Gli aeroporti in periodo natalizio sono un brulicare di trolley più pesanti del dovuto e lunghe code ai check in Ryanair, ché la gente per Natale non batte ciglio all’idea di imbarcare la valigia a pagamento.
Ci sono gli alberi di Natale che ti si inframmezzano nel cammino e bisogna camminare dritti e con lo sguardo avanti, per evitare pericolosi scontri.
Gli annunci aeroportuali ricordano ogni due per tre che tutti i regali comprati al duty free si possono trasportare gratuitamente.
Io mi stravacco su un sedile in attesa che chiamino il mio volo, fuori albeggia. Non ho internet sul cellulare perché ho lasciato a Barcellona la mia sim italiana, vivo la mia disconnessione dal mondo leggendo molte pagine di Brilliant Creatures, di Clive James.
Faccio lo stesso durante il volo. Mi rendo conto che sto solo mantenendo gli occhi sulle pagine, la testa si perde al pensiero dei prossimi mesi. Mi vengono idee, soluzioni, faccio e disfo progetti nel giro di un’ora e mezza, mi dimentico della mia (recente) paura di volare.
Atterriamo in Sardegna prima del previsto, mio padre mi aspetta fuori dalle porte. È un viaggio in macchina verso casa, lungo il Campidano, calmo e rilassato; rispondo alle sue domande – sapevo che sarebbero arrivate – ho l’opportunità di spiegargli molte cose, lo vedo più tranquillo.
A casa mia madre è in piena attività. Sta preparando le zeppole, la cucina è un effluvio di olio e fiori d’arancio. Si muove indaffarata stringendo un lungo stecchino nella mano, quello che le serve per fare il buco alla ciambella. Intanto mi abbraccia, si lamenta di aver perso un sacchetto con della salsiccia fresca, mi porta a vedere il presepe che ha preparato, mi fa dieci domande nel giro di pochi minuti.
Mi frastorna, ma la vedo contenta.
È la prima volta da quando mi sono separata che prende di nuovo l’iniziativa per decorare la casa per Natale. Prima lo faceva puntuale il 13 dicembre, per Santa Lucia, era una delle sue passioni. Ci esortava a farlo insieme a lei.
Ma quando mi sono separata ha smesso, si sentiva troppo triste. Non è più come prima – mi diceva. Viveva in una sorta di lutto, e il Natale non poteva più essere quello di una volta, perché la nostra famiglia era cambiata.
La prima volta, con le lacrime agli occhi, ho fatto l’albero di Natale con mio fratello pochi giorni prima di Natale. Non volevo dargliela vinta, non doveva vincere quel senso di perdita, perché la nostra famiglia era ancora lì, per fortuna sana e presente.
Quest’anno, finalmente, sembra che l’ingranaggio si stia rimettendo in moto e che i sospiri di nostalgia per quello che fu si siano (quasi) esauriti.
Mia madre tira fuori le zeppole dalla pentola d’olio bollente e mi arruola per la fase inzuccheramento. Sono arrivata da meno di mezz’ora ma è come se non mi fossi mai mossa da qui.
by