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Tutele maggiori o tagli maggiori verso il lavoro usurante? #lasvoltamancata

Creato il 26 dicembre 2014 da Alessandro @AleTrasforini
Quali forme di tutela dovrebbe/potrebbe impiegare uno Stato di diritto per i cittadini che praticano i cosiddetti lavori usuranti?
Attraverso quali voci si può identificare e circoscrivere, anche se in maniera impropria, un lavoro definibile come usurante?
Per rispondere a questa domanda è possibile attingere al sito dell'INPS, definendo requisiti sia oggettivi che soggettivi per la definizione di lavoro usurante. Formalizzando il tutto, è possibile leggere quanto sinteticamente riportato nel seguito:
"[...] Requisito soggettivo:
Lavoratori impegnati nelle seguenti mansioni particolarmente usuranti:
1. lavoratori impegnati nelle seguenti mansioni [...]:
  • "Lavori in galleria, cava o miniera": mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità;
  • “lavori nelle cave”, mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e   ornamentale;
  • “lavori nelle gallerie”, mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità;
  • “lavori in cassoni ad aria compressa”;
  • “lavori svolti dai palombari”;
  • “lavori ad alte temperature”: mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di seconda fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale;
  • “lavorazione del vetro cavo”: mansioni dei soffiatori nell’industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio;
  • “lavori espletati in spazi ristretti”, con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuamente all’interno di spazi ristetti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture;
  • “lavori di asportazione dell’amianto”: mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità.

2. lavoratori notturni che possano far valere una determinata permanenza nel lavoro notturno, con le seguenti modalità:
  • lavoratori a turni, che prestano la loro attività di notte per almeno 6 ore, comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, per un numero minimo di giorni lavorativi annui non inferiore a 78 per coloro che perfezionano i requisiti per l’accesso anticipato nel periodo compreso tra il 1° luglio 2008 ed il 30 giugno 2009, e non inferiore a 64, per coloro che maturano i requisiti per l’accesso anticipato dal 1° luglio 2009;
  • lavoratori che prestano la loro attività per almeno 3 ore nell'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, per periodi di lavoro di durata pari all'intero anno lavorativo.

3. lavoratori addetti alla c.d. “linea catena”, ovvero i lavoratori alle dipendenze di imprese per le quali operano le voci di tariffa per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro gestita dall’Inail, impegnati all'interno di un processo produttivo in serie, con ritmo determinato da misurazione di tempi, sequenze di postazioni, ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall’organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attività di regolazione o controllo computerizzato delle linee di produzione e al controllo di qualità;
4. conducenti di veicoli pesanti, di capienza complessiva non inferiore ai nove posti compreso il conducente, adibiti a servizi pubblici di trasporto. [...]"
(Fonte: Lavori usuranti, Inps.it, http://www.inps.it/portale/default.aspx?itemdir=9652)
Risulta pertanto oggettivo riconoscere che, in termini espliciti, l'insieme di lavori usuranti precedentemente sintetizzati concorre a definire strutturalmente un regime di tutela che, quantomeno a rigor teorico, dovrebbe essere enormemente tenuto in considerazione.
Soprattutto in momenti di crisi, infatti, è purtroppo possibile il verificarsi che una lunga serie di lavori reputati non usuranti venga trascinata al confine di usura fisica e mentale per una altrettanto lunga serie di ragioni possibili: scarsità di personale disponibile ed assumibile, bisogno di liquidità che vincoli il lavoratore ad un rapporto di lavoro dilatato (o dilatabile) nel tempo ma non nella retribuzione, [...].
Sono moltissime le categorie e le sfumature che rendono un lavoro, appunto, definibile come usurante. Con l'usura fisica e mentale, nel tempo, possono teoricamente subentrare una lunga serie di complicazioni psico-fisiche non certo indifferenti: inevitabile rischio di crollo degli indici di produttività, aumento della probabilità di incorrere in malattie professionali più o meno invalidanti, [...]. Sono altrettante le complicazioni più o meno permanenti a cui un lavoratore adibito a condizioni usuranti può andare incontro.
Molte delle voci sopra scritte riportano infatti di ingenti fattori di rischio che possono, oggettivamente, compromettere in maniera anche pesante e definitiva lo stato di salute del lavoratore. Si hanno, giusto per fare qualche esempio possibile, alcune voci abbastanza critiche:
  • ambienti di lavoro sotterranei;
  • ambienti di lavoro con dispersioni anche elevate di amianto;
  • ambienti di lavoro con materiali sottoposti a fusione e/o a lavorazione ad elevate temperature; 
  • ambienti di lavoro che prevedano l'impiego di aria compressa e/o di sostanze da mantenere in pressione costante; 
  • lavoratori notturni o quantomeno con turni di lavoro scarsamente abitudinari e standardizzati;
  • lavoratori sottoposti ad attività ripetitive, quali ad esempio catene di montaggio e linee produttive industriali;
  • conducenti di veicoli pesanti e/o adibiti a servizi di pubblico trasporto. 

Questi sono solo alcuni degli esempi possibili di lavoratore sottoposto ad attività usurante.
Attività usurante che, in tempo di crisi, rischia fortemente di alimentare la propria pericolosità ed il relativo pericolo di minare la salute del lavoratore addetto allo svolgimento di tale mansione. Come potrebbe finire, alla luce delle possibili complicazioni, l'esistenza lavorativa di una persona sottoposta frequentemente (od integralmente, in tutta l'età lavorativa) ad attività di tipo usurante?
Esistenza lavorativa che, specialmente dopo una certa età, finisce inevitabilmente per coincidere con l'esistenza vitale e consapevole di un individuo.
Uno Stato di diritto, specialmente in un momento di crisi socio-economica nel quale la natura stessa del lavoro venga sottoposta ad inevitabile erosione o ridiscussione, dovrebbe preservare e conservare ai primi posti di tutela la necessità di salvaguardare le persone sottoposte quotidianamente ad attività classificabili come di tipo usurante. Potrebbe, altresì, conservare o quantomeno lasciare inalterate le condizioni di "sicurezza" agli stessi applicate. Consentendo loro, ad esempio, di accedere ad un pensionamento anticipato o quantomeno agevolato a certe condizioni legislativamente fissate. Sembra essere (purtroppo) questo, in termini estesi, un aspetto disatteso dalla Legge di Stabilità varata dal Governo presieduto da Matteo Renzi. Andando ad approfondire infatti la questione, è possibile attingere ad un articolo de L'Espresso scrivendo quanto segue:
"[...] Il taglio è nascosto al sesto comma dell’articolo 45 della legge di Stabilità. A partire dal 2015, perderà 150 milioni l’anno lo speciale fondo creato per finanziare il pensionamento anticipato dei dipendenti impegnati in attività usuranti (lavoro notturno continuativo, alle catene di montaggio, in ambienti sotterranei o ristretti). [...]"
(Fonte: Lavoratori, prima usurati poi beffati, L'Espresso, http://espresso.repubblica.it/archivio/appoggio/2014/12/26/news/lavoratori-prima-usurati-poi-beffati-1.193321?ref=HEF_RULLO)
Andando ad approfondire la questione, è possibile effettuare una rilettura critica del comma richiamato e sotto riportato in maniera integrale:
"[...] All’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, le parole: « e 383 milioni di euro a decorrere dal 2013 » sono sostituite dalle seguenti: « , 383 milioni di euro per gli anni 2013 e 2014 e 233 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015 ». Il Fondo di cui all’articolo 1, comma 3, lettera f), della legge 24 dicembre 2007, n. 247, è ridotto di 150 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2015. [...]"
(Fonte: Legge di Stabilitàhttp://www.pmi.it/wp-content/uploads/2014/11/Legge_Stabilita_20151.pdf)
In altre parole, pertanto, è stata prevista la decurtazione dei fondi relativi al pensionamento anticipato dei dipendenti impegnati in attività usuranti per gli anni a partire dal 2015. Questo taglio formalmente economico va a completare un quadro legislativo pre-esistente e parzialmente ripreso dall'emendamento precedentemente citato:
  • Legge 24 dicembre 2007 - n°247, ripresa e consultabile al riferimento seguente: http://www.camera.it/parlam/leggi/07247l.htm
  • Decreto Legislativo 21 aprile 2011 - n°67, ripresa e consultabile al riferimento seguente: http://www.dplmodena.it/leggi/67-2011%20decreto%20legislativo.pdf

Il quadro contemplato dai due corpus legislativi prevedeva, in termini reali, la costituzione di un fondo che avesse lo scopo dichiarato di favorire il pensionamento eventualmente anticipato di lavoratori impiegati nelle attività usuranti precedentemente citate.
Tale fondo era stato riassunto ed esplicato, in termini normativo-politici, dalle citazioni riprese nel seguito:
  • "[...] 3. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, al fine di concedere ai lavoratori dipendenti che maturano i requisiti per l’accesso al pensionamento a decorrere dal 1º gennaio 2008 impegnati in particolari lavori o attività la possibilità di conseguire, su domanda, il diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: [...] f) assicurare, nella specificazione dei criteri per la concessione dei benefìci, la coerenza con il limite delle risorse finanziarie di un apposito Fondo costituito, la cui dotazione finanziaria è di 83 milioni di euro per il 2009, 200 milioni per il 2010, 312 milioni per il 2011, 350 milioni per il 2012, 383 milioni a decorrere dal 2013; [...]" (Fonte: Legge 247 - 24/12/2007)
  • "[...] 1. Agli oneri di cui al presente decreto legislativo, valutati in 312 milioni di euro per l'anno 2011, 350 milioni di euro per l'anno 2012 e 383 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013 si provvede a valere sulle risorse del Fondo di cui all'articolo 1, comma 3, lettera f), della legge 24 dicembre 2007, n. 247, appositamente costituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. [...]" (Fonte: Decreto legislativo 67 - 21/12/2011)

In altri termini, pertanto, era stato predisposto un fondo che potesse disporre a regime di circa 400 milioni di Euro per la tutela pensionistica dei lavoratori sottoposti ad attività usuranti. Il percorso che aveva condotto alla costituzione del presente fondo è riportato in maniera sintetica dal medesimo articolo de L'Espresso precedentemente citato:
"[...] Sul provvedimento istitutivo del fondo, voluto dal governo Prodi e condotto in porto dopo sette letture parlamentari nell’arco di 27 mesi dal successivo esecutivo di centrodestra, si è però innestata la riforma delle pensioni targata Elsa Fornero (governo Monti), che ha introdotto una serie di paletti molto stringenti per l’accesso dei lavoratori al beneficio. [...]"
Su questa sponda pare essere intervenuto, purtroppo in maniera forse tanto peggiorativa quanto poco ponderata e pesata, il Governo Renzi con il provvedimento precedentemente sintetizzato dal pezzo sopra richiamato: sembra si sia provveduto, in sintesi, ad una decurtazione nelle previsioni di finanziamento pari a (383 - 233) milioni di Euro a partire dall'anno 2015.
Si tratta, in altre parole, di un provvedimento capace di estirpare circa 150 milioni di Euro a partire dall'anno 2015.
Di fronte a tale questione, possono purtroppo emergere moltissime domande: sarà previsto un correttivo in altre disposizioni legislative?
Si tratta di previsioni di spesa prese con studi di fattibilità e/o programmi precedentemente valutati?
Quanta percentuale di tale fondo era già stata impiegata e valutata negli anni precedenti?
Quante e quali previsioni sono state svolte, nel rispetto di malattie professionali la cui insorgenza ed "incubazione" sembrano purtroppo essere estremamente lontane nel tempo e, per questo, non estremamente calcolabili e pronosticabili?
Si potrebbero fare domande anche su questo punto infinite, per una ragione tanto semplice quanto (forse?) sottovalutata: le cosiddette fasce deboli di una società non dovrebbero vedere esaurite e/o minimizzate le loro tutele e salvaguardie. A maggior ragione se in un momento di gravissima crisi socio-economica. Possono esistere altre ragioni adottate per ottemperare ad un taglio così consistente su un tema tanto radicale e radicalmente sentito? L'articolo de L'Espresso suggerisce, a questo proposito, un'interpretazione tanto radicale quanto semplicistica.
Tanto semplicistica quanto, forse, non completamente sbagliata:
"[...] invece di allentare i vincoli, il governo Renzi, sempre a caccia di soldi per mantenere le tante promesse fatte, ha tagliato il fondo."
Si attendono spiegazioni, correttivi e/o radicali cambiamenti ad una decisione che imprime un (ulteriore?) arretramento alla natura consistente di certi provvedimenti finalizzati al riabilitare uno Stato come l'Italia da una radicale crisi socio-economica senza precedenti.
TUTELE MAGGIORI O TAGLI MAGGIORI VERSO IL LAVORO USURANTE? #LASVOLTAMANCATA Fonte immagine: gazzettadellavoro.com

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