Giovanni Trapattoni (qui col vice Tardelli)
si è dimesso da tecnico dell’Irlanda
STORIE (Irlanda). Equilibrato,sfortunato, sregolato: la fotografia di Giovanni Trapattoni passa per queste tre parole, tanto antitetiche da creare un personaggio capace di caratterizzare un’epoca calcistica, conquistando l’intera Europa con i suoi modi di fare e con le sue indiscutibili capacità: tattico e motivatore. Fino a 74 anni suonati è rimasto lì, a combattere, a mordere e a lottare nell’ennesima stravagante esperienza della sua carriera. Dopo 5 anni sulla panchina dell’Irlanda, decide, consensualmente e con eleganza, di chiudere (forse, si parla di un possibile ultimo impiego in Libia, ndr) lo strabiliante cerchio cominciato più di 40 primavere fa.
Equilibrato. Se “in medio stat virtus”, allora Trapattoni nella sua carriera ha seguito alla perfezione questa locuzione aristotelica. Da allenatore, mai troppo offensivo nè mai troppo difensivo. Allievo di Nereo Rocco, riuscì ad imporsi appena 35enne sulla panchina del Milan, dopo che con i rossoneri aveva conquistato da giocatore ben sette trofei (2 Coppe dei Campioni, 2 scudetti, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Coppa Italia e 1 Coppa delle Coppe. Un vero e proprio “Mago” del calcio, come veniva soprannominato agli albori della sua esperienza. Con i suoi moduli prudenti ma efficaci conquistò l’Europa: 19 sono i trofei sollevati in cinque diverse realtà calcistiche. Boniperti per primo lo fece suo alla Juventus, per la rabbia di quel Rocco che tanto lo difese a Milano, quando ancora il Trap era vice, poi passò anche dall’Inter. Dopodichè cominciò un tour de force che lo portò a toccare con mano ogni angolo d’Europa: dall’esperienza tedesca col Bayern, a quella portoghese col Benfica, sino al Salisburgo in Austria: tutte condite da un titolo. Con l’avvio del nuovo millennio si è dedicato alle selezioni nazionali, dove, ahinoi, ha potuto saggiare il sapore della sconfitta e delle beffe.
Sfortunato. Tra Italia e Irlanda è difficile quantificare il danno che il Trap si è visto piombare addosso in così poco tempo e dopo così tanti successi. Ci affidiamo alla mera cronologia: la sua prima grande sfortuna fu quella di dover essere in panchina durante il Mondiale del 2002 in Corea, teatro di uno dei più grandi errori arbitrali dell’ultimo decennio. Il fischietto Byron Moreno fu artefice dell’uscita, al golden gol, degli Azzurri agli ottavi di finale, dopo quel tanto celebre quanto assurdo rosso a Francesco Totti.
Dopo otto anni, nel 2010, fu catapultato dalle stelle alle stalle in men che non si dica. Mancava davvero un nulla all’Irlanda per poter approdare a uno storico Mondiale, ma quel giorno la dea bendata non fu dalla parte del nostro. La Francia vinse senza merito, grazie a un gioco di mani di Thierry Henry e la qualificazione sfumò dopo un agghiacciante playoff. C’è di buono che, insieme al fido Tardelli, due anni dopo, riportarono la selezione irlandese alla fase finale di un Europeo, dopo quasi 10 anni dall’ultima volta.
Sregolato. Ma Trapattoni è eroe anche fuori dal campo, silenziosa celebrità che mai è rimasta a guardare. Famoso per le sue divertenti e sbalorditive sentenze, è rimasto un simbolo del “made in Italy” anche all’estero. Dal suo “sarò breve e circonciso” alla presentazione con la Juventus, al suo inconfondibile “strunz, strunz, strunz” di Stoccarda. Nonostante l’avanzare dell’età, mai si è dato per vinto, neanche quando (con la terza media, ndr) a 69 anni accettò una nuovissima esperienza anglofona. Proprio sulla panchina dell’Irlanda è rimasto celebre il siparietto col capitano Keane, nel quale il Trap lo insulta e gli dà del vecchio a chiare lettere in italiano, per il divertimento degli astanti. E pensare che, ancora, ci potrebbe essere un’opportunità di vederlo in Libia: “don’t say cat…”.
Contenuto ceduto in esclusiva dall'agenzia alaNEWS. Riproduzione vietata. Anno 2013.