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Tutti al supermarket della politica

Creato il 24 gennaio 2013 da Nicola Spinella @ioparloquantomi

Partiti, partitini, partitucoli: ad esser cambiato, fino ad oggi, è unicamente il lessico e le modalità con cui il marketing si interessa di politica. Talk show come vetrine, ideali in saldo maneggiati da commercianti senza scrupoli di consenso popolare. E il centrodestra naviga in pessime acque. Perché Berlusconi non ha capito che…

Urla, insulti, attacchi velati. Ciascuno seguendo il proprio stile, parte di un copione che ha un po’ stancato. La forma può variare, la sostanza purtroppo non riesce nel tentativo. Nei mesi scorsi si è fatto un gran parlare di “offerta politica”: anche la scelta lessicale non è certo delle più felici, tende a ricondurre all’ambito squisitamente economico quel che invece dovrebbe essere momento di dibattito, studio, incontro di opinioni per pervenire alla scelta migliore nell’esclusivo interesse della cosa pubblica.

Ce n’è per tutti i gusti: il palazzinaro che lo fa per il paese, il comunista pentito, il professore che dovrebbe prendere ripetizioni e ha alle spalle la Chiesa. Ma anche il giornalista, il comico, l’ex magistrato che prova a cambiare il sistema.

Le scaramucce, in campagna elettorale, sono sempre quelle. Valgono poco, perché le campagne elettorali sono come le guerre: creano strani compagni di letto. Non apparirà quindi strano che Bersani, che rischia di vedere la propria popolarità messa a dura prova dai guai dell’MPS, guarda verso quel Monti artefice di uno dei governi più discussi degli ultimi trent’anni. Ma, tanto per spazzar via il vecchio, consideriamo la campagna elettorale del mattacchione della politica italiana, l’alchimista del sondaggio su commissione, l’amante delle giovani donne credibile come le apparizioni di Elvis al Flamingo di Las Vegas.

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Berlusconi non predilige i casinò perché è più avvezzo ai casini, intesi nel senso merlinesco del termine o, se preferite, in quello giudiziario. Ciò non gli impedisce tuttavia di tediare continuamente i pochi irriducibili pidiellini rimasti, svendendo loro il sogno di un’improbabile rimonta nei confronti. Ad ogni ora, in ogni trasmissione televisiva non perde l’occasione di mostrare il suo volto finto e plasticato, in cui sono facilmente riconoscibili le menzogne che propina ai telespettatori. Più che un ex premier, si dà arie da televenditore svampito, sembra un cabarettista consumato: gli mancano solo i baffi ed il respiro affannoso di Roberto da Crema, più parla, più cerca di convincere sé stesso di non aver smarrito quel carisma televisivo che lo ha contraddistinto nell’ultimo ventennio.

A ben vedere però, l’attuale scempio propinato dai talk show di approfondimento politico, è proprio opera e merito suo. Non possiamo non riconoscere al Cavaliere il merito di aver lanciato la tv commerciale in Italia, e adesso fanno tutti a gara per averlo perché Berlusconi significa audience, ed audience significa contratti pubblicitari a prezzi decisamente allettanti, Santoro ne sa qualcosa.

Ma è una logica che non paga: il Silvio nazionale sta perdendo palesemente terreno sulla rete, quella creatura che, nel bene e nel male, va osannando e promuovendo Grillo e Rivoluzione Civile, campo in cui i militanti del centrodestra non riescono a muoversi come il loro leader fa in tv. Il consenso del PdL in rete è prossimo allo zero, e questo potrebbe costar caro a tutto lo schieramento in termini di preferenze, in quella che sembra essere la prima campagna elettorale in cui è più la rete che non la tv a creare il consenso.

Va bene Santoro, va bene Vespa, passi pure per la D’Amico: il piccolo schermo potrebbe non bastare al centrodestra, troppo frantumato ed in preda ad una lotta intestina tra forzisti ed ex AN riciclatisi nella lista “Fratelli d’Italia”. Pessima la mossa di La Russa: ha scelto il verso di una canzone che nessuno canta, per dar nome ad una lista che potrebbe faticare a raggiungere il 2%, che andrebbe ovviamente sottratto ai potenziali elettori del PdL in una caccia al voto che segnerebbe la rottura definitiva nell’ambito del centrodestra italiano. Con un po’ di ironia ci si potrebbe chiedere cosa ci facciano “Fratelli d’Italia” e la “Lega Nord” nella medesima coalizione. Magari l’autoradio di La Russa funziona poco bene, e l’ex AN non ha ascoltato bene il testo dell’inno…

Lo stile comunicativo della maggior parte degli esponenti del PdL è il medesimo: qualora l’interlocutore li metta in difficoltà, basta sparare a raffica una serie di parole e di argomenti senza prender fiato. Ricordate Berlusconi che contestava le condanne a Travaglio? Ometteva colpevolmente il dettaglio delle sentenze civili, che condannavano il giornalista a pagare un risarcimento: il messaggio che passa è di un Travaglio criminale, i tempi della tv non permettono repliche immediate e “Berlusconi mette a tacere Travaglio”. Con l’artifizio e la menzogna il Cavaliere sferra un colpo che non ammette repliche immediate. Chapeau, per qualche minuto la frase più cercata su Google è stata “condanne penali Marco Travaglio” ed il risultato è stato il laconico “La ricerca di … non ha prodotto risultati in nessun documento”.

Sbugiardato ancora una volta, il Cavaliere.

Anche Monti, il ragioniere che prova a dotarsi di un volto umano, ha scelto una strategia ben precisa e pensata per lui dal guru di Obama, Dave Axelrod, che gli suggerisce di attaccare frontalmente l’avversario del PdL senza tralasciare l’insignificante spessore del candidato premier Angelino Alfano, pesantemente sbeffeggiato nel corso della trasmissione di Giovanni Floris. Monti in rete è ancora meno credibile di Berlusconi: riporta sul virtuale quella distanza dal popolo che lo contraddistingue nella vita di tutti i giorni. Ma il bocconiano ha una marcia in più, che potrebbe ovviare anche alla fisiologica perdita di consensi derivante dall’alleanza con Fini e Casini, due cariatidi che speriamo di poter consegnare presto alla storia. Il valore aggiunto, per il professor Monti, è certamente quell’Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio, da molti considerato una sorta di Ministro degli Esteri del Vaticano in seno all’ultimo esecutivo. Con queste credenziali, non sorprenderà se gli ambienti ecclesiastici saranno zelanti nel ricambiare il favore che il professore fece a suo tempo, riservando alla Chiesa un trattamento di favore in merito al pagamento dell’IMU.

Va da sé che, in siffatto panorama, la credibilità politica sia appannaggio di pochi gruppi davvero innovativi. Ingroia è artefice di un rinnovato spirito sociale, proponendosi come l’alternativa alla sinistra malata di Bersani, quella che ha dimenticato le proprie origini ed è pronta a schierarsi al fianco dei banchieri pur di governare. A nulla valgono gli attacchi che l’ex pm antimafia riceve quotidianamente dal centrodestra, che lo accusa di essere un giustizialista, e da altri schieramenti che non vedono di buon occhio il suo impegno politico. Perché un magistrato non dovrebbe far politica. Una cantante, un presentatore tv, una escort invece potrebbero dare al paese quella spinta di cui ha bisogno per ripartire.

Anche Grillo e Giannino (Fare, fermare il declino) rappresentano una nuova offerta politica. Populista la prima, liberista la seconda. In entrambi i casi facce pulite che avranno (speriamo!) il compito di non far rimpiangere i Dell’Utri e i Cosentino. Grillo lo conosciamo bene: è un comico, fa il comico, lancia un messaggio che può essere distorto a piacimento dai detrattori. Non è un politico e presta troppo il fianco agli attacchi degli avversari. Giannino è la prova lampante che, in questo paese, competenza e preparazione non servono se non corredati da un bel paio di tette. Anzi, in quel caso, sono persino superflue. La competenza e la preparazione, s’intende! Troppo forbito per un popolo che fino a pochi mesi fa faceva i conti col cielodurismo bossiano.

I giochi son tutt’altro che fatti: il PdL guadagnerà qualche punto da qui al mese prossimo, ma l’impressione dominante è che difficilmente tutta la coalizione di centrodestra possa arrivare al 25-26%, a meno di sconvolgimenti difficilmente pronosticabili.

Intanto gli Scilipoti,i Razzi, i Minzolini rischiano di essere eletti, vanificando ogni speranza in merito ad un rinnovamento che giace in fondo ad un pozzo di cui non vediamo il fondo.


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