L’indomani so che dovrò svegliarmi alle 6 del mattino per prendere uno stramaledetto aereo e tornare a casa dei miei per le feste. Tuttavia voi vi fareste fermare da questo pensiero e rovinare l’attesa di una serata coi Triptykon? Giammai! Perdermi la band dell’anno (come emerge dal nostro Podio dell’Odio) sarebbe stato davvero imperdonabile. E infatti i biglietti li ho comprati molto prima, a ragione, visto che la sala è già piena quando cominciano a suonare gli svizzeri Bölzer. Ed è proprio da questi due svizzeri (solo chitarra e batteria!) che giunge la prima fiammata della serata. Mi perdo Spirit e Massemord ma arrivo in tempo per vedere quella che per me si rivelerà la sorpresa dell’anno.
Ad aver sentito prima il loro ultimo ep, Soma, uscito quest’anno, l’avrei inserito di prepotenza nella top ten e li avrei anche citati come gruppo spalla dell’anno. Senza dubbio. Il duo elvetico è quanto di piu’ TRVE e KVLT abbia sentito negli ultimi anni. La loro immagine pagana e misantropica si riversa in una proposta musicale davvero estrema, in tutti i sensi. Pezzi ruvidi e ipnotici nel miglior stile black/death metal. Non sentivo questo tipo di attitudine veramente autentica da prima che il black metal diventasse il fenomeno da baraccone che è oggigiorno (tranne qualche davvero rara eccezione), grazie anche a gente come i Dimmu Borgir. Suono ultra-ruvido con stile vocale scream alternato a lamenti malinconici che conferiscono, soprattutto dal vivo, un’aura molto particolare e sinistra alla musica dei nostri, considerando anche che suonano praticamente al buio, con una scarsissima illuminazione. Ci vogliono giusto 2 pezzi per convincermi che mi trovo davanti ad una band che farà, DEVE fare molta strada. Certo non mi auguro alcuno exploit commerciale e facilone per loro, ma una maturazione musicale che li possa portare ad esplorare magari nuove sonorità abbinate ai loro concept pagani molto suggestivi. Come le copertine dei loro dischi.
Non mi capitava di entusiasmarmi così per una band di supporto da molto tempo. Quindi, visto che al banchetto del merchandising non c’è nessuno del gruppo e un cartello annuncia che la merce sarà in vendita dopo il concerto (non si sono portati nessuno che li aiuti a vendere il loro limitato merchandising, all’insegna del DIY più totale), aspetto la fine e mi precipito dal batterista, che in 5 minuti aveva già esaurito tutte le copie del loro primo ep Aura, restando solo con pochi esemplari della loro ultima già citata release. Compro il disco e faccio i complimenti strameritati al componente della band, dicendogli che non sentivo tanta attitudine e tanta rawness da parecchio tempo. Dopodiché sgomito fino al bar per prendere una birra nell’attesa del momento che tutti attendiamo trepidanti.
Tom Warrior e sodali sono truccati con corpse paint e guardano la folla per un paio di minuti prima di attaccare con Procreation (of the Wicked). Apoteosi. L’affascinante Vanja guarda dritta davanti a sè come se fosse in trance, e mi viene in mente che se lo stesso concerto si fosse svolto nella mia città natale avrei visto gente sbavare e formare il famoso “triangolo” con le mani. Qua non succede. È una cosa che ho notato diverse volte quando si esibivano band con componenti femminili. La scaletta propone un mix di classici di Celtic Frost ed Hellhammer e pezzi tratti dai due capolavori Eparistera Daimones e Melana Chasmata. Seguono infatti le pesantissime Goetia e Tree of Suffocating Souls. Impossibile avere di meglio al momento. Credo che ogni metallaro su questo pianeta vorrebbe essere davanti a questo palco proprio ora.
Quella che possiamo benissimo definire una celebrazione, o una santa messa, più che un concerto, continua con nientemeno che Circle of the Tyrants. La mia memoria va a quando, ancora imberbe, vedevo i video tratti dalla compilation Doomsday News della Noise Records e ricordo i Celtic Frost eseguire questo grande classico. Lacrime. Altar of Deceit ci riporta ad una modernità che non tradisce un modo di essere e di proporre arte intriso di cupa malinconia, sempre riconoscibile da decenni ed evolutosi in maniera mai banale. Pezzo grandioso. E non penso che ci sia molto da aggiungere su The Usurper, classicone che lascia il pubblico semplicemente in brodo di giuggiole. Come se non fosse abbastanza, Tom annuncia che il prossimo pezzo e’ di una band in cui militava in passato e ci chiede se qualcuno se la ricorda. “Do you remember Hellhammer?” e attacca Messiah, da quell’autentico oggetto di culto custodito nel mio e nei vostri scaffali dei dischi che risponde al nome di Apocalyptic Raids. Senza troppi orpelli, continuano con la lunghissima The Prolonging e nemmeno ci accorgiamo, quando finisce, che si è fatta quasi un’ora e mezza di concerto. È come se non si sentisse, tanta è l’esaltazione. Infatti il pubblico continua a chiedere pezzi ma purtroppo non viene accontentato.
Beh, che dire se non che auguro a voi tutti affezionati lettori che passino presto anche dalle vostre parti? Una serata davvero magica che rimane impressa in maniera indelebile. Immaginare che Tom Warrior è stato vicino al suicidio mi fa pensare a quanta povertà avrebbe lasciato la sua scomparsa in una scena che già stenta tantissimo. E dopo aver perso H.R. Giger sarebbe stato davvero un lutto troppo, troppo grande.