Dopo aver fatto piazza pulita di poliziotti e magistrati scomodi, la purga di Recep Tayyip Erdoğan si abbatte su Internet e solleva la reazione “preoccupata” dell’Unione Europea.
Il premier turco, Recep Tayyip Erdoğan (blogs.reuters.com)
Il Parlamento ha approvato una legge che aumenta il controllo dello Stato sulla Rete, consentendo al governo di bloccare gli accessi ai siti senza l’autorizzazione della magistratura se vengono verificati commenti contenenti “insulti”. Il provvedimento aveva sollevato le critiche dell’opposizione e dei gruppi che si occupano di diritti civili, che oggi tornano a parlare di “metodi tipici dei colpi di Stato”. Si è fatta sentire anche l’Unione Europea, con cui Ankara ha un negoziato in corso dal 2007 per l’integrazione.
“La legge”, ha affermato Peter Stano, portavoce della Commissione – suscita qui gravi preoccupazioni” e “va rivista secondo gli standard europei. Ciò che l’opinione pubblica turca merita è più informazione, più trasparenza, e non più retrizioni”. La legge – che deve ancora essere firmata e promulgata dal presidente, Andullah Gul – intensifica la stretta già in corso sulla Rete, ma finora limitata ai siti ritenuti contigui al terrorismo curdo. La nuova normativa dà alle autorità di telecomunicazione il potere di chiedere e ottenere dai provider i dati personali dei titolari dei siti bloccati.