Non capita spesso di imbattersi in dei gioellini di film di questo tipo.
Il videotecaro me lo consiglia vivamente, e quando gli dico che “in questi ultimi tempi con i film francesi non sono mai cascato male“, lui ribadisce la sua ipocondria per il grande schermo italiano affermando “sì, il cinema francese gode di ottima salute, a differenza di quello nostrano…“.
Superata questa botta di negatività sulla nostra produzione cinematografica (forse però ha ragione), prendo il film e me lo porto a casa.
Sin dai primi fotogrammi è chiaro che si tratta della tipica Comédie Française, che diverte, fa riflettere, fa piangere. Un film che si tira giù tutto di un fiato. Ma su cui, non essendo un critico cinematografico, non elaborerò ulteriormente.
C’è un elemento che secondo me è una bomba. Un elemento per cui vale la pena di vedere il film (pubblicizzato in italia in maniera molto fuorviante – da come è presentato sembra un ibrido fra “vacanze di Natale e un film di Vanzina”, parafrasando il mio videotecaro).
Si tratta del modo in cui affronta il tema della crisi di identità. L’autore, Guillaume Gallienne, un attore di teatro geniale che ha sbancato i botteghini francesi, è una tipo sui generis che ha avuto il coraggio di riportare la sua esperienza personale sul grande schermo.
Non sfiora nemmeno per un momento le ideologie sul genere che adesso vanno per la maggiore, ma riporta tutto ad un ambito puramente umano, personale, in cui entrano in gioco le insicurezze e le domande su di sé.
Già… le insicurezze… quelle di tutti. Quelle che coltivate sin da bambini, con la complicità del desiderio – comune e naturalissimo – di distinguersi, possono esplodere in una confusione sulla propria personalità.
E che verranno sanate con la sola medicina in grado di salvarci: la fiducia.