Tutti al mare
Creato il 19 maggio 2012 da Francy
Oggi arriviamo in spiaggia e ci piazziamo al sole. In bikini. Le più audaci sfoggiano bikini ini e taluni l’inverno trascorso in palestra. Stendiamo un telo sul lettino e, chi più chi meno, ci rosoliamo al sole. Entriamo in acqua e facciamo un bagno.
Il mare fa bene. Lo provò per la prima volta un medico di Londra, tale Richard Russel, a metà del Settecento. Il mare incuteva timore ma le convincenti teorie dell’esimio dottore e il bagno reale di Sua Maestà Giorgio III lo sdoganarono. Mr. Russel affermava che giovava alla salute respirarne l’aria, soggiornare sulla costa, berne l’acqua e immergersi in essa
Ma come convincere le persone a bagnarsi, dopo che per secoli avevano rifuggito l’acqua? Come innescare l’amicizia con le onde senza che si sporcassero di sabbia e sale abiti e calzature? Inventarono le bathing machines,cabine in legno su ruote che venivano spinte in acqua o trascinate dentro da cavalli. All’interno vi erano delle scalette che permettevano la discesa tra flutti tranquilli e discreti, così da potersi permettere anche un bagno adamitico. Nacquero e si diffusero rapidi gli stabilimenti sul mare ai quali si accedeva tramite un pontile in legno che partiva dalla spiaggia. Si andava da quelli spartani interamente in legno a quelli raffinati e lussuosi che videro il loro massimo splendore sul finire dell’Ottocento. Il primo in Italia sorse a Livorno nel 1781, poi toccò a Viareggio nel 1828, a Rimini nel 1843 e così via. Alcuni si svilupparono orizzontalmente, come avvenne lungo l’Adriatico; altri verticalmente, in Toscana e in Liguria. Offrivano ristoro, svago e cure idroterapiche. Consigliate a tutti, ma in particolare ai bambini per la prevenzione del rachitismo, i bagni di sole e di mare raggiunsero il culmine della popolarità in epoca fascista, quando il duce non faceva che nuotare e Claretta si mostrava provocante nel suo costume. I costumi, per l’appunto. A metà Ottocento, in determinati orari, gli uomini si tuffavano nudi, ma presto intervennero severi regolamenti a rivestirli con mutandoni fino alle ginocchia. Alle donne fu permesso di raggiungerli, pur separatamente, in mutandoni lunghi fino alle caviglie, gonnellino e cintura. Purtroppo e per fortuna il tessuto dei costumi castigati, così voluti dagliinflessibili regolamenti comunali, era il cotone che una volta bagnato diventava trasparente e aderiva al corpo scatenando la fantasia. Ecco che si spiavano! Le signorine gridavano in presenza di uomini, oh oh!, sorpresi nudi, ma allora, si chiedevano alcuni, perché non se ne tengono a debita distanza? E gli uomini non perdevano di vista le cabine da cui entrava e usciva il gentil sesso. Oggi arriviamo in spiaggia e ci sdraiamo al sole in costume più o meno succinto e entriamo in acqua. Ci guardiamo, ci spiamo ancora come allora? Probabilmente sì, ma la curiosità all’epoca era maggiore, la potremmo definire morbosità. Il desiderio galoppava, eros era in gran forma, e poi non ci si ritrovava al bar ma in uno splendido stabilimento sul mare.A Pesaro sorse nel 1853, ma giunse al suo culmine nel 1903. Vi si poteva addirittura alloggiare. Al piano inferiore c’era un bar, sì c’era, come oggi; e un medico che visitava e proponeva un ciclo di cure appropriato. La mattina era frequentato da chi desiderava bagnarsi, ma durante il pomeriggio veniva raggiunto dalle signore e dai loro mariti. Le fanciulle si ritiravano a leggere romanzi e a ricamare. Tra esse palpitavano cuori in attesa di una dichiarazione d’amore e di una promessa di matrimonio sotto gli sguardi severi e intransigenti delle madri, mentre l’aria risuonava delle risate delle comitive di giovanotti che cercavano proprio quelle fanciulle, certi che le avrebbero trovate e avvicinate nonostante i divieti.
VI RICORDATE LE VOSTRE VACANZE AL MARE DI TANTI ANNI FA? QUANTO SONO CAMBIATE DA QUELLE ATTUALI?
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