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tredici sei novanta

Da Fabry2010


Per C. (1990)

Un trasalire e via.
Sei scivolata con appena un gemito
e la corrente ti ha portata in grembo.
Io però son rimasto alla tua riva,
non ti ho lasciata, e ti ho chiamata subito:
non eri ancora andata che già io,
per rinsaldare il filo che ci ha uniti
dall’una all’altra nascita,
invocavo il tuo nome, nell’attesa
che sopra l’eco mi tornasse in canto;
o in suo presagio almeno,
come un batter di remi in acqua grigia.
[...]
*
Non un sole soltanto, ma due soli
ad ogni mio risveglio eran già sorti:
occhi dorati, fondi,
che in me fissavi standomi sul cuore
tranquilla, senza muoverti,
ansando appena del respiro lieve
che segna il tempo a cui danzano i mondi.
[...]
*
Da luce ad ombra solamente un passo:
tu l’hai compiuto lieve e in te compresa,
come prima indugiavi sulla soglia
o correvi sfrenata incontro al sole.
Neppure allora domandavi niente:
così che certo adesso non ti aspetti
che giù discenda, o che traghetti, a renderti
quello ch’eri per me, senza saperlo.
[...]
*
Se pure la tua nave non è naufraga;
se non è spoglia o tronca l’alta palma,
nell’oasi già verde
e ora forse inghiottita dalla sabbia:
verso dove è salpata la mia anima,
quali correnti segue, e a quali venti
ancora spanderà polline e suono?
[...]
Chissà se mi ti volgi, se mi chiami:
inaudita e invisibile oltre i fari
con troppe luci e con sirene false
che celano e confondono la via.
Oh almeno mi restasse rintracciabile
nel buio, nel silenzio e nelle lacrime!
*
A che cosa mi serve questa voce,
se non basta a chiamarti
e non mi puoi rispondere?
Soltanto a dire dolcemente: “Va’,
entra nella corrente e in essa pèrditi;
ti lascio andare, è giusto, alla tua pace.
[...]
Così il dolore è appena l’altra faccia
del regno e del sorriso,
traccia e segno preciso dell’origine:
se di continuo, sordo,
ti incalza e ti mantiene dove vivi,
dando la vita a entrambi, e a tutto il mondo”.

da “Eunoè. Poesie 1988-1995″,
Manni 2005



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