Poche settimane prima delle elezioni presidenziali, si apre un nuovo capitolo nello scontro tra la leadership turca e gli organi inquirenti. Decine di poliziotti, tra cui alti ufficiali, sono stati arrestati con l’accusa di aver spiato e intercettato illegalmente il premier, Recep Tayyip Erdogan, e la sua cerchia ristretta.
Il primo ministro turco, Recep Erdogan (balkaninside.com)
L’accusa denuncia che sono state usate intercettazioni come pretesto per ascoltare Erdogan. Sono stati eseguiti arresti in 22 province e tra i fermati ci sono anche funzionari coinvolti in un’inchiesta di corruzione in ambito governativo che a dicembre portò alle dimissioni di quattro ministri. Secondo l’accusa, i sospettati avrebbero usato un’inchiesta su un presunto gruppo terroristico come pretesto per ascoltare le telefonate di Erdogan, di ministri e del capo dell’intelligence.
Per gli arrestati si tratta di una “manovra politica in vista delle presidenziali”. L’ex capo dell’anti-terrorismo di Istanbul, Yurt Atayun, portato via in manette, ha sostenuto che si tratta di una manovra politica in vista delle presidenziali, in cui l’attuale premier è il favorito. Il procuratore capo Hadi Salihoglu ha difeso l’iniziativa, specificando che sono stati spiccati mandati d’arresto per “76 poliziotti che stavano indagando su un gruppo chiamato ‘selam-tevhid’, ma il cui vero obiettivo era spiare”.
I giochi di potere in Turchia degli ultimi mesi. L’inchiesta sulla formazione terroristica, che ha preso nel mirino 251 persone, è stata chiusa per mancanza di prove dopo che in tre anni sono state intercettate 2.280 persone. Mandati di arresto sono stati spiccati anche nei confronti di altri 39 sospetti accusati di aver intercettato circa 250 persone, tra cui deputati, giudici, giornalisti e funzionari dello Stato. Già alla metà di giugno, la polizia aveva arrestato 11 persone, tra cui l’ex alti funzionari del governo, con l’accusa di aver intercettato e spiato il premier. La nuova ondata di arresti è stata descritta dai media turchi come un attacco alla “struttura parallela” all’interno dello Stato, una formula già usata da Erdogan mesi fa in occasione del primo scandalo per corruzione. Allora, il premier accusò apertamente il potente predicatore islamico Fethullah Gulen, autoesiliato negli Stati Uniti, di essere la mente dietro il complotto. (AGI)