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True Love. Terapia d’urto di un amore al cubo

Creato il 15 marzo 2013 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

TRUE_LOVE

L’amore è verità. Questo il dogma che ciclicamente ripete una voce robotica all’interno dei due container di cemento dove sono stati rinchiusi gli sposini novelli Jack e Kate. All’apparenza la coppia perfetta, felice e contenta. Ma chiusi nell’armadio ci sono scheletri tenuti in ombra troppo a lungo, che, se liberati, rischiano di sconvolgere la loro love story. Tradimenti insospettabili e segreti inquietanti verranno così a galla una volta che i due si ritroveranno coinvolti in una perversa terapia (d’urto) di coppia…

Secondo web movie prodotto da Rai Cinema per la sola fruizione internet in free streaming, True Love è un insolito thriller claustrofobico che parla d’amore in una chiave tutt’altro che romantica o smancerosa. Un esperimento, e uno spunto, interessante e nuovo, che sa farsi apprezzare seppur non riesca a tenere sempre alte le aspettative, i toni, la tensione. Diretto dall’italiano Enrico Clerico Nasino e interpretato da un cast di attori americani, è un film che fa dell’idea il suo punto di forza. Produzione low budget, risente di qualche mancanza, tra cui, in primis, un appeal  a corrente alternata che lo estromette dall’appellativo di “piccolo cult”. Pur essendoci, quindi, qualche sottrazione di troppo (non si vede una goccia di sangue neppure dal foro generato da un colpo di pistola), il regista cerca di colmare il colmabile con una regia che fa sentire la sua presenza: la macchina da presa c’è, gira su se stessa a 360 gradi fino a disorientarci, proprio come un abile croupier che sa nascondere l’asso nel mazzo di carte.

Le fonti d’ispirazione sono evidenti: un po’ The Cube e un po’ Saw – L’enigmista, con inserimenti da reality alla The Truman Show (flashback di vita vissuta spiati, immortalati e proiettati quando meno te l’aspetti). C’è quindi del “già visto”, che però prende forma e personalità proprio in virtù del tema di fondo: l’amore.

True love è pertanto un’opera non priva di smagliature, ma capace di trasformare un’esigenza, e un’idea, in un film di genere made in Italy (gli sceneggiatori sono gli italiani Fabio Guaglione e Fabio Resinaro) che dimostra come il cinema nostrano possa aprirsi alla contaminazione e generare qualcosa di nuovo, con una qualità migliorabile ma assolutamente buona, e ben più esportabile di tanti altri prodotti che continuamente vediamo nelle nostre (sempre meno frequentate) sale cinematografiche.

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