Una donna passeggia sul lungo mare, quando al di là di una recinzione vede un ammasso di roba. Lo crede pattume, monnezza scaricata in quel luogo dai soliti irrispettosi, si avvicina ma scopre trattarsi di un cadavere. Sono le 6.30 di mattina. La donna allora estrae il suo smartphone compone il numero delle forze dell’ordine e notifica la scoperta, poi scatta una foto da una distanza di guardia senza nemmeno guardare bene, perché lo shock per quel corpo la turba. Ne esce un immagine che ritrae un corpo disteso e martoriato anche se non ben delineato nelle sue ferite. La donna allora si collega a twitter, allega la foto con twitpic e invia sul web l’immagine con un breve messaggio: “ho trovato corpo, #LidoOstia”. Pochi secondi dopo, nonostante l’orario, l’immagine comincia a fare il giro della rete. Prima dell’arrivo della polizia una folla di curiosi si è già radunata attorno al luogo dell’omicidio. Scattano foto e fanno video in lungo e in largo mettendo poi tutto in rete. L’inconveniente però è che questi si avvicinano camminando anche sul luogo del reato, non acora messo in sicurezza, provocando quindi una cancellazione di alcune tracce, anche a causa del via vai di auto e persone che si dirigono al campo da calcio li vicino. Più tardi, quando ormai da qualche ora foto, video e parole girano già sul web, esce la notizia sull’identità di quel corpo. Nella stessa notte viene casualmente fermato un giovane, ad un posto di blocco. Risulterà alla guida di un’auto rubata che poi si riscontrerà essere di proprietà della vittima trovata quella stessa notte al Lido. Dalle immagini e dai contributi e testimonianze, ad opera dei curiosi e dei primi giornalisti intervenuti, che già da qualche ora girano sul web, si evincono due cose: la violenza dell’aggressione e l’inettidudine della polizia palesata dai contributi che mostrano l’assoluta mancanza nel mettere immediatamente in sicurezza il luogo del crimine per preservarne le eventuali prove o la mancata attuazione di procedure necessarie in queste circostanze, come ad esempio la presenza di un medico legale sul luogo del crimine o l’immediato interrogatorio dei primi accorsi sul luogo. A poche ore dal fatto alcuni dettagli sono già di dominio pubblico e la pressione sulle forze dell’ordine e sui responsabili incaricati di portare a termine le indagini sono già forti: sorgono gruppi su facebook, post e conversazioni sui blog, decine e decine di twitter, e anche la stampa forte anche dei contributi dal basso comincia a sfornare aggiornamente, ipotesi, articoli che si vanno a sommare. La società civile comincia a chiedere le prime teste per le mancanze degli investigatori. Intanto il ladro d’auto fermato viene ricollegato all’omicidio e accusato dello stesso. Il caso sembra ormai volgere verso il termine con l’accusa per omicidio del fermato dalla polizia. C’è una confessione, c’è qualche prova sbilenca, c’è un cadavere e, a prima vista, c’è pure un movente, apparentemente a sfondo sessuale. Tutto pare tornare, o almeno così vogliono farci credere, ci provano a tenere riservate le indagini ma è tutto inutile, e sulla rete circola già molto di più di quanto chi indaga vorrebbe . In pochi mesi la giustizia prova a fare il suo corso: il fatto risale alla notte tra il 1° e il 2 di novembre, il 26 aprile è proclamata la sentenza di primo grado per omicidio volontario (il 4 dicembre dell’anno successivo quella d’appello mentre il 26 aprile di due anni dopo sarà la cassazione a chiudere i giochi con una condanna definitiva a 9 anni). In poco meno di sei mesi pare tutto chiuso. Ma in quei mesi il rumore rimane alto, i fatti non tornarnano, i contributi video e foto, mostrano indiscutibilmente degli errori (volontari o meno) e la stampa preme, tanto che un’altra procura ritiene atto dovuto aprire una seconda inchiesta che faccia chiarezza sulle indagini e sulla loro metodologia per verificare se qualcuno abbia sbagliato o ostacolato il loro corso: saltano fuori così nuovi elementi, appunti della vittima e carte, forse ricollegabili ad un altro fatto di oscura cronaca. A pochi mesi dal delitto nulla è più così certo, forse è tutto da rifare, nuovi scenari si aprono e all’orizzonte le nuvole di un grosso scandalo che sta, forse, per venire alla luce, e chi sa teme, chi sapeva è morto. Ma questa è un’altra storia, di un altro tempo, e senza una parola fine.
Se ieri fosse stato oggi forse qualcosa sarebbe andato diversamente o forse no, la storia è storia. Qualche giorno fa un amico mi chiedeva, sentendone e leggendone a destra e sinistra, come potesse essere più o meno importante il contributo di una persona qualunque, magari inerente ad un evento, poi veicolato sulla rete. Come insomma la presenza massiccia di apparecchi e persone connesse anche in mobilità potesse influire. Non so perché, ma, forse sbagliando (non saprei) ho provato a spiegarglielo rifacendomi ad un fatto di cronaca famoso, inserendo nel contesto alcuni degli elementi di oggi, come la grande espansione delle reti sociali e della connettività tra persone e dei supporti che la rendono possibile.