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Dal 9 aprile scorso non si hanno più notizie di Domenico Quirico. L’inviato de “La Stampa” era entrato in Siria tre giorni prima, diretto a Homs, per coprire con una serie di reportage la guerra che da oltre 24 mesi vede contrapposte le forze ribelli al regime di Bashar al Assad.
Dal 15 aprile è stata attivata l’Unità di crisi del ministero degli Esteri.
La direzione del quotidiano torinese ha reso nota la scomparsa e con un appello scritto in inglese ha chiesto a chiunque avesse notizie di diffonderle.
Ma di fronte al prolungato silenziochiedo al governo di Enrico Letta di impegnarsi con tutti i mezzi e le fonti a disposizione per trovare e riportare a casa il nostro collega.
Non è solo un impegno ma un obbligo: Domenico è un cittadino italiano.
Non era andato in Siria per un viaggio di piacere.
Fare il corrispondente di guerra è un mestiere duro, logorante, pieno di insidie.
Lo so molto bene, l’ho fatto per oltre dieci anni, io stesso ho pagato un prezzo altissimo.
Quirico lo ha svolto con scrupolo, precisione, grande professionalità.
Trovarlo, sapere che fine ha fatto, restituirlo ai suoi cari, a tutti noi, è un dovere.
Per il diritto ad essere informati, per poter continuare a raccontare guerre lontane; denunciare i suoi orrori, riportare le voci di migliaia di uomini, donne e bambini intrappolati in un inferno di violenza e di terrore.
Avere di nuovo tra noi Domenico Quirico è un impegno per la libertà di stampa.
Lo dobbiamo a lui, come è accaduto per 37 ostaggi italiani strappati alle catene dei rapitori.
Lo dobbiamo al volontario italiano Giovanni Lo Porto ancora prigioniero in Pakistan.
Sostieni l'appello lanciato da l'Huffington Post Italiaper tenere alta l'attenzione sulla vicenda e in solidarietà con la famiglia e i colleghi del giornalista de "La Stampa".
Daniele Mastrogiacomo
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