by Valerio Daloiso · 18 luglio 2014
ritornano i robottoni della Hasbro tra esplosioni, esplosioni e ancora esplosioni, come vuole la ricetta Michael Bay….
Con Michael Bay al timone di regia il botto è assicurato. Non è uno slogan in riferimento alla sua capacità di realizzare grandi incassi, o almeno non solo. Va inteso in senso letterale. La macchina da presa quando è nelle mani di Bay diventa “un’arma di distruzione di massa” ogni cosa viene rasa al suolo in un vortice di devastazione che non lascia scampo a nessuno. Transformers 4: l’era dell’estinzione è il più fulgido esempio di questa filosofia di cinema, lo zenit del blockbuster fracassone nell’era digitale. La trama riprende le fila del discorso dal terzo episodio, dopo la devastazione di Chicago l’umanità è a conoscenza dei transformers, dunque è alla ricerca di un modo per replicare la loro tecnologia per poterla sfruttare come arma di difesa contro future minacce. Una grossa società per conto della CIA è riuscita a replicare in maniera perfetta i transformers e in particolare una copia perfetta di megatron rinominato galvatron. L’esperimento però sfugge di mano e galvatron e i nuovi transformers si rivoltano contro i loro stessi creatori diventando una minaccia. Nel frattempo giunge sulla terra Lockdown, un cacciatore di taglie pronto a distruggere gli abitanti di Cybertron. Optimus Prime sarà costretto a tornare in azione con la sua squadra di autobot e l’aiuto degli antichi dinobot per riportare la pace sulla terra e sventare una nuova catastrofe. Anche questa volta al suo fianco avrà l’aiuto di un umano, un meccanico artefice del ritrovamento dello stesso Prime.
Apparentemente la storia sembra piuttosto articolata, ma in realtà paga lo scotto di una sceneggiatura confusa e approssimativa annegata in dialoghi banali quando non imbarazzanti. Ad aggiungere benzina sul fuoco c’è la regia del già citato Michael Bay: ipertrofica, convulsa, governata da esplosioni, effetti digitali a profusione e da una pletora di punti di vista e angolazioni che si annullano a vicenda. Come se non bastasse il montaggio sembra realizzato da uno shakeratore fuori controllo. Allo spettatore dunque viene restituito uno spettacolo furioso, sovraeccitato ma mai emozionante o appassionante. Ci sono due modi per approcciarsi a Transformers 4: l’era dell’estinzione. Vederlo come una sorta di video installazione moderna o come classico film action multimilionario. Nel primo caso, scordandosi completamente di trama e personaggi, si potranno apprezzare le vertiginose acrobazie digitali inventate dal regista e i tecnici degli effetti speciali alla ricerca di una perfezione estetica e di un’ autoreferenzialità fine a se stessa con il solo scopo di stimolare ed eccitare il nervo ottico. Forse in questo caso si può provare anche un certo piacere nella visione. Se però lo si considera un action movie, come in realtà dovrebbe essere, allora la delusione sarà inevitabile e il film lascerà sgomenti per la sua incredibile inconsistenza. Vedere Transformers 4: l’era dell’estinzione è come subire un deliberato e consapevole “stupro” della vista e dell’udito di quasi tre ore. Le immagini scorrono veloci rincorrendo se stesse, le orecchie fischiano per le infinite esplosioni mentre la trama e i personaggi si perdono e vengono vampirizzati dalla cinepresa in perenne movimento come una scheggia impazzita. Poi arrivano i titoli di coda e il film è già scivolato via dalla memoria restano solo i postumi come da sbornia.LOBOTOMIZZATO
Regia: Michael Bay – Cast: Mark Wahlberg, Nicola Peltz, Jack Reynor, Kelsey Grammer, Stanley Tucci – USA/Cina, 2014 – Durata: 165 min.
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