La campagna elettorale dei Radicali nel Lazio oscilla tra il farsesco e il tragico. Prima il tentativo di accordo con il PD a supporto di Nicola Zingaretti, saltato perché i democratici non volevano la ricandidatura dei consiglieri uscenti. Poi il discusso apparentamento con La Destra di Storace, anche questo opportunamente naufragato in extremis. Infine, l’esclusione dalla competizione elettorale.
Un vizio di forma che ha del paradossale: nel listino ci sono troppe donne. Proprio così: in uno dei paesi con il più basso tasso di partecipazione femminile in politica, una lista viene esclusa perché ne contiene troppe.
Il listino era stato consegnato sabato alla Corte d’Appello del Lazio entro i termini previsti dalla legge. Ma la lista Giustizia, Amnistia e Libertà collegata al candidato presidente Giuseppe Rossodivita è stata respinta.
La legge prevede che nell’elenco sia rispettata la parità di genere. L’elenco consta di 10 nomi, cinque donne e cinque uomini. Ma tra questi c’è per l’appunto Rossodivita, che tra l’altro è un consigliere uscente, che, in quanto candidato presidente, non rappresenta uno dei due generi, è considerato esterno.
Le cinque candidate sono Antonella Casu, Anna Cannellino, Valeria Centorame, Maria Antonietta Coscioni e Mina Welby. La Casu si è fatta elegantemente da parte per permettere alla lista di correre alle elezioni regionali, ma non c’è stato niente da fare: rinuncia fuori tempo massimo, Radicali esclusi.
Rossodivita ha commentato comprensibilmente amareggiato:
Questa è davvero ridicola. È lo specchio del modo di pensare di una magistratura da riformare. Questi irresponsabili funzionari pubblici anziché far votare i cittadini del Lazio, anziché favorire la partecipazione democratica si trincerano in bizantinismi che non hanno alcun appiglio normativo. Esclusi per troppe donne hanno detto, bene abbiamo regolarizzato. Potevano mandarci a votare secondo quanto loro stessi hanno detto e invece no.
I Radicali presenteranno ricorso.
Fonte: Linkiesta