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Top 5: I cinque peggiori "guai" scolastici

Creato il 05 dicembre 2012 da Sommobuta @sommobuta
Questa settimana Il Viagra della Mente è molto personale, siamo proprio dalle parti de “i cazzi miei” (vedi alla voce millesimo articolo, vedi scalata al monte Bianco alla Cupola di San Pietro). Quindi anche questa Top 5 è assolutamente personale. Probabilmente la più personale tra quelle fatte fino ad oggi, dato che mi riguarda molto da vicino. Si tratta delle cinque “marachelle” (o meglio, dei cinque “guai” – se così si possono chiamare) che ho combinato nella mia vita scolastica. Tendenzialmente sono una persona molto pacifica e molto tranquilla, ma qualche fatterello cattivo l’ho fatto anch’io. Ecco quindi un elenco dei cinque fatti più “cattivelli” e delle cinque “marachelle” scolastiche di cui sono stato protagonista (nel bene e nel male). Nessuna posizione di sorta, comunque.
In prima elementare c’era un bambino turbolento, che come diciamo a Napoli, “scassav’ ‘o cazz’”. L’ho sempre odiato, quel marmocchio, e l’odio era reciproco. Quando poteva, lo stronzo mi rompeva le palle. Io ho stoicamente sopportato, esultando quando è stato bocciato.
Il problema è che me lo sono ritrovato un paio d’anni dopo al minibasket. Al primo accenno di rottura di coglioni è partita la mia controffensiva: approfittando del momento in cui si faceva la doccia, ho aperto il suo borsone…e ho fatto pipì sui suoi vestiti, insozzandogli tutto. È stato un atto del quale ancora oggi vado estremamente orgoglione. La sua faccia nel vedere i suoi abiti luridi non aveva prezzo. Così come quella di sua madre, totalmente allibita.
Non è proprio "scolastico", ma le radici sono nate a scuola...
Sempre in prima elementare ho ricevuto la mia prima “nota”.
Da bambino era un piccolo secchione, studiavo tantissimo e dal punto di vista scolastico avevo sempre buoni voti. Peccato che a una verifica in classe di matematica sbagliai alcuni calcoli, e la maestra mi scrisse sul quaderno “Attento!”
Mi arrabbiai, non tanto per quell’Attento, ma perché tutti erano andati bene, tranne me. Allora cominciai un diligente lavoro di inquinamento delle prove, cancellando l’Attento! della maestra e sostituendolo con un più dignitoso “Lode”.
Fui sgamato, e tornai a casa in lacrime, con l’onta della prima (ma anche ultima) nota scolastica della mia vita.
Non ho detto a nessuno il giorno in cui mi sono laureato.
Sono andato a discutere la tesi da solo.
A differenza di (credo) tutto il mondo, che si laurea in giacca e cravatta o con i vestiti “belli”, sono andato con una semplice polo e un blue jeans.
L’ho vista come una pura formalità, e come tale l’ho vissuta.
Né più, né meno.
Sotto certi aspetti ho fatto la stessa identica cosa il giorno dell’orale dell’esame di maturità. Discutevo la mia tesina su “Il Calcio” (fatta apposta per prendere in giro i professori che avevano rotto le bolle tutto l’anno), e mi sono presentato con cappellino e maglia del Brasile.
Facce allibite, sguardi impressionati, domande astruse (i professori non sapevano cosa domandarmi).
Mi è capitata tra le mani quella tesina pochi giorni fa, sono tentato dallo scriverci un articolo sopra, tanto è spassosa (e folle).
Il giorno del proprio compleanno si era soliti portare la torta quando si era alle elementari, per festeggiare coi propri compagni. Un assaggio della “vera festa” che di solito si organizzava a casa propria. Il giorno del mio ottavo compleanno mi venne commissionato il compito di portare una fetta di torta al maestro d’inglese. Che all’epoca mi stava altamente sugli zebedei.
Quella torta non è mai arrivata a destinazione.
Me la sono mangiata io, seduto in mezzo alle scale.
E voi?
Quali sono le vostre marachelle scolastiche?

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