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Tu pensi di conoscere il fondo?

Da Flavialtomonte

Avete presente quando vi piace così tanto una frase da doverla scrivere anche se non ci azzecca niente? E’ il caso di: una notte insonne tra hamburger e salsicce che si rotolano nello stomaco e un bicchierino di Veneto che li tiene a galla, che riassume un po’ la scorsa serata, una di quelle serate in comitiva.
Anche comitiva è un termine che avevo voglia di scrivere per il suo fascino.

Come di questa scena che mi batte in testa da giorni:

in città, in uno di quei grandi mercati di frutta siti in spaziosi garage autonomi. In fondo a casse di angurie, meloni, pesche e grappoli di uva, ci sono le due fruttivendole dietro a un banco con una cassa rigorosamente grigia, sopra una scatola di legno con il cassettino dei guadagni.
Una batte i prezzi e l’altra riempie le buste.

Tu pensi di conoscere il fondo?
All’ora di punta c’è un boom di gente che palpa la frutta migliore e la porta rapidamente nelle buste trasparenti, fino alla cassa.
Dopo questa mezz’ora di kg e scontrini, finisce tutto e le fruttivendole si accasciano una sul bancone e l’altra sulla cassa.
Si guardano attorno, e si scambiano considerazioni importanti. Quasi sempre è di televisione che si parla.
Questa volta di una qualche strage di cui si è discusso molto in tv.
Con sguardo perso nel vuoto, la fruttivendola accasciata sul bacone tira un sospiro, esprime un forte disaccordo, che richiama l’attenzione dell’altra che, con l’atteggiamento del più saggio filosofo indiano d’altri tempi e con la stessa rapidità di un Superman appena uscito dalla cabina telefonica del centro, si pronuncia: «Emilia, tu pensi di conoscere il fondo, o te stessa?»


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