Piero Manzoni, Opera n°47 – 1961
Perché parlarne fa bene alla pelle e aiuta la tua naturale regolarità.
OK, lo ammetto, può sembrare un argomento… di merda. Ma in realtà se non fosse considerato un tabù così grande nella società contemporanea occidentale e occidentalizzata, sarebbe veramente interessante sviscerare… l’argomento. Insomma, oltre ai più svariati riferimenti sull’equilibrio intestinale di ognuno, ci sarebbero numerose riflessioni da fare sui significati culturali legati alla cacca.
Lo so, starete pensando “ma da dove gli vengono ‘ste idee di… merda!” Ma come avrete notato esistono diversi modi di dire associati alla cacca e alle cacche.
Per esempio i francesi usano la parola “merd” come intercalare, esattamente come noi usiamo cazzi e minchie. Perché? Non lo so, ma sarebbe interessante saperlo. Passando gran parte del mio tempo in Francia, nell’ultimo anno, spesso mi sono chiesta se quando pronunciano la suddetta parola, pensano ad una cacca in particolare o piuttosto al concetto di cacca generico, diciamo all’idea platonica di cacca.
In effetti esistono diversi tipi di cacche:
La cacca dura e regolare: quella che ci rassicura!
La cacca verde e più molliccia, legata soprattutto ai vegetariani… e alla tazza;
La cacca colorata del colore di ciò che abbiamo mangiato il giorno prima, che chiamerei “cacca rimembrante”;
Poi c’è la temutissima cacca sciolta, che tutti, purtroppo, conosciamo;
La cacca che non tanto puzza (e che ci auguriamo di fare soprattutto quando siamo ospiti di qualcuno o ci troviamo in un luogo pubblico) e la cacca che puzza moltissimo e ci fa vergognare (o vantare, se sei un ragazzo di circa un metro e novanta, di ventisei anni, che la fa regolarmente due volte al giorno)
C’è la cacca che galleggia (che pare non sia tanto buona perché è sintomo di una dieta troppo piena di lipidi) e la cacca che si piazza sul fondo e proprio non vuole andare giù (troppo ricca di fibre?).
C’è la cacca-flash e c’è chi approfitta della cacca per prendersi un po’ di tempo per sé, per leggere un buon libro, una rivista, per fare le parole crociate o semplicemente per riflettere.
C’è la cacca vergognosa, che ci fa stare male, o, talvolta è un sintomo di qualche disequilibrio emotivo o mangereccio
C’è la cacca brontolosa e quella silenziosa. Insomma, l’elenco sarebbe ancora troppo lungo.
I contadini usavano la cacca come fertilizzante, mentre in alcune culture viene utilizzata per costruire addirittura delle semplici abitazioni, in mancanza di altra materia prima.
La cacca, inoltre, può portare fortuna o sfortuna, a seconda delle situazioni. Tra gli artisti (anche tra i dilettanti) prima di uno spettacolo si usa fare un piccolo rito scaramantico: tutti si stringono in cerchio, mettono una mano ciascuno al centro formando una pila e urlano “merda merda merda” sempre più forte, muovendo a ritmo le mani a voler misurare la distanza dal pavimento, in un crescendo che li porta a indicare alla fine il cielo. Pare che questo rito scaramantico legato alla cacca, provenga dai tempi più remoti e sia legato al teatro. Prima dell’invenzione delle automobili, infatti, i nobili e i borghesi che si recavano a teatro, arrivavano ovviamente in carrozze a cavalli, che venivano “parcheggiate” sul retro, dalla parte di quello che oggi chiameremmo “l’ingresso degli artisti”. Così, poco prima di cominciare, qualcuno andava a vedere la quantità di cacca presente sul retro poiché da essa dipendeva l’affluenza del pubblico e, quindi, il successo della pièce.
Ma anche pestare una cacca per strada, o ricevere una cacca di volatile generico addosso, pare che porti bene. Tutto questo riguarda un livello, diciamo così, simbolico della convivenza sociale.
Stranamente invece, al livello linguistico la cacca è quasi sempre negativa. Avere una giornata di merda, un’idea di merda, o qualsiasi altra cosa …di merda, significa certamente che non abbiamo gradito la suddetta. Cagarsi sotto/addosso/in mano è un‘iperbole sinonimica per dire avere paura. Mentre, soprattutto nello slang giovanile, il verbo “cagare/si” [-Oh, ma mi stai cagando? -Ormai non lo cago più! -E cagami ogni tanto!-] ha decisamente valore positivo, nel senso che si tratta di una sorta di ricerca di attenzioni. Quindi siamo inconsciamente e linguisticamente portati a porre estrema attenzione al concetto di cacca.
Ma tanto vi si pone attenzione quanto più si è restii a parlarne, soprattutto della propria. Fateci caso: parliamo della nostra cacca solo con le persone a cui siamo intimamente più legate. Insomma, non credo di aver mai sentito dire ad un professore “sono tre giorni che non faccio la cacca”, oppure “ oggi sono andato a diarrea”.
Trovo la cosa estremamente interessante, in quanto ognuno di noi sa che tutti fanno la cacca, ma le convenzioni sociali ci suggeriscono di non parlarne. Sono tollerate alcune eccezioni: i bambini possono parlarne (fino ad un certo punto), gli adulti possono parlarne ai bambini e ad altri adulti “intimi”, tutti possono parlarne al medico, ma solo in certi termini, i comici possono parlarne anche in tv, e talvolta si possono leggere articoli pseudo-seri sulla cacca, su rari, interessantissimi blog!
Eppure, la certezza che tutti la fanno è incontestabile: ognuno può avere tempi e modi diversi, ma tutti, davvero tutti, devono fare la cacca! Una volta un saggio mi disse: “Quando sei preoccupata di affrontare una persona che ti incute autorità o timore, beh, immaginatela mentre fa la cacca… la sentirai molto più vicina!” E, dopotutto, il saggio ha sempre ragione.
Etuttounsogno