Ambigui intrecci da cinefili per iniziare questo nuovo anno all’insegna dei film d’autore.
Durante questi giorni di vacanze, abbuffate e serate a poker, avevo, come, al solito una gran voglia di cinema, di quello buono però. Purtroppo, nonostante le buone intenzioni, quando torno nella mia città, le sale sono sempre piene di cinepanettoni del cavolo che farebbero passare la voglia anche al più disperato drogato di cinema in astinenza. Guardando le programmazioni, l’unico titolo che ha catturato la mia attenzione è stato “La migliore offerta”, l’ultima opera di Tornatore, e così fu. E quando un film ti fa venire voglia di parlarne, in genere è perché ha mosso qualcosa, ha funzionato.
Già dalle prime scene si nota una straordinaria attenzione per la fotografia, per la luce e soprattutto per i tratti caratteriali del protagonista, che, dopo i primi tre minuti, è già stato inquadrato dallo spettatore. Un famoso e apprezzato critico d’arte che ha superato la mezza età ma non ha ancora imparato a interagire con gli esseri umani, quindi ha deciso di allontanarli, semplicemente. Rapporti “emotivi” e lavorativi limitati, ma grande eleganza e un certo charme. Virgil Oldman tratta tutto e tutti con i guanti (di cui possiede una collezione che farebbe invidia a Enzo Miccio), ma non solo per rispetto agli altri e ai loro oggetti, ma soprattutto per una sorta di ossessivo pudore che gli impedisce di interagire con il mondo, o di guardare negli occhi le donne. Ma come in tutte le storie, ad un certo punto succede qualcosa che, in qualche modo, porterà un grande cambiamento in questo personaggio, e in questo caso, questo qualcosa sarà una donna misteriosa. Forse più il mistero che la donna. Ma ovviamente non sono qui per raccontarvi come finisce il film, vi invito però caldamente a guardarlo, perchè credo proprio che meriti di essere assaporato fino in fondo. Il finale vi sorprenderà, tanto da farvi venire la voglia di rivederlo, solo per capire “dov’è che Peppino ha iniziato a ingannarmi senza che me ne accorgessi?” E a questa domanda mi è tornato in mente un altro film di Tornatore, di qualche anno fa, che avevo visto e mi aveva suscitato la stessa domanda. E infatti l’ho cercato per rivederlo. E mi ha fregato ancora. Nonostante conoscessi già il finale, l’inganno e il doppio gioco sono talmente ben celati da suscitare l’ammirazione anche ben dopo aver svelato il trucco. Il film si chiama “Una pura formalità”, del 1994. Onoff (Depardieu), uno scrittore famoso viene ritrovato in stato confusionale e senza documenti in una notte di pioggia. Portato in un fatiscente commissariato, incontrerà l’ispettore (Roman Polanski) che inizierà un lungo interrogatorio introspettivo al solo fine di far tornare alla memoria dell’uomo i fatti avvenuti la sera, che l’uomo sembra aver rimosso, e che riguardano un omicidio. Fino alla fine, lo spettatore crede di aver capito, o almeno sospetta, il finale. Ma si sbaglierà. Solo all’ultimo minuto del film tutte le ipotesi crolleranno e, ancora una volta, chapeau al regista-prestigiatore, che ci avrà illuso ma non deluso. Da guardare, almeno due volte, per scoprire i dettagli sfuggiti alla prima visione, che come piccoli frammenti di un mosaico, ricostruiranno il senso doppio e nascosto. Tra i dettagli che avevo notato, ma dimenticato, un giovane Sergio Rubini nei panni di un agente, con il compito di stilare il rapporto dell’interrogatorio. E un altro link si è aperto nella mia testa, portandomi a pensare a “Colpo d’occhio”, film del 2008, in cui un Rubini regista e attore, interpretava invece il critico d’arte di una specie di intrigo con Scamarcio scultore e Vittoria Puccini, femme fatale in bilico tra i due, in un – a volte troppo banale – gioco di potere in nome della fama e dell’arte. Non che questo film abbia raggiunto lo stesso livello dei due che ho citato sopra. Anzi, mi aveva anche un po’ delusa, al contrario di altri di Rubini che in genere apprezzo. Dunque un giovane Rubini attore in un film di un giovane Tornatore, scriverà, anni dopo, un film su un critico d’arte, una donna e un’artista che un Tornatore meno giovane riprenderà (inconsapevolmente?) in un film con un esperto d’arte, una donna e una specie di artista. Su tutt’altro livello, ma si tratta di una coincidenza che il mio cervello non ha potuto ignorare.Ma i ricordi e i pensieri non si possono filtrare e i rimandi del nostro cervello sono talvolta evidenti, talvolta incomprensibili, come le madlaine di Proust. A volte un odore, un sapore, un’immagine, uno sguardo ti rimandano a qualcos’altro: un altro tempo, un’altra persona, un altro odore, ma la stessa sensazione, che guida il nostro incosciente procedere tra i pensieri presenti e passati.
Così, scrivendo queste righe, penso ad un ultimo film, che ho visto solo due giorni fa, ma di cui avevo già dimenticato di parlarvi. Non perché non mi sia piaciuto, al contrario. Ma, appunto, perché i pensieri, talvolta funzionano in un modo che non capiamo. Di quest’ultimo vi dirò solo che non ha niente a che vedere con intrighi, suspance, arte e femmes fatales. Al contrario, è un film che trasmette una certa purezza. Una storia d’amore, la prima, tra due ragazzini, che scappano insieme in una fuga da un mondo che hanno già capito fin troppo bene. “Moonrise Kingdom”, delicato e autentico, senza pretese di originalità, ma con una bella fotografia e due amabili personaggini a cui non si può non volere almeno un po’ di bene.