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Tre amare illusioni sul blog

Da Marcofre

Forse non ha senso creare un blog, e poi da anni un po’ tutti proclamano che il blog è morto, quindi tu che stai leggendo queste righe, sappi che probabilmente sono trasmesse direttamente dall’Oltretomba.

Ciascuno deve fare quello che vuole, ci mancherebbe altro. Questo spazio bene o male è il mio e ci faccio quello che voglio. Il lettore è principe (o Re che dir si voglia): quindi arriva, annusa e se ne va.

Oppure legge.

Di solito, quando ci si decide a produrre contenuti, si è sempre persuasi di alcune verità incrollabili, almeno all’inizio. Perché dopo dieci giorni, o al massimo un mese, franano clamorosamente, e il blog viene abbandonato.
Esse sono:

  • Ci sono milioni di persone sul Web, e io li raggiungerò.
  • So quello che faccio.
  • Siccome so quello che faccio, sono migliore degli altri.

Cominciamo dalla prima?

Che la Rete sia popolata da milioni di persone è un fatto incontrovertibile, ma tu chi sei? Uno che si aggiunge alla lunga lista delle persone che forniscono contenuti. Quindi? Nessuno sa chi tu sia, nessuno sa che cosa offri e se hai qualcosa da offrire. Quando l’accesso alla produzione dei contenuti diventa una faccenda democratica, sorge un grosso problema. Che milioni di persone fanno quello che fai tu, con il risultato che tutto appare uguale, uniforme e alla fin fine monotono.

Raggiungerai qualcuno se sarai migliore degli altri. Se avrai qualcosa da dire.
Esserci non è più sufficiente. E a volte esserci come buon lettore, può essere meglio che esserci tanto per riempire un buco…

La seconda. Sai quello che fai? Davvero? Allora non diresti che sei in grado di raggiungere “milioni” di persone.

Non è questo lo scopo, o non dovrebbe esserlo. Se sai quello che fai, allora dovresti pensare non ai numeri, ma alle persone. A creare delle relazioni, non grafici da sbandierare. Il Web nasce da persone che desideravano aiutare gli altri a stabilire legami, connessioni, relazioni.

Vogliamo ridurre tutto a numeri? D’accordo. Un’altra occasione sprecata, ma sono talmente tante che una in più, una in meno, non fa nemmeno troppa differenza, vero?

La terza. E così sei migliore degli altri. Può darsi, come si fa a giudicare una persona? Però (e qui torno a ribadire il solito concetto) se guardi ai numeri e non alle relazioni, non sei molto differente da una qualunque realtà che bada ai profitti, costi quel che costi.

Se sai quello che fai, non sei “migliore” ma puoi diventarlo solo se entri in relazione con gli altri. E ci riesci se sai quello che fai, e per prima cosa sai che c’è un mucchio di cose da imparare.

Comunicare, conversare, creare relazioni non sono parole, bensì gli strumenti con i quali costruire qualcosa di meglio all’interno di una realtà spesso sottovalutata e criticata da chi non sa comunicare, conversare e creare relazioni.


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