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Tra arresti, lettere aperte e invidie: quel che resta delle Pussy Riot

Creato il 18 febbraio 2014 da Alessandroronga @alexronga

Pussy_Riot_Nadja Tolokonnikova e Masha Alëkhina, le due componenti delle Pussy Riot amnistiate a dicembre, sono state sottoposte a fermo di polizia tra domenica e lunedì scorso a Sochi, dove si trovavano per partecipare ad una manifestazione contro Putin, durante la quale avrebbero dovuto esibirsi in una nuova canzone sarcastica contro il presidente russo. Stando a quanto trapela, le due ragazze sarebbero state arrestate con l’accusa di aver compiuto un furto nell’albergo che le ospitava, ma il sospetto che si tratti di un’azione volta a impedir loro di esibirsi è forte: altri sette attivisti hanno denunciato di esser stati fermati all’immediata vigilia della manifestazione antigovernativa. Masha e Nadja erano da poco rientrate in patria da un viaggio negli Usa, dove si erano fatte promotrici di una campagna a favore dei diritti dei detenuti russi, e partecipato ad un concerto per i diritti umani organizzato a New York da Amnesty International: su invito di Madonna, le due sono salite sul palco per cantare insieme alla popstar statunitense, ma questa decisione non è andata giù alle altre componenti della punk-band, che in una lettera aperta le hanno accusate di aver in questo modo tradito l’anarchia e l’irriverenza verso il potere costituito, da sempre il marchio di fabbrica delle Pussy Riot.

“Le Pussy Riot – si legge nel testo – si sono sempre esibite in modo illecito e in posti impossibili (come la Cattedrale del Cristo Salvatore di Mosca, all’origine dell’arresto di Nadja e Masha, ndr), loro ora scelgono invece un normale palco. I diritti umani hanno due nuovi avvocati istituzionali”. Poi il colpo di sciabola: “Denunciare le condizioni delle galere russe davanti a un pubblico che per ascoltarti ha pagato un costoso biglietto non è un comportamento da Pussy Riot”. Tra le righe, l’affondo: Nadja e Masha, vi siete vendute allo showbiz. Quindi, siete fuori dal gruppo.

Rabbia per il tradimento di un ideale, dunque, o femminile gelosia per la celebrità che ha arriso solo a due componenti del gruppo? Vallo a capire. Sembra piuttosto che le restanti Pussy Riot abbiano voluto in questo modo allontanare i sospetti (mai sopiti, per la verità) di voler sfruttare economicamente l’inattesa fama derivata dal caso giudiziario che le vide protagoniste nell’estate 2012.  Perchè, dopo la diffida a Nadja e Masha a presentarsi ancora in scena come Pussy Riot, ora sembra profilarsi all’orizzonte una battaglia legale per lo sfruttamento di un brand redditizio ancor prima di essere depositato.


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