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Tra retorica unitarista e federalismo

Creato il 09 gennaio 2012 da Zfrantziscu
di Francesco CasulaC’è da augurarsi che l’orgia patriottarda e la retorica italiota siano state consegnate definitivamente al 2011 ormai trascorso e che si possa finalmente ragionare dell’Unità d’Italia serenamente. Ma anche criticamente. Senza che ciò comporti l’accusa di bossismo. O peggio, come capitò all’inizio degli anni ’70, ad alcuni intellettuali neomeridionalisti – fra cui Nicola Zitara, Anton Carlo e Carlo Capecelatro – che furono tacciati dall’Unità, allora organo del PCI, di essere filoborboni e reazionari. Avevano osato dissacrare quanto tutti avevano divinizzato: il movimento e il processo, considerato progressivo e progressista del Risorgimento e dello Stato unitario. Cui invece essi attribuivano il colonialismo interno e il sottosviluppo del Meridione.Insieme alla critica occorrerà ristabilire, con un minimo di decenza storica, alcuni  fatti: l’Unità si risolverà sostanzialmente nella “piemontesizzazione” della penisola e fu realizzata dalla Casa savoia, dai suoi ministri – da Cavour in primis – e dal suo esercito in combutta con gli interessi degli industriali del Nord e degli agrari del Sud, il blocco storico gramsciano, contro gli interessi del Meridione e delle Isole e a favore del Nord, contro gli interessi del popolo, segnatamente di quello contadino e del Sud, contro i paesi e a vantaggio delle città, contro l’agricoltura e a vantaggio dell’industria.Scrive a questo proposito, nel suo capolavoro “Paese d’Ombre” lo scrittore di Villacidro Giuseppe Dessì: Era stato soltanto ingrandito il regno del re sabaudo”. E l’Italia era “divisa come prima e più di prima, giacché l’unificazione non era stato altro che l’unificazione burocratica della cattiva burocrazia dei vari stati italiani. Questi sardi impoveriti e riottosi non avevano nulla a che fare con Firenze, Venezia, Milano, con Torino, che considerava l’Isola come una colonia d’oltremare, o una terra di confino. In realtà fra gli stessi italiani del Continente, non c’era in comunione se non un’astratta e retorica idea nazionalistica, vagheggiata da mediocri poeti e da pensatori mancati”. E conclude: ”L’unità vera, quella per la quale tanti uomini si erano sacrificati, si sarebbe potuta ottenere soltanto con una federazione degli stati italiani”. Altro che persistere con l’ubriacatura unitarista: con buona pace di Napolitano, questa ancora oggi è la soluzione!Pubblicato su Sardegna Quotidiano del 9-1-2012

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