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Trentodoc e Trentino Doc, appunti e spunti per la nouvelle vague

Da Trentinowine

trendodoc non mi piaceFecero sistema e vissero tutti felici e contenti - Un paio di giorni fa la nouvelle vague di Trentodoc ha incontrato Sua Maestà Tiziano Mellarini, il potentissimo assessore al Turismo e all’Agricoltura, abituato per teoria e per prassi ad aprire e a chiudere come una fisarmonica i cordoni della borsa di quel carrozzone blindatissimo e opulento che risponde al nome di Trentino Marketing. E insieme a lui, i giovani bocconiani hanno incontrato anche il fior fiore dei funzionari dell’Assessorato, che fortunatamente seguono sobriamente Sua Maestà in tutte le occasioni importanti (quelle pubbliche, s’intende). Orbene, i nostri bravi ragazzi hanno incontrato il ReSole delle Alpi per informarlo della loro intenzione di affidarsi ai “new media” per promuovere l’immagine e il consumo di Trentodoc fra i loro coetanei. D’accordo, chiedere il permesso a papà è sempre una cosa buona. Ma vivaddio una pagina Facebook o un account su Twitter si possono aprire in trenta secondi. E soprattutto senza incomodare papà. Che ha già un sacco di cose da fare, e di grattacapi a cui badare, per conto suo. A parte l’accenno ai “new media”, comunque, il leader della nouvelle vague trentodocchista, che fra l’altro è anche vicepresidente dell’Istituto di Tutela, ha anche annunciato di aver “già avuto contatti con alcuni giovani albergatori e penso sarà sempre più importante confrontarci per fare sistema. Oltre a questo puntiamo forte sul coinvolgimento dei giovani consumatori, per i quali stiamo pensando a iniziative di divertimento e approccio a Trentodoc, sulla promozione delle bollicine nel mercato interno, sull’approfondimento del legame con il flusso turistico” (L’Adige, 18 gennaio 2012). Fare sistema, vendere ai turisti, parlare con gli albergatori, coinvolgere i giovani: era dai tempi di Adamo ed Eva che non si sentivano in giro idee innovative come queste, destinate a rivoluzionare i fondamentali del marketing mondiale e planetario. Dal canto suo, BabboMella-ReSole, forse perché non sufficientemente stimolato dagli interlocutori – e almeno questa volta lo comprendiamo – si è lasciato andare ad una di quelle sue dichiarazioni liturgiche, che lo hanno reso famoso in tutto l’arco alpino e anche oltre: “Sono molto soddisfatto e con me lo è anche il presidente Dellai, della voglia di fare e della nuova mentalità di questi giovani ma soprattutto del loro amore per la propria professione. Da tempo auspico maggiore protagonismo da parte delle nuove generazioni e il nuovo corso di Trentodoc apre le porte alle loro idee e alla loro preparazione, maturata negli studi universitari e nell’attività nell’azienda di famiglia” (L’Adige, 18 gennaio 2012). Vabbuò, passiamo oltre.

Il favoloso mondo di Camilla-Amelie – La letteratura agiografica ed encomiastica a volte sfiora vette irraggiungibili. E così il giornalismo. Ne è un un esempio da manuale il servizio pubblicato, da pagina 100 a pagina 103, sul numero di gennaio di Amica, una delle più patinate e glamour riviste femminili (ma esistono ancora?) di questo nostro strampalato Bel Paese. Il reportage da Ravina, che compare sotto la rubrica Buoni esempi, è intitolato Il mondo di Camilla (dove Camilla, naturalmente, è Camilla Lunelli). Tralascio le mie considerazioni personali su questo ritratto provinciale e perfino fastidioso dell’estrema provincia dell’impero, che si snoda fra copie autentiche di sculture settecentesche e pentole di minestrone al farro. Chi ha voglia di leggere per intero questo sciroppo soporifero lo può fare qui. Mi limito solo a fare un’osservazione contabile e lessicale: la dottoressa Lunelli riesce dove nessun altro, pur con tutta la buona volontà, sarebbe riuscito. Lei che siede nel CdA del gruppo che produce Ferrari, che a sua volta è l’azionista di maggioranza di Trentodoc, trova il modo di raccontare tutto, e anche di più, dei gioielli di famiglia, del suo Metodo Classico, del ristorante aziendale (Villa Margon), della passione per le rocce dolomitiche del suo compagno e perfino dell’Africa. Ma riesce anche a non pronunciare mai la parola Trentodoc. E quando lo fa, sbaglia: a proposito dell’accordo che regola i rapporti di potere all’interno della famiglia, quindi in un contesto già di per sé assai poco comprensibile, infatti usa la dizione “Trentino Doc” (pg. 102). Come se Marchionne parlasse di Toyota all’assemblea degli azionisti di Fiat. Naturalmente, siamo pronti a chiedere scusa alla dottoressa Camilla Lunelli, se dovessimo scoprire, magari leggendo un’errata corrige sul prossimo numero della rivista, che la topica pubblicata su Amica è stata il frutto di un errore della giornalista Valentina Crepax. Verosimilmente può darsi anche questo. Tuttavia, resta il fatto che chi è a capo delle relazioni pubbliche dell’azionista di riferimento dell’Istituto, sembra impegnarsi davvero sul serio nell’impresa di evitare accuratamente di pronunziare questa parola: Trentodoc.

Il sito che non c’è - Da parecchi mesi, anzi da quando è nato, Trentino Wine Blog segnala la spettacolare assenza di Trentodoc sulla rete. Il sito istituzionale, graficamente tumulato in un luttuoso fondale nero, continua a restare desolatamente spoglio. Spoglio di informazioni. E spogliato di qualsiasi utilità. E questo è un peccato. Siamo a quasi due mesi dall’inizio dell’era Zanoni e di quella della nouvelle vague dei giovani bocconiani, cresciuti a new media e a social network. Eppure le cose non sono cambiate di una virgola. Ripeto: un peccato. Un peccatissimo. Da alcuni mesi nell’ambiente del giornalismo trentino circola la voce di un possibile incarico di consulenza da affidare ad un paio di bravi blogger lombardo-veneti, di cui non faccio i nomi per cortesia, a cui affidare la cura della comunicazione in rete di questo benedetto marchio. Voci. Parole, parole… parole.


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