Come diavolo si riesce a trovare una lingua interessante?
Mica semplice. Tutti sono impegnati a scrivere bene. Ma qui ho già affermato una sciocchezza; perché buona parte di quanti si cimentano nella scrittura, non lo sanno fare. Scrivono male, malissimo, perché non leggono niente e nemmeno lo desiderano poiché devono scrivere il loro capolavoro, non hanno tempo da perdere con Zola.
Il punto è un altro quindi. Diciamo che una persona sa scrivere bene. Costui, o costei, dopo un po’, se possiede abbastanza intelligenza, si rende conto che non è sufficiente. È importante, diciamo una base: ma sopra che cosa vogliamo costruirci?
Una lingua interessante vuol dire anche costruire uno stile proprio (ciascuno di noi è unico e questo dovrebbe semplificare la faccenda. Dovrebbe).
Tra i tanti compiti di chi scrive, non c’è solo quello di ascoltare la storia, bensì di affrontare le parole con uno spirito inedito. Che gli altri non sanno affatto cogliere. Certo, evitare i luoghi comuni è già una buona cosa. Però probabilmente costui o costei si spingerà un poco più in là e vorrà per fare un esempio, imparare qualcosa di più dalle parole.
Ecco perché occorre sempre avere accanto un buon dizionario. Questo non serve soltanto a eliminare certi dubbi. Ma a indicare etimologia e stimolare possibili impieghi.
No, non è necessario lanciarsi in una ricerca quasi ossessiva di una lingua nuova. Né far sfoggio di originalità a tutti i costi. Ma se leggo Francis Scott Fitzgerald, mi rendo conto che la sua lingua non è solo efficace. Oltre a questo, esiste la fatica di un autore che ha creato frasi audaci e robuste. Ci ha pensato su, esatto, ha osato.
Spesso non è “niente di eccezionale”, però il suono delle parole, la loro capacità di evocare immagini nitide, di una forza quasi animalesca, non sono il risultato di una conoscenza perfetta della sintassi o della grammatica. Di solito, chi ha alti voti in italiano non scrive affatto, o se lo fa ottiene dei risultati mediocri.
Credo che intervenga un altro fattore che forse possiamo chiamare “sensibilità linguistica”. Probabilmente è una delle conseguenze del talento. È qualcosa che induce a osare, a sperimentare ogni tanto delle soluzioni. È possibile trovarlo soprattutto tra coloro che non hanno un passato scolastico eccellente. Sotto certi aspetti, sono più fortunati perché non devono liberarsi di quello che la scuola ha imposto loro. Hanno meno timori reverenziali.
Sì, è vero. Il rischio di scivolare nel ridicolo è elevato. Se mi guardo attorno, scovo autori che hanno frequentato scuole e corsi di scrittura creativa, e per questa ragione nessun editor o editore osa dire loro: “Sai, questa frase è orribile”. Oppure: “Questa sarebbe una metafora? Ah, quindi non è un errore. OK”.
Tuttavia, diventa inevitabile se si ha un poco di talento nella scrittura, cercare di spingersi un poco più in là.
Su come farlo, dipende tutto da chi scrive.