Se poi appartengono alla nobile arte poetica
giudichi chi legge. A me non cala.
Per me possono essere annoverate
in qualsiasi meandro dell’umana specie
ed essere prose poesie o proserpine.
Scegliete voi cosa più v’aggrada.
A me importa che si comprenda
il salto lo iato il ponte che unisce e che separa.
La fenditura che s’allarga tra ciò che è stato e ciò che è.
Il varco che s’apre tra il cercare nelle cose
loro segrete corrispondenze,
reconditi rimandi et altre simili effusioni
(scambi di baci mani furtive distillate
nella poetica fucina accessibile soltanto al suo cantore),
e la parola che si fa pura sottile quasi impercettibile
che toglie il disturbo;
tra le interiori immagini emotive/emozionali
che hanno recondito segreto e misterioso,
un senso da svelare/rivelare ai noi poveri mortali
incapaci di vivere le proprie personali;
e il gioco di parole o la corrispondenza
non segreta ma palese evidente
tra verbo e verbo incolonnato
o messo in riga per dare ritmo o sensazione
che si lega ad altre sensazioni
magari inconsce o appartenute a qualche lontana
reminiscenza magari legate al puro suono o a niente.
Ecco i soggetti viventi e intesi
come cose sono licenziati o resi polvere;
o liquidi ch’entrano in ogni pertugio,
scavano, escono fuori da ogni luogo.
Non avere la dotta presunzione di parlare
a nome di qualcuno
chissà la Patria lo Spirito l’Anima o la Coscienza,
e via di questo passo,
sino ad arrivare alla miserabile condizione umana
o alla nobile facoltà spirituale.
Via i soggetti. Chi parla è voce miscelata.
Voce che non ha corpo.
Via il contesto la situazione definita
il luogo i topoi ove le cose accadono,
prendono forma si contraggono
si identificano e diventano riconoscibili.
Dove scatta la trappola della metafisica presunzione
per la quale chi parla dice a chi legge:
«Io ho vissuto e tu potrai vivere
soltanto attraverso le mie emozionali parole;
io ho il potere di muoverti al riso
o alla commozione di guidare il tuo animo
di plasmare la tua coscienza
di formare il tuo senso del reale;
io ho il potere il dominio, io comando;
ho un’anima e tu non vali un cazzo».
Per non parlare delle grammaticali regole
subordinate frasi ipotattiche
i “quando” gli “allorché” i “nondimeno”, i “mentre”,
con i suoi nobili gerundi sfavillanti.
Nuova sintassi, sì nuova sintassi. Aria aria.
Via anche i tempi passato presente futuro
lasciamo che il tempo scorra nella sua eternità.
Schiacciamo le metafore
tanto tutto è metafora e sveliamo l’illusione
che si cela dietro ai “come” e ai “similmente”.
Tutto è metafora. Persino l’acqua minerale che ti bevi
o le mollichine di pane che cascano dalla bocca.
Lasciamoci trasportare dai suoni
e vediamo quale altra forma assume realtà,
Insomma creiamo una realtà trasposta
Allusiva, appunto.