Occuparsi di etica e moralità, alle soglie del 2012, potrebbe apparire, per certi versi, anacronistico perché sembrerebbero altri i moventi che muovono i nostri orientamenti: la crisi economica, lo spread, i no tav, la difesa di interessi di gruppo. Forse addirittura non interessa nemmeno tanto operare una distinzione tra le due perché la nostra volontà desidera altro o meglio ancora è costretta, ad adeguarsi al desiderio standard di soddisfare bisogni primari, in una visione materialistica e particolaristica della vita. La noncuranza e il qualunquismo potrebbero sembrare le uniche due strategie di fuga: da un lato il « S'i fosse fuoco, arderei 'l mondo» di Cecco Angiolieri rivive nelle arringhe di piazza di Beppe Grillo, dall’altro, una svalutazione del motto oraziano «Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero», ridotto ormai a rappresentare un invito a godere il presente, disperando delle possibilità del domani, in una forma di epicureismo forzato, alimentato dalla paura costante di un recesso continuo sul piano economico e sociale. In entrambi gli atteggiamenti, perdura un senso di volontà di distruzione dello status quo che si unisce ad una sfiducia nel futuro, in un domani al quale ci si approccia da una prospettiva sempre meno etica. Ma cos’è il domani all’interno della ricerca di una definizione di etica e morale?
Ci si dibatte tra l’identificazione in un’entità ben definita e misurabile e un quid indefinibile e nemico dell’uomo. Per me il domani ha un volto, un’identità precisa e un carattere definito. Il futuro è un bambino che ci interroga con mille domande e che vuole da te, adulto, passato e presente, tutte le risposte possibili.
Nella costruzione del nostro domani, esiste un’assunzione di responsabilità: siamo noi a dover dare risposte con i nostri comportamenti e le nostre condotte. Ad un bambino dobbiamo tutte le parole del mondo perché ha fame di sapere, parole che non sono solo segni verbali, ma gesti, atti, comportamenti, appunto.
Non basterà tirare in ballo alea e ilinx, la vertigo ci farà girare la testa e ci farà naufragare nel mare dell’incoscienza. Per noi, allora, non sarà dolce come per Leopardi quel naufragio, ma avremo sempre di fronte gli occhi di quel bambino che chiede del domani e che non ha voglia di arrendersi ai nostri rinvii.
In questo gioco tra passato e futuro, ogni domanda e ogni risposta portano a tutte le possibili vie alternative, non sempre di ugual valore e con una conclusione da verificare, mentre la tragedia è sempre dietro l’angolo.
La precisione di un piano cartesiano nella vita ci metterebbe al riparo, ma probabilmente anche in imbarazzo, se non fosse che le mani che lo tracceranno saranno sempre le nostre.
Quel bambino, il domani speranzoso cui si deve ambire, quale strada deve fare per realizzarsi?
Le vie: ecco allora il vero fuoco della questione.
Se l’autostrada che percorriamo si chiama futuro, gli svincoli hanno dei nomi altrettanto definiti: etica e morale. Sono i nostri comportamenti le risposte che dobbiamo a quel bambino desideroso di sapere e di realizzare.
Assumere dei comportamenti etici significa adeguarsi alla libertà altrui e forse persino limitarsi per il suo bene. Sebbene spesso etica e morale siano considerate equivalenti, nei fatti sono due strade simili introdotte da svincoli diversi.
È importante, a proposito di etica, cercare di riflettere sulla distinzione tra bene e male.
In particolare, la memoria del passato è il fondamento ideale per orientarci nella distinzione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, nella consapevolezza che il domani è figlio di scelte passate e comportamenti attuali e che un atteggiamento alla Cecco altro non è che l’altra faccia di un materialismo eccessivamente orientato al consumo dell’immediato senza un piano etico che guardi al domani.
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