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Tunisia: diritti relazionali o uguaglianza assoluta?

Creato il 29 agosto 2012 da Giornalismo2012 @Giornalismo2012
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-Di Donatella Amina Salina

Alla fine dell’estate, a Dio piacendo, sarà definita da parte dell’Assemblea Costituente, in seno alla quale sono state elette molte donne, la Costituzione tunisina.
Da qualche tempo la stampa occidentale, che aveva lodato le primavere arabe, sta tornando ad avere una posizione critica verso i popoli islamici che si sono liberati dalle dittature ma non hanno assolutamente nessun motivo di abbandonare la loro (e nostra) religione per una secolarizzazione che escluda Dio dalla sfera pubblica.

Le donne tunisine, comprese le militanti islamiche di Ennahda, accettano democrazia, pluralismo, libertà scientifica e religiosa e diritti civili per tutti, atei compresi, ma si battono perché vengano riconosciuti i diritti della donna uguale all’uomo, nei diritti civili e nella vita pubblica, mantenendo la complementarità tra i sessi. Questo concetto, come molte di voi sapranno, è comunemente accettato in tutti i contesti culturali e nelle principali fedi monoteiste: ebraismo, cristianesimo e Islam, così come nell’induismo.
Nella Genesi, 2.24, viene posto il fondamento della famiglia composta da persone di sesso diverso che cooperano per migliorare la loro vita, quella dei propri figli e per realizzare i progetti di Dio; “L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne”. Questa espressione esiste anche nella tradizione islamica dove la donna è parte dell’uomo e viceversa, quindi non c’è subalternità se non ad Allah.

In riferimento all’esperienza della donna occidentale, il giornalista de “L’Avvenire” Francesco d’Agostino scrive: “Dovremmo ormai aver definitivamente capito che i diritti umani non vanno mai rivendicati come individuali, ma sempre come relazionali. Dovremmo quindi convincerci che soprattutto nelle società occidentali avanzate il tema della complementarietà uomo–donna va rivitalizzato e riproposto come la chiave essenziale per tornare a tematizzare in modo sensato gli equilibri interni dell’esperienza familiare. In un momento storico come quello attuale in cui, quando si parla di famiglia, sembra che non si sappia più esattamente di cosa si parla, l’idea di complementarietà potrebbe tornare a rivelarsi particolarmente preziosa.”

E ancora nel Nuovo Testamento si legge “Non può l’occhio dire alla mano: non ho bisogno di te; né la testa ai piedi: non ho bisogno di voi. Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie” (1 Cor 12,21-22). Così la chiesa e la famiglia sono le membra dello stesso corpo che per funzionare necessita di tutti gli organi. Ciò rimanda ad una concezione dei diritti umani sempre relazionali che fa infuriare le laiciste a tutte le latitudini affermando che secondo loro nella complementarietà la donna da sola non esiste. Il dibattito e tuttora e in corso, questo è il testo provvisorio dell’art. 28 che potrebbe essere emendato dall’Assemblea Costituente stessa: «Lo Stato garantisce la protezione dei diritti della donna e delle sue conquiste — nella famiglia secondo il principio della complementarietà con l’uomo, e nello sviluppo del Paese al suo fianco.» «Ancora è solo uno schizzo, un pre-progetto», si difende Mahrzya Laabadi, deputata di Ennahda e vicepresidente dell’Assemblea Costituente, «che va letto nel contesto di altri articoli, come il 22, che dichiara uomini e donne uguali davanti alla legge».

Mahrzya accusa gli altri partiti di fomentare la divisione ideologica tra le donne, mentre quello che serve è un dibattito scevro da ideologie, tanto più davanti alle minacce dei salafiti radicali che rifiutano per principio la libertà d’espressione. L’Islam non accetta la guerra tra i sessi, ed è contraria a qualsiasi rapporto di potere. L’uomo e la donna, ciascuno nel proprio ambito, concorrono alla formazione della famiglia con ruoli definiti formando un insieme perfetto. L’Islam, ad esempio, codifica il diritto al lavoro per la donna, tuttavia per lei non è un dovere ma una facoltà, a differenza dell’uomo. Del resto il compito di trasmettere la cultura, i valori e l’educazione presuppone un alto di livello di conoscenza e di consapevolezza e spetta prevalentemente alla madre.

La complementarietà tra i sessi può essere praticata nella vita familiare anche attraverso una società che riconosca fortemente il ruolo della donna come lavoratrice, come moglie e come madre. Purtroppo se è vero che, ad esempio, la chiesa cattolica sostiene questo principio a tutti i livelli, quando si tratta di culture diverse da quella occidentale riemergono i vecchi pregiudizi, come se la donna musulmana dovesse essere sempre messa sotto tutela.


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