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Tree huggers

Creato il 29 gennaio 2013 da Automaticjoy
In un paese dove il contatto fisico è quasi bandito, inizio a sentirne la mancanza per la prima volta in vita mia.
Non mi è mai piaciuto, non sono mai stata espansiva, ho sempre preferito mantenere un'educata distanza di sicurezza tra me e il mio interlocutore, eppure da quando sono qui sento un bisogno crescente di toccare chi mi sta accanto.

Tree huggers

Due bimbi guardano un anime al Museo del Manga di Kyoto


Forse è per la freschezza dei rapporti, che mi ricordano un po' certe amicizie senza filtro da scuola superiore, forse lontano dall'Italia divento più italiana, forse è solo una reazione alla mancanza di chi è a diecimila chilometri da qui, fatto sta che mi viene voglia di mostrare affetto a chi mi sta intorno in una maniera per me inconsueta.
Mi piacciono le pacche di incoraggiamento sulla spalla, ma mi piace anche strattonare con entusiasmo la manica a qualcuno, o ricevere un pat-pat sulla testa.
Più di tutto, però, ho voglia di quegli abbracci candidi da bambini, sinceri e innocentissimi slanci verso le persone a cui si vuole bene. In una realtà temporanea come questa, in cui per di più non è sempre facile esprimersi a parole a causa degli ostacoli linguistici, il toccarsi diventa la maniera più inequivocabile e universale di comunicare, e un modo per concentrare nel più breve tempo possibile tutti i gradini verso un'amicizia solida e duratura.

Tree huggers

Daigo-ji in inverno


Non ho tutta una vita da passare con queste persone, ma trascorrere insieme qualche mese in una situazione anomala come un periodo di studio in Giappone unisce quasi quanto anni di quotidianità senza sussulti e scossoni. Allora mi viene da bruciare le tappe, stringere tutti, cantare davanti a sconosciuti, cercare di imprimere un'immagine di me nella testa e nel cuore dei miei compagni di avventura, per sperare un giorno di rivederci e riabbracciarci, e respirare ancora l'aria di Kyoto anche da diecimila chilometri di distanza.

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