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BERGAMO - Non ci sono più pattuglie di polizia e carabinieri a fare la ronda per le strade e anche di cronisti non se ne vedono più ormai da settimane. A tre mesi esatti dalla scomparsa di Yara Gambirasio, Brembate Sopra (Bergamo) è tornato ad essere un paese normale, dove in un certo senso la frenesia della vita quotidiana ha ripreso il sopravvento sulla paura. Sono passati novanta giorni da quella sera del 26 novembre. Erano più o meno le 18.40 quando la tredicenne, giovane promessa della ginnastica ritmica, è uscita dal palazzetto dello sport per tornare a casa. Da quel momento di lei si sono perse le tracce. Yara è scomparsa tra via Morlotti e via Rampinelli, lungo i 700 metri che portano dal centro sportivo alla sua abitazione.
Tre mesi dopo quella fredda sera d'autunno, gli interrogativi del primo giorno restano ancora senza risposta: dov'é Yara?, chi l'ha portata via? E soprattutto, perché? Polizia e carabinieri hanno ascoltato centinaia di persone, scandagliato la vita di amici e familiari, perlustrato palmo a palmo decine di chilometri quadrati di terreni, dalla Val Brembana, alla zona dell'Isola, fino alla Bassa Bergamasca. Il fiuto dei cani ha portato al gigantesco cantiere di Mapello (Bergamo), ispezionato a fondo per circa due settimane, attorno al quale sono state fatte mille ipotesi. Oggi quel cantiere non é più lo scheletro di cemento che appariva due mesi fa in televisione: i lavori proseguono a ritmo serrato e presto aprirà un centro commerciale. Le ricerche di Yara proseguono, ma non più tutti i giorni. Si aspettano segnalazioni utili, tra le tante - soprattutto anonime - che continuano ad arrivare alle forze dell'ordine. L'indagine va avanti senza novità; neppure gli attesi tabulati telefonici hanno dato i risultati sperati. Chi è venuto a portare via Yara, lo ha fatto prendendo tutte le precauzioni del caso.Ora gli inquirenti stanno passando di nuovo in rassegna le migliaia di pagine di documenti ed intercettazioni raccolte in queste settimane, sperando nel frattempo che qualcosa succeda. Non c'é una traccia, non c'é un movente, nulla che possa indirizzare il lavoro degli investigatori. Si è parlato di un maniaco, di una possibile ritorsione nei confronti del padre della ragazzina e di tanto altro ancora. Il caso sembrava chiuso già dopo una settimana, con l'arresto di un muratore marocchino, che poi si è rivelato estraneo alla vicenda. La verità è che le forze dell'ordine non hanno nulla in mano, neppure per poter formulare un'ipotesi credibile. "Ricerche e indagini proseguono, per noi è come se fosse il primo giorno", ha detto il questore Vincenzo Ricciardi. Intanto in paese le foto di Yara continuano a campeggiare sulle vetrine dei negozi e alle pensiline degli autobus: "E' calata l'attenzione mediatica, ma il pensiero della gente di Brembate Sopra c'é sempre - dice il sindaco Diego Locatelli -. C'é senz'altro la voglia e la speranza di avere una risposta, qualsiasi essa sia.Il paese sta comunque tornando alla normalità, anche se con le conseguenze di un episodio che ha lasciato il segno e che ci ha senz'altro fatto maturare". Parla di speranza anche don Corinno Scotti, parroco di Brembate Sopra: "La nostra è un'attesa fatta di ansia e di speranza, di preghiera e di silenzi prolungati. La tensione sta calando ed è normale che sia così, ma dobbiamo stare attenti a non considerare questo fatto come appartenente ormai al passato. I genitori di Yara? Non chiedo mai loro come stanno, perché sarebbe una domanda sciocca. Hanno comunque una forza, una dignità e una speranza enormi
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