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Considero "Il Laureato" un film imperfetto. Eppure è uno dei film che, emotivamente, mi ha colpito di più. Uscito in prossimità degli eventi del 1968, la mano di Mike Nichols è sicura e forte, anche se personalmente quella di Arthur Penn sarebbe stata più adatta. L'unico difetto (potenziale) del film. Per il resto, è un film inquieto che comunica inquietitudine, giocato sull'abilità recitativa di un giovane Hoffman e della signora Bancroft. Da questo punto di vist, alcune sequenze, cariche di sentimenti contrastanti, e piuttosto lunghe, sono tra le migliori del cinema. Paradossalmente, è proprio la stasi narrativa che comunica maggiormente allo spettatore il dissidio tra l'ozio esistenziale e gli affari doverosi. E Hoffman non è institivo, ma modula anche il ticchettio delle dita. la Bancroft è altrettanto brava a rendere la mutevolezza del ruolo di moglie e madre, diventando amante e competitor della figlia (Katherine Ross), e soprattutto ad effiggiare una personalità femminile con una sensualità traboccante. E' un film rigoroso, un pugno duro. Il finale, poi, con il sottofondo di Simon and Garfunkel è un toccante inizio-fine, che arriva a sconvolgere. Le espressioni sono il punto focale dell'ultima sequenza. "The sound of Silence".