata lentamente decimata dai violenti attacchi israeliani contro pescatori disarmati. Nel 1990, il pescato medio a Gaza era stimato intorno alle 3.000 tonnellate, mentre ora è di circa 500 tonnellate, soprattutto a causa delle pesanti ripercussioni dell’assedio israeliano.
Come noto la marina di Israele ha imposto restrizioni sempre maggiori alla pesca nelle acque di Gaza: i limiti dell’area permessa sarebbero circoscritti a 6 miglia dalla costa, tuttavia viene regolarmente attaccata qualsiasi imbarcazione incrociata oltre le 3 miglia nautiche.
Questo anche in ragione delle ben note scoperte di giacimenti di gas e idrocarburi al largo delle coste gazesi ( http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=11845 ).
Per ciò che concerne la guerra condotta contro la Striscia di Gaza, dopo mesi di indagini accurate il centro israeliano per i diritti umani B’Tselem ( http://www.btselem.org/gaza_strip/20091227_a_year_to_castlead_operation ) ha accertato che 1.385 palestinesi sono stati uccisi durante l’offensiva «Piombo fuso» compiuta dall’esercito israeliano tra il 27 dicembre 2008 e il 18 gennaio 2009.
Degli uccisi, ha riferito l’Organizzazione, 762 erano civili e tra questi 318 erano minorenni e 109 donne con una età superiore a 18 anni. Altri 330 palestinesi uccisi erano combattenti e 248 agenti di polizia morti in gran parte nel bombardamento aereo del primo giorno di offensiva. Per altri 36 palestinesi non è stato possibile determinare lo status di combattente o civile.Nove gli israeliani uccisi durante le operazioni, ma per “fuoco amico”: troppi soldati in un territorio così piccolo, hanno finito per spararsi addosso!
Le dichiarazioni della Ashton hanno indotto il ministro Lieberman a dichiarare che “Israele è un paese di alta morale, poiché fa le dovute distinzioni tra civili e combattenti”.
Abbiamo appena visto come.