Ricordate Aldo Brancher, ministro per una notte? Condannato. 2 anni. E dire che Silvio pur di salvarlo se l’era inventate tutte compreso un ministero inesistente sorretto però da un vero giuramento di fronte al Capo dello Stato. Ricordate Claudio Scajola l’inconsapevole-ignaro-distratto ministro dello sviluppo economico a cui facevano regali anonimi casa compresa? Dimesso. Ricordate Nicola Sorrentino, sottosegretario all’economia con delega al CIPE nei confronti del quale i giudici di Napoli hanno spiccato un mandato di arresto? Dimesso da sottosegretario, ben saldo come onorevole ed esponente di spicco del Pdl campano. Avete presente Marcello Dell’Utri, senatore della repubblica e mentore dell’eroe Mangano? Condannato. 7 anni per mafia. Ancora senatore a piede libero. Avete presente Giacomino Caliendo, sottosegretario alla giustizia e impiccione di levatura mondiale, implicato negli scandali della P3? Saldamente al suo posto dopo una stretta di mano e una pacca sulle spalle di Silvio. E che dire di Denis Verdini, coordinatore del Pdl, inventore di Forza Italia, editore volontario e banchiere per volontà di Dio implicato in non si sa più cosa? Sta lì, immobile, fisso come una cariatide mentre l’impero crolla, la Banca d’Italia gli commissaria il suo Credito Fiorentino, e si scoprono tangenti, mazzette, corruzioni, depistaggi ma anche confessioni tendenti a scaricare le colpe sul Marcellino Mafia e Vino che dice: “nenti sacciu, nenti vitti, nenti ‘ntisi”, praticamente un eroe. E che dire dei sei (6) giudici della Corte Costituzionale “contattati” per il voto favorevole al lodo Alfano che, incuranti della “Carta” che dovrebbero tutelare la considerano “straccia”? Ci sarebbe poi il presidente della Corte di Milano Alfonso Marra, intimo e sodale della cricca P3, trasferito d’ufficio per incompatibilità ambientale al quale l’attuale (meno male ancora per poco) vicepresidente del Csm, era legato da dolce affetto. Ci viene da pensare che le poche “toghe rosse” ancora presenti sul palcoscenico giudiziario italiano siano sostanzialmente uguali ai loro colleghi inquisiti, l’unica differenza è che non si vendono facendo incazzare come una bestia Silvio e i suoi fedelissimi. Sembra passata un’eternità ma Guido Bertolaso, curata la fastidiosa cervicale, è ancora lì, al suo posto, un po’ meno mediaticamente invasivo, ma sempre lì sta. Il governo di Mr. B vacilla sotto i colpi di una giustizia che scopre i reati e li persegue pure, non dando il tempo allo stressantissimo Niccolò Ghedini di predisporre i provvedimenti per renderli inoffensivi. D’altronde, preso atto che, anche se colto sul fatto, Berlusconi se la cava sempre, i magistrati hanno deciso di interrompere la perversa catena di Sant’Antonio che regola il “Silvio-sistema”, cercando di smontargli qualche anello. La fregatura è che di anelli deboli ce ne sono talmente tanti che stare dietro a tutti è praticamente impossibile. Il governo di Silvio perde pezzi ogni giorno, con una puntualità inglese da tè delle cinque, come un cronometro svizzero non taroccato a Pechino, come le non notizie di Minzolini. Forse è per questo che, non accogliendo la “tregua” proposta da Gianfranco Fini, stasera dovrebbe esserci la danza dei lunghi coltelli. “Troppo tardi per resettare tutto”, ha detto con aria grave, e greve, Silvio a chi gli domandava come avesse preso la proposta finiana di una sospensione delle schermaglie. E l’Italia che fa? È ferma, e aspetta con una pazienza che sta rasentando la beatificazione a breve. Questo Paese è stato fermo per mesi intento a sistemare gli affari propri del Capo, ogni altro provvedimento non aveva alcuna importanza rispetto a quelli destinati a salvargli il culo. Poi è iniziata la bagarre con Fini e il Paese è ancora fermo ad aspettare come andrà a finire, con le truppe cammellate dell’informazione padronale intenta a dossierare il Presidente della Camera. Potremmo domandare a Silvio quando si deciderà a fare qualcosa per gli italiani ma, memori delle precedenti non risposte, anche stavolta Berlusconi ci racconterebbe la barzelletta di Mohamed Esposito. Gli unici che continuano imperterriti per la loro strada sono Sergio Marchionne, che sta devastando lo Statuto del lavoratori senza che nessuno gli impedisca di farlo, e Giulietto Tremonti. Forte del “patto del Toscano” con Bossi, il superministro dell’economia attende sulla riva del fiume che passi il cadavere di Silvio seguito da quelli di Bondi, Cicchitto, Bonaiuti e Capezzone. Al colmo dell’irritazione Silvio ha minacciato di ritirare lo “stravolto” ddl-bavaglio. Fosse vero i blogger ringrazierebbero ma purtroppo non lo è. Sta alzando il prezzo, come sempre, come il mercante che alberga in lui vittima di se stesso. Da imperatore a commerciante, dura la vita degli chansonnier.
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Tsunami Pdl. L’impero crolla, occhio all'armata delle tenebre.
Creato il 29 luglio 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Ricordate Aldo Brancher, ministro per una notte? Condannato. 2 anni. E dire che Silvio pur di salvarlo se l’era inventate tutte compreso un ministero inesistente sorretto però da un vero giuramento di fronte al Capo dello Stato. Ricordate Claudio Scajola l’inconsapevole-ignaro-distratto ministro dello sviluppo economico a cui facevano regali anonimi casa compresa? Dimesso. Ricordate Nicola Sorrentino, sottosegretario all’economia con delega al CIPE nei confronti del quale i giudici di Napoli hanno spiccato un mandato di arresto? Dimesso da sottosegretario, ben saldo come onorevole ed esponente di spicco del Pdl campano. Avete presente Marcello Dell’Utri, senatore della repubblica e mentore dell’eroe Mangano? Condannato. 7 anni per mafia. Ancora senatore a piede libero. Avete presente Giacomino Caliendo, sottosegretario alla giustizia e impiccione di levatura mondiale, implicato negli scandali della P3? Saldamente al suo posto dopo una stretta di mano e una pacca sulle spalle di Silvio. E che dire di Denis Verdini, coordinatore del Pdl, inventore di Forza Italia, editore volontario e banchiere per volontà di Dio implicato in non si sa più cosa? Sta lì, immobile, fisso come una cariatide mentre l’impero crolla, la Banca d’Italia gli commissaria il suo Credito Fiorentino, e si scoprono tangenti, mazzette, corruzioni, depistaggi ma anche confessioni tendenti a scaricare le colpe sul Marcellino Mafia e Vino che dice: “nenti sacciu, nenti vitti, nenti ‘ntisi”, praticamente un eroe. E che dire dei sei (6) giudici della Corte Costituzionale “contattati” per il voto favorevole al lodo Alfano che, incuranti della “Carta” che dovrebbero tutelare la considerano “straccia”? Ci sarebbe poi il presidente della Corte di Milano Alfonso Marra, intimo e sodale della cricca P3, trasferito d’ufficio per incompatibilità ambientale al quale l’attuale (meno male ancora per poco) vicepresidente del Csm, era legato da dolce affetto. Ci viene da pensare che le poche “toghe rosse” ancora presenti sul palcoscenico giudiziario italiano siano sostanzialmente uguali ai loro colleghi inquisiti, l’unica differenza è che non si vendono facendo incazzare come una bestia Silvio e i suoi fedelissimi. Sembra passata un’eternità ma Guido Bertolaso, curata la fastidiosa cervicale, è ancora lì, al suo posto, un po’ meno mediaticamente invasivo, ma sempre lì sta. Il governo di Mr. B vacilla sotto i colpi di una giustizia che scopre i reati e li persegue pure, non dando il tempo allo stressantissimo Niccolò Ghedini di predisporre i provvedimenti per renderli inoffensivi. D’altronde, preso atto che, anche se colto sul fatto, Berlusconi se la cava sempre, i magistrati hanno deciso di interrompere la perversa catena di Sant’Antonio che regola il “Silvio-sistema”, cercando di smontargli qualche anello. La fregatura è che di anelli deboli ce ne sono talmente tanti che stare dietro a tutti è praticamente impossibile. Il governo di Silvio perde pezzi ogni giorno, con una puntualità inglese da tè delle cinque, come un cronometro svizzero non taroccato a Pechino, come le non notizie di Minzolini. Forse è per questo che, non accogliendo la “tregua” proposta da Gianfranco Fini, stasera dovrebbe esserci la danza dei lunghi coltelli. “Troppo tardi per resettare tutto”, ha detto con aria grave, e greve, Silvio a chi gli domandava come avesse preso la proposta finiana di una sospensione delle schermaglie. E l’Italia che fa? È ferma, e aspetta con una pazienza che sta rasentando la beatificazione a breve. Questo Paese è stato fermo per mesi intento a sistemare gli affari propri del Capo, ogni altro provvedimento non aveva alcuna importanza rispetto a quelli destinati a salvargli il culo. Poi è iniziata la bagarre con Fini e il Paese è ancora fermo ad aspettare come andrà a finire, con le truppe cammellate dell’informazione padronale intenta a dossierare il Presidente della Camera. Potremmo domandare a Silvio quando si deciderà a fare qualcosa per gli italiani ma, memori delle precedenti non risposte, anche stavolta Berlusconi ci racconterebbe la barzelletta di Mohamed Esposito. Gli unici che continuano imperterriti per la loro strada sono Sergio Marchionne, che sta devastando lo Statuto del lavoratori senza che nessuno gli impedisca di farlo, e Giulietto Tremonti. Forte del “patto del Toscano” con Bossi, il superministro dell’economia attende sulla riva del fiume che passi il cadavere di Silvio seguito da quelli di Bondi, Cicchitto, Bonaiuti e Capezzone. Al colmo dell’irritazione Silvio ha minacciato di ritirare lo “stravolto” ddl-bavaglio. Fosse vero i blogger ringrazierebbero ma purtroppo non lo è. Sta alzando il prezzo, come sempre, come il mercante che alberga in lui vittima di se stesso. Da imperatore a commerciante, dura la vita degli chansonnier.
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