Anche quest’anno, da tutta Italia, partiranno i treni della memoria. Un progetto fondato nel 2005 su iniziativa dell’associazione Terra del Fuoco, fermamente convinta che la memoria, la storia e l’identità debbano essere alimentate in continuazione, coinvolgendo – là dove è possibile – soprattutto la parte più entusiasta della popolazione: studenti del liceo e anche qualche universitario, accompagnati da volontari a loro coetanei o di pochi anni più grandi, ex partecipanti dei treni della memoria precedenti. Un’esperienza dei giovani e per i giovani.
Qualche problema logistico, chiaramente, non manca mai. A partire dal dettaglio forse più paradossale: è un paio d’anni che tutti i treni della memoria, ai quali il progetto deve il nome, sono stati sostituiti da più economici pullman, destinati a viaggiare per quasi venti ore prima di raggiungere la Polonia, la destinazione del viaggio (ma non ancora la meta…). I partecipanti, infatti, verranno guidati verso i campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau. L’intento è quello di far toccare con mano non solo gli eventi storici ma ogni singolo aspetto della vita dei deportati: la prigionia forzata, le misere e incivili condizioni di vita, lo sporco in cui erano costretti, i loro nomi e i loro volti, se possibile. Alle visite si affiancano attività di formazione, confronto e dialogo, con un coinvolgimento emotivo assolutamente inevitabile e necessario. E forse era proprio questa l’intenzione di Michele Curto, ex presidente fondatore di Terra del Fuoco e del Treno della Memoria: accrescere la cultura storica tanto quanto tessere nuovi fili alla trama sensitiva di ogni persona.
Sembrerebbe un’iniziativa valida, quasi fondamentale per la crescita individuale di chi sta ancora studiando. Ma ogni anno sono sempre meno quelli che hanno la possibilità di partecipare. Il prezzo del viaggio, inizialmente alla portata di tutti, nel gennaio del 2014 si presenta come quasi raddoppiato. Ma chi è il responsabile? Già nel 2001 sul sito ufficiale dell’Arci si poteva leggere:
Oggi il Treno della Memoria è a rischio nella stessa regione da cui è partito la prima volta, il Piemonte. La colpa, vera o presunta, è ‘la crisi’. Ancora una volta, basta una semplice parola per tagliare i progetti che fino al giorno prima sono stati lodati da tutti. Ma non è un torto che viene fatto a una associazione, è il costante abdicare a quegli stessi principi che in tempi ‘normali’ trovano tutti d’accordo a preoccuparci, quasi che i principi siano qualcosa a cui tenere fede o meno, a seconda della disponibilità finanziaria. E quel che è ancora più grave è che si torna a tagliare sull’educazione dei giovani, a dimostrazione che i giovani hanno ben poca considerazione in questa società. Il Treno della Memoria è nato sette anni fa, a Torino; da allora si è sviluppato, è diventato un progetto nazionale che solo l’anno scorso ha portato a visitare il campo di sterminio di Aushwitz e Birkenau 3000 ragazzi da tutta Italia. Dieci regioni coinvolte in un progetto che ci piace definire di ‘emersione di cittadinanza’. Siamo infatti convinti che sia possibile costruire una cittadinanza più consapevole partendo dalla storia del nostro secolo e da quella che giustamente è definita come la pagina più buia del ’900, la deportazione e il nazifascismo.
(www.arci.it, visitato il 06/01/2014)
Grazie all’impegno delle associazioni e alle diecimila firme consegnate, nello stesso anno, al Presidente della Regione Roberto Cota e al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, grazie alle iniziative di finanziamento promosse da Libera, Terra del Fuoco e Arci e all’impegno di tantissime persone, a distanza di tre anni nessuno è ancora riuscito a cancellare il Treno della Memoria dal percorso di crescita di alcuni giovani, anche se non ancora abbastanza.
Ma è sufficiente la testimonianza di pochi fortunati per alimentare l’interesse e la curiosità verso un simile progetto. Tatiana, diciannove anni compiuti, ha partecipato l’anno scorso. «Nel momento in cui vivi i luoghi, l’aria, la terra» mi racconta, «ti accorgi di quanto sia diverso leggere la stessa cosa sui libri. Non si tratta solo di un improponibile errore storico, di una cattiveria dell’umanità: vederlo con i tuoi occhi crea un’altra percezione, completamente diversa! Non è più storia, è vita, morte. Ci è voluto del tempo perchè riuscissi a metabolizzare tutto quello che ho visto».
E forse è proprio questa, la meta.