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Top (20)12

Creato il 17 gennaio 2013 da Eda

Con qualche riga di commento ad ogni entrata della classifica cerco di recuperare, senza riuscirsi, tutto quello di cui non ho scritto quest’anno. Non è un modo per farmi perdonare, ma per ritrovare il piacere di parlare di cinema e se capita in occasione di una cosa frivola e con poco senso come una classifica chissene.

Come ogni anno i film presi in considerazione nella lista qui sotto sono quelli usciti nelle sale italiane tra 1/1 e 31/12 2012, mentre per quella orientale valgono tutte le pellicole prodotte o distribuite nel 2012, tra festival e sale in giro per il mondo.

Doveroso come sempre ricordare quei film che per un motivo (scarsa distribuzione) o per l’altro (pigrizia) non sono riuscito a vedere, ma che probabilmente avrebbero trovato un posto in classifica e che mi prefiggo io per primo di recuperare (plus: una frustata per ogni titolo mancato):  Amour, C’era una volta in Anatolia,  Cogan – Killing Them Softly,  La guerra è dichiarata,  Oltre le colline, La parte degli angeli, Un sapore di ruggine e ossa, Take shelter…..War Horse (!?!?)

Non troverete invece, e non per mie mancanze, alcuni film apprezzatissimi dalla critica ma, per una volta, non dal sottoscritto. Due su tutti: J.Edgar di Clint Eastwood la cui classicità mi ha francamente stancato e Argo di Ben Affleck, piatto e poco coinvolgente nonostante il bel montaggio finale.

Fuoco alle polveri e, alla facciaccia della crisi, vedrete l’Italia tutt’altro che in secondo piano quest’anno…

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1 - Bella addormentata di Marco Bellocchio (Italia/Francia)

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Lasciato scandalosamente senza premi a Venezia, Bellocchio si conferma un regista come – quasi – nessuno in Italia. Relegando le le parti relative ad Eluana Englaro a radio e televisione (solito eccellente lavoro sul senso dell’ immagine), il regista restituisce uno spaccato dell’Italia contemporanea come non se ne sono visti quest’anno. Intreccia tre storie per una manciata di personaggi e riflette con grande senso drammaturgico su etica, religione e politica. Cammeo spettacolare di Roberto Herlitzka e solito immenso Toni Servillo.

2 - Quella casa nel bosco di Drew Goddard (USA)

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Semplicemente il film più brillante e spassoso dell’anno. Mescolate La Casa di Sam Raimi a Scream di Wes Craven e aggiornate tutto al tempo del post-meta-tutto: otterrete così questa sorta di parodia horrorifica di Whedon e Goddard. A partire dalla trama di un innocuo slasher movie, nel quale comunque non si rinuncia alla tensione e a un pò di sano gore, i due orchestrano un crescendo di colpi di scena che scombina tutte le carte per arrivare ad una mezz’ora finale da mascella a terra per stupore e coinvolgimento. Riflessione sullo spettatore e il cinema di genere non pedante, con alcune punte citazionistiche davvero geniali.

3- Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana (Italia/Francia)

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Perché un cinema di impegno civile in Italia è ancora possibile. Importante lezione di storia recente (per quanto contestata da più parti) e grande ricostruzione d’epoca. Tante linee narrative per altrettanti personaggi in un affresco drammatico – ma mai retorico – che ha il suo epicentro nell’attentato di Piazza Fontana (gran scena di per se). Valerio Mastandrea e Pierfrancesco Favino una spanna sopra a tutti. Ovviamente ignorato dal pubblico manco si trattasse di Tarkovski.

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4- Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore di Wes Anderson (USA) - Il cinema di Anderson spesso divide, non per la  qualità dei singoli film, quanto piuttosto perché penalizzato da un timbro estetico ben preciso che accomuna inevitabilmente (quasi) tutti le sue opere. Se questo è in parte vero, Moonrise Kingdom rimane però una delle prove più convincenti del nostro, che mette in scena – di nuovo – il confronto tra bambini-adulti e adulti-bambini, ma lo fa con una tale perizia tecnica e drammatica che è impossibile resistere alla storia dei due piccoli fuggiaschi. Con un cast stellare che si e ci diverte e una vena malinconica che scalda il cuore. Alexander Desplat firma una delle colonne sonore più belle dell’anno.

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5 - A Simple Life di Ann Hui (Hong Kong) – Il valore di un film, per un volta, non ha bisogno di passaporto, e sono stato felicissimo di ritrovare la magnifica opera di Ann Hui anche nelle sale italiane. D’altronde la storia è trasversale e le emozioni che trasmette universali. Film senza fronzoli che tocca temi difficili con grande umanità riuscendo a pennellare il ritratto (e il rapporto) umano più riuscito dell’anno, incarnato da Deannie Yip, giustamente premiata a Venezia.

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6 -Prometheus di Ridley Scott (USA) – So già che sarà una scelta impopolare, ma nonostante le feroci critiche piovute da tutti i fronti sul film di Scott, sono rimasto talmente impressionato da tutta la parte tecnica e visiva (anche grazie al 3D), e dalla fascinazione per i temi proposti (pur con la solita, irritante, furbizia di Mr.”Lost” Lindelof) da soprassedere sugli enormi problemi di sceneggiatura e di costruzione di personaggi. Le ambizioni del film sono smisurate, fin troppo per quel che poi restituisce, ma si è esce dalla sala con gli occhi pieni. Semplicemente IL blockbuster dell’anno. Fassbender dà una pista a tutti.

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7 - Io e te di Bernardo Bertolucci (Italia) – A quasi dieci anni da The Dreamers, il Maestro torna dietro la macchina da presa con un progetto “piccolo”, ai limiti del teatrale, tratto da un romanzo breve di Ammaniti. Usando in pratica solo una location e due personaggi riesce a ritrarre l’adolescenza in tutta la sua complessità, a rappresentare la ricerca di identità di due anime contrapposte eppure simili, entrambe in fuga da qualcosa, suscitando grandi emozioni in una semplice scena di ballo facendo suonare Ragazzo solo, ragazza sola cantata, in italiano (!!!), da David Bowie.

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8 -Pietà di Kim Ki-duk (Corea del Sud) – All’uscita dalla proiezione veneziana mi ero detto: si vabbè, la crisi artistica, il ritorno al cinema di finzione, ma in realtà è il solito Kim, figurati se….Leone d’oro! A mesi di distanza devo dire di aver mantenuto la mia impressione iniziale: compresso tra l’estetica e la violenza brutale dei suoi primi lavori e gli eccessi allegorici e moraleggianti della seconda parte della carriera. La puzza di manicheismo si sente spesso e i grandi temi rimangono in superficie, ma non c’è dubbio che Kim sia (ancora) in grado di mettere in scena passioni e tragedie con una forza visiva e di suggestione che pochi oggi hanno.

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9 - Hugo Cabret 3D di Martin Scorsese (USA) – Troppo spielberghiano per i miei gusti, alle volte al limite dello stucchevole, ma anche grandissimo film sul cinema, quasi geniale nell’idea di utilizzare il 3D per omaggiare il più grande visionario del cinema dei pionieri, Gerges Méliès. Quando la storia dell’orfanello  che vive nella stazione di Parigi (una fiaba pura, che cerca lo stupore dello spettatore) incontra quella del regista (quasi una parabola sulla fugacità dell’arte, ma anche un inno all’inventiva), lo spettacolo per gli occhi è garantito, consegnando almeno due scene alla recente storia della terza dimensione.

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10 - Reality di Matteo Garrone (Italia/Francia) – Immagino che sia difficile pensare ad un nuovo progetto dopo che hai girato il miglior film italiano degli ultimi anni. E infatti Garrone riparte, giustamente secondo me, da un film “piccolo”, incentrato sull’individuo (ma che, come è sempre stato in grado di fare, riflette sulla società), senza ambizioni smisurate o la necessità di dimostrare alcunché. Non è un film sul Grande Fratello, ma è una farsa grottesca (grazie anche ad un lavoro di casting pazzesco, Aniello Arena su tutti) sugli effetti prodotti da vent’anni di B. e derivati. Un incipit e una conclusione con toni da fiaba (surreali seppur per motivi opposti) coronano il tutto. Alexander Desplat firma un’altra delle colonne sonore dell’anno.

11 - Hunger di Steve McQueen (GB/Irlanda)
Uscito con “soli” 4 anni di ritardo in Italia, l’opera prima di McQueen racconta di Bobby Sands e del suo sciopero della fame per il riconoscimento dello status politico dei prigionieri dell’IRA. Un film suddiviso in tre atti ben distinti, che alle volte ha il retrogusto del saggio di cinema, ma il talento registico è lampante. Violenza fisica e psicologica che non lascia indifferenti e una rappresentazione del dolore umanissima ma mai pietosa.

12 – Shame di Steve McQueen (Gran Bretagna)
Film più narrativo rispetto a quello d’esordio e per questo forse meno riuscito.  McQueen mostra tutto il mostrabile e oltre della vita di un erotomane patologico, ma sbanda proprio quando si tratta di tirare le fila del discorso. Almeno due scene da ricordare (grazie anche ad uno splendido uso diegetico della musica) e un Fassbender che si conferma attore dell’anno.

13 – Pina 3D di Wim Wenders (Ger/Fra/GB)
doc 3D d’autore, parte I. “Chi non danza è perduto”. Alternando gli spettacoli della compagnia di Pina Bausch ai ricordi dei suoi attori, Wenders riesce a far emergere la complessa personalità della coreografa/ballerina e al contempo tributarle un affettuoso ricordo (è scomparsa poco prima dell’inizio delle riprese). Magistrale uso degli spazi in favore del 3D per il più bel documentario sulla danza che io ricordi (forse è anche l’unico che ho visto però…)

14 – Cave of Forgotten Dreams 3D di Werner Herzog (Ger/Can/USA/Fra/GB)
doc 3D d’autore, parte II. La terza dimensione applicata al disvelamento dei più antichi affreschi rupestri al mondo. Filmati da Herzog. Con il suo commento. E i coccodrilli albini. C’è bisogno d’altro?

15 – Killer Joe di William Friedkin (USA)
Se pensate che questo regista è un over 75…beh, chapeau! Filmato con la cattiveria e la ferocia di un giuovincello, mette splendidamente alla berlina il sistema-america e la sub-umanità che “vive” nelle periferie, con una strizzatina d’occhio al noir e un’altra al pulp. Con un paio di scene già cult e un McConaughey nel ruolo della consacrazione.

16 – The Avengers di Joss Whedon (USA)
La formula perfetta del blockbuster d’intrattenimento, azione e ironia bilanciate in maniera magistrale: difficile chiedere di più per un film che era facilissimo sbagliare.

17 – Millennium – Uomini che odiano le donne di David Fincher (USA/Sve/GB/Ger)
Stanchi del best seller svedese? Beh, ricredetevi perchè Fincher ormai è una garanzia anche quando gira su commissione. Un film cupissimo e carnale (esemplificato dai titoli di testa): ritmo teso, azione e fasi investigative ben calibrate, un po’ di perversioni e una Lisbeth che non fa rimpiangere Noomi Rapace.

18 – Cosmopolis di David Cronenberg (Can/Fra/Por/Ita)
Film teorico, anche troppo e non mi riferisco solo al profluvio di parole utilizzato, ma soprattutto alla messa in scena: alla grandiosità dell’idea e a quello che c’è dietro, non corrisponde un uguale piacere per la visione, altrimenti si sarebbe trovato molto, ma molto, più su in questa lista. Vero tocco di genio scegliere Robert Pattinson per il ruolo del protagonista.

19 – Il cavaliere oscuro – Il ritorno di Christopher Nolan (USA/GB)
Chiusura degna della trilogia, ma un passetto indietro rispetto a quello che rimane il miglior blockbuster del nuovo millennio. Spettacolo per gli occhi, tematiche mature, fine intrattenimento, ma troppe cadute di ritmo e sbandate di scrittura. Comunque sia Nolan ha riscritto la storia del cine-fumetto per adulti.

20 - La regola del silenzio di Robert Redford (USA)
Non sempre il cinema di Redford mi convince (quasi mai per la verità) ma questo è un avvincente thriller giornalistico con tutti gli elementi al posto giusto, uno sguardo rivolto al cinema di Pollack e Lumet che non fa mai male e con il pregio di fare un po’ di  luce su un periodo rimosso dal cinema americano: il ’68 e i movimenti di estrema sinistra.

Menzioni meritevoli: 007 – Skyfall, L’arte di vincere, Un’estate da giganti, J.Edgar, Argo, La talpa, Young Adult, Attack the Block, Chronicle, Lawless

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TOP 10 ORIENTE

1 – Three Sisters (San zimei) di Wang Bing (Cina)

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2 – The Millennial Rapture (Sennen no yuraku) di Wakamatsu Koji (Giappone)

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3 – Pietà (Pieta) di Kim Ki-duk (Corea del Sud)

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4 - The Front Line (Go ji jeon) di Jang Hun (Corea del Sud)
5 – Harakiri – Death of a Samurai (Ichimei) di Miike Takeshi (Giappone)
6 – Shokuzai di Kurosawa Kiyoshi (Giappone)
7 - Thermae Romae (Terumae romae) di Takeuchi Ideki (Giappone)
8 - Moby Dick (Mo bi dik) di Park In-je (Corea del Sud)
9 – Dangerously Excited (Na neun Gongmuwon ida) di Koo Ja-hong (Corea del Sud)
10 – Outrage Beyond (Autoreiji: biyondo) di Kitano Takeshi (Giappone)


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