> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="300" width="195" alt="Tom Strong dopo Alan Moore: un personaggio ancora da raccontare >> LoSpazioBianco" class="alignright size-medium wp-image-40835" />L’arte culinaria e quella fumettistica hanno molti punti di contatto. Così come un buon piatto per essere tale deve avere per base dei buoni ingredienti, seguire una ricetta collaudata e sollecitare, sorprendendolo e provocandolo, il gusto del consumatore, così un buon fumetto parte da una sceneggiatura valida , da buoni disegni funzionali alla storia e da una trama che susciti un’emozione nel lettore…. qualsiasi essa sia o, meglio, voglia essere.
Queste sono le basi per un buon fumetto (o un buona portata). Se poi volete il capolavoro, ci vuole un ingrediente in più: un grande chef. Perché è il tocco di ripetuta e non occasionale magia (alimentare o fumettistica) che fa la differenza tra un buon piatto e un capolavoro di gusto.
Tom Strong è stato “cucinato” per molti anni dal più grande chef del mondo del fumetto, Alan Moore, che ne ha scritto la ricetta. Un incrocio tra Doc Savage, la filosofia dei pulp magazine, una certa versione di Superman, il tutto condito da una spruzzata d’amore per il genere supereroistico (e per il consequenziale revisionismo che ne deriva) e da qualche goccia del mito di Tarzan, al quale, nelle origini, un po’ si ispira. Un personaggio dalla potenzialità infinite, ben sfruttato per anni dalla mai sufficientemente lodata etichetta ABC (America’s Best Comics pubblicata dalla Wildstorm Comics) e dal suo creatore.
Poi, come un dio capriccioso che crea universi (narrativi) per poi scocciarsene, Moore ha abbandonato Tom Strong e le altre sue creature, impegnato in chissà quali nuovi viaggi astrali e invenzioni letterarie. Può un personaggio di fantasia sopravvivere all’abbandono del suo creatore? Si, se il personaggio contiene al suo interno la freschezza del nuovo supportata dalla forza dell’archetipo. Cioè se, mescolando il calderone dell’infinito “già visto” che è il mondo della narrativa mondiale, il cuoco/autore riesce ad elaborare una ricetta che coniughi la novità, necessaria ad interessare i lettori, e la forza propria di quei meccanismi narrativi che da secoli affascinano i chi ama leggere. E Tom Strong, per citare un famoso film, non lo mette nell’angolo nessuno. Neppure il suo creatore,abbandonandolo. A raccogliere la penna a forma di bacchetta magica caduta al Magnus Magus Moore è stato Peter Hogan, che si era già confrontato col nerboruto personaggio, sia sulla serie regolare, sia in due speciali scritti a quattro mani con Moore, ambientati nello stesso universo narrativo. Definire gravoso il compito e la sfida che Hogan si è assunto decidendo di proseguire a raccontare le storie del personaggio, dopo l’uomo di Northampton, è riduttivo. L’aria è densa di quella appiccicosa sensazione di confronto impari. Tuttavia l’autore ne esce con le ossa meno rotte di quelle che si potrebbe immaginare. Anche se la narrazione non è perfettamente fluida al 100%, la vicenda intriga, ruba la totale attenzione del fruitore per il tempo della lettura. Il quadro è abbastanza classico: ci sono i nazisti, i viaggi nel tempo, un nemico che diventa amico, robot giganti creati da una civiltà dimenticata, esplosioni atomiche e città sotterranee (ben due!). Tutti elementi tipici della letteratura Pulp. Ne viene fuori un bel fumetto d’avventura e di intrattenimento, classico nell’impostazione ma desideroso (con successi alterni) di offrire personaggi stoici ma non tagliati con l’accetta. Ci si potrebbe addirittura spingere a parlare di Tom Strong leggermente meno imbalsamato di quello proposto da Moore. Un Tom Strong più umano e meno personaggio messo a recitare un ruolo. Commovente la scena in cui un ingrigito Tom Strong del futuro culla nuovamente dopo anni la neonata figlia, grazie ad un viaggio nel tempo. Se dal punto di vista narrativo ci sono elementi di parziale rottura con passato, dal punto di vista grafico il volume è all’insegna della continuità. Le tavole sono opera del creatore grafico della serie principale, un Chris Sprouse di alto livello, anche se non eccelso come al tempo dei primi numeri. Il segno morbido di Sprouse si sposa perfettamente sia con il personaggio sia con la vicenda narrata. Interessanti molte soluzioni grafiche anche se non particolarmente sperimentali. Sprouse crea una dinamicità grafico-narrativa alternando primi piani a campi lungi con ritmo scadenzato e condendo tutto con un ricco numero di semi splash page . Questa alternanza smuove positivamente il ritmo narrativo, accelerandolo. Una necessità pratica, data che la storia, particolarmente complessa, necessitava di alcune pagine dedicate a definire il contesto e quindi un piccolo rallentamento nel percorso verso il pathos ricercato. Un volume quindi apprezzabile, ben scritto e ben disegnato. Un’avventura puramente mainstream, rivolta a coloro che sono alla ricerca di fumetti d’evasione che strizzano l’occhio al fantastico. Buona, come sempre, la cura cartotecnica ed editoriale da parte della Magic Press, che realizza un’edizione essenziale ma completa inserendo alla fine del volume tutte le copertine dei singoli numeri originali della miniserie. Forse ci sarebbe stato bene anche un piccolo apparato redazionale, per fare il punto sulle vicende del personaggio, ormai avvolto da una continuità affascinante, anche se il volume è perfettamente leggibile in autonomia. Abbiamo parlato di:
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Tom Strong e i robot della morte
Peter Hogan, Chris Sprouse
Traduzione di Susanna Raule
Magic Press Edizioni, 2011
144 pagine, brossurato, colori - 13,00 €
ISBN: 978-88-7759-466-2
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