C’era una volta lo “stile Juve”, o meglio è quello che hanno sempre voluto farci credere…ad ogni modo dopo la brillante trovata partorita dalla dirigenza juventina di far scrivere sulla maglia l’ormai famosa frase “trenta sul campo” (materiale per battute da qui all’eternità, la più bella delle quali l’ho letta su un forum di tifosi interisti, che dopo aver fatto gli auguri a Sneijder per il suo trentesimo compleanno, precisavano “…ma per gli juventini sono 28”…mitica!) quel che resta di questo fantomatico juventus style si può ben dire che se n’è andato a farsi benedire. Andrea Agnelli, infatti, sostenendo che l’aritmetica della Juventus è diversa da quella della Figc (…immagino le sue giustificazioni scolastiche) ha reso ridicolo non solo se stesso, ma un’intera tifoseria, che, per quanto “rubentina”, non meritava (o forse sì?) d’essere lo zimbello estivo delle tifoserie rivali.
Il paradosso della vicenda, però, emerge quando si prova a fare una considerazione: ma se Agnelli non riconosce il conteggio della Figc perché ne continua a far parte? Se fai parte di un’associazione ne devi rispettare le regole e le sentenze. Stop. Di sicuro ha aperto una strada: chiunque, da adesso in poi, potrà mettersi sulla maglia una frase che ricordi un proprio conteggio di scudetti o di altri trofei (Cairo, ad esempio, non ha ancora pensato di rivendicare lo scudetto revocato al Toro nel 1927 con qualche slogan ad effetto?), per la serie “Ben Johnson, un oro olimpico sul campo”. Il grande Totò avrebbe detto: “Ma mi faccia il piacere!”