Fino a otto vaccini vengono somministrati “in batteria” in un’unica giornata ai soldati
Fino a otto vaccini somministrati “in batteria” in un’unica giornata. E poi lo “stress operativo” di chi parte in missione con il ruolo di “pattugliatore”, e ancora la fotoesposizione durante l’attività di ricognizione del territorio. Ci sarebbero questi fattori di rischio dietro i linfomi e le neoplasie che nell’ultimo decennio hanno ucciso decine di militari italiani impegnati nelle operazioni di pace all’estero.
Fino ad ora a sostenere questa tesi c’erano solo perizie di parte firmate da consulenti dei familiari delle vittime. Ma questa volta a dirlo è uno studio riservato ordinato dal ministero della Difesa nel 2004, concluso nel gennaio 2011 e consegnato al ministro e alla competente commissione parlamentare d’inchiesta. Commissione che, da allora, resta «in attesa di approfondire - come sottolinea il presidente Giorgio Costa (Pdl) - numerosi temi, in particolare quelli legati allo stress psicofisico e alla proliferazione di vaccinazioni come concause nell’insorgere delle patologie».
Il rapporto “Signum” - acronimo che sta per Studio di impatto genotossico nelle unità militari - conta oltre 200 pagine: “informazioni non classificate controllate", si legge in testa al documento. A firmarlo un comitato scientifico di 14 esperti di fama tra epidemiologi, microchimici, biostatistici, genestisti e oncologi dell’Istituto superiore di sanità, dell’Istituto nazionale di ricerca sul cancro, delle Università di Genova e Pisa, e della Sanità militare. Lo studio spiega che i «risultati sono stati integrati con i dati del monitoraggio ambientale e climatologico eseguito nell’area circostante i campi italiani in Iraq di “Camp Mittica” e “White Horse”. Tali dati non hanno evidenziato contaminazioni significative dovute ad uranio o ad altri agenti genotossici.
Mentre hanno rilevato un’esposizione all’irraggiamento solare notevolmente superiore a quella presente sul territorio nazionale. È stata evidenziata una significativa riduzione della concentrazione totale di uranio campionata nelle urine e nel siero nel periodo post missione rispetto al periodo pre impiego. Per quanto riguarda gli altri elementi tossici investigati, sono stati osservati modesti incrementi significativamente interessanti nelle concentrazioni di cadmio, molibdeno, nichel e zirconio. Mentre decrementi parimenti significativi sono stati osservati per arsenico, piombo, tungsteno e vanadio.
Esclusa l’esposizione a specifici inquinanti genotossici, confermata dai monitoraggi ambientali», lo studio si concentra invece sui vaccini. «È stata osservata una significativa correlazione tra aumento di alterazioni ossidative del Dna e numero di vaccinazioni (da zero a 8) effettuate dal 2003. La differenza maggiore si è osservata confrontando i 742 soggetti che avevano praticato un numero di vaccinazioni inferiore o uguale a 4, rispetto ai 100 soggetti che avevano praticato un numero di vaccinazioni superiore».
In particolare, «tra le vaccinazioni praticate, il vaccino trivalente vivo attenuato Mrp (morbillo parotite rosolia)ha aumentato in maniera marcata il differenziale di alterazioni ossidative»: nei 757 militari che non sono stati sottoposti a quella vaccinazione l’incremento è risultato compreso tra +0.62 e +1.69, mentre negli 85 soggetti vaccinati si sono riscontrati valori compresi tra +1.16 e +3.47. «I risultati ottenuti - si legge - indicano che esiste una tendenza all’incremento di alterazioni ossidative linfocitarie correlato all’impiego in teatro operativo».
«Per quanto riguarda il numero di vaccinazioni l’incremento di alterazioni ossidative è risultato correlato sia alla quantità che alla qualità delle vaccinazioni, in particolare se uguali o superiori a cinque. Tale effetto è soprattutto correlato all’utilizzo di vaccini vivi attenuati. Questa situazione è verosimilmente riconducibile all’induzione dell’attività immunostimolante esercitata sulle popolazioni linfocitarie dalle vaccinazioni, soprattutto vive attenuate».
Particolarmente a rischio, secondo lo studio, sono i soggetti che hanno un genotipo sfavorevole (denominati OGG1/GSTM1). In questi soggetti, che «costituiscono una parte minoriatria della popolazione (3%), non sembra appropriato l’uso di trial vaccinali con più di 5 diversi cicli. Sconsigliato l’impiego anche di attività di pattugliamento». Sono infatti «i pattugliatori» che hanno il maggior incremento di alterazioni ossidative tra il prima e il dopo missione. Per gli esperti le analisi dei biomarcatori specifici escludono che a contribuire siano inquinanti ambientali (come scarichi diesel o le lunghe ore passate all’interno dei veicoli corazzati). Nel mirino invece, fattori come lo stress psicofisico e l’alterazione dei ritmi sonno/veglia. Signum conclude precisando che nessuno di questi fattori da solo determina lo sviluppo di una patologia. Però può funzionare da innesco.