Twin Peaks, il genio di David Lynch tra mito e sogno...
Creato il 09 agosto 2014 da Tizianogb
Nel 1989, David Lynch e
Mark Frost cominciarono a mettere in atto una delle più importanti
collaborazioni della storia della TV e tramite essa partorirono I
segreti di Twin Peaks (1990-1992), serie televisiva
rivoluzionaria e di culto che ha reso più sottili i confini tra
televisione e Cinema e che ha avvicinato David Lynch al grande
pubblico. Non preoccupatevi, niente spoiler.
La trama gira attorno
all’omicidio di Laura Palmer (interpretata da Sheryl Lee), una
bella ragazza di una cittadina provinciale del Nord America al
confine con il Canada (Twin Peaks, appunto), ritrovata avvolta nella
plastica sulla superficie di un lago pochi giorni dopo l’omicidio
di un’altra ragazza, Teresa Banks, ritrovata nelle stesse
condizioni. Un agente FBI, Dale Cooper (Kyle MacLachlan, protagonista
di altri film di Lynch come Dune e Velluto Blu), giunge
a Twin Peaks per indagare ed i suoi metodi bizzarri e
anticonvenzionali rivelano che, dietro a quello che potrebbe sembrare
un semplice omicidio a sfondo sessuale, c’è in realtà un ermetico
mondo di sogni e allegorie la cui portata è di dimensioni
insospettabili per gli abitanti della città. I personaggi sono
tantissimi ed insieme ad essi ci sono innumerevoli relazioni
interpersonali complesse in continua mutazione: tra la femme fatale
che è la Audrey Horne di Sherilyn Fenn, il buon Pete interpretato
dal sempre fidato Jack Nance, il Bobby à la James Dean con la faccia
deforme di Dana Ashbrook, i fratelli Horne interpretati con spirito
da Richard Beymer e David Patrick Kelly e l’inquietante Windom
Earle di Kenneth, si finisce per non sapere chi è davvero il membro
migliore del cast e quale il personaggio più complesso ed
interessante – ma io voto per Leland Palmer, reso meravigliosamente
dalla cupezza tragica ma ambivalente delle espressioni facciali di
Ray Wise. Oltre al casting perfetto, bisogna notare come nell’intera
serie ripeta fino alla nausea un gioco di atmosfere, di toni e di
genere ormai imitatissimo ma mai eguagliato: la logica del giallo,
del poliziesco e del thriller viene soffocata da una ridondanza dei
dialoghi riguardanti le relazioni interpersonali (che spesso sfociano
nella soap opera e nella retorica), e dietro ad entrambi questi lati
c’è l’ombra terrificante del grottesco, del surreale,
dell’inaspettato e del metaforico.
Ma andiamo con ordine.
David Lynch ha girato il pilota de I segreti di Twin Peaks nel
1989 chiedendo, insieme a Mark Frost, all’ABC di finanziargli una
stagione. “Twin Peaks nasce più dall’amore per l’America
che non dal nichilismo”, ha detto di recente il regista per
spiegare come la serie non sia propriamente pessimista, ma più che
altro una lettera d’amore per un certo tipo di atmosfera che Lynch
ha dimostrato di amare anche in altri casi, ma una lettera d’amore
‘macchiata di sangue’. Spaventato dal verdetto dell’ABC ma
deciso a fare in modo che il progetto andasse da qualche parte, Lynch
ha proseguito a dirigere un finale alternativo per questo episodio,
che lo rendesse autoconclusivo, ma senza alcuna logica narrativa. Dopo,
infatti, un’ora e mezza di puro pathos, condito con un leitmotiv
eccessivo del pianto e del lutto, ma anche di spiccato senso
dell’umorismo, la trama dell’opera si sarebbe spostata sul
versante grottesco per far giungere Dale Cooper immediatamente di
fronte all’assassino, un uomo misterioso di nome BOB, prima di una
scena onirica ‘ambientata 25 anni dopo’ in cui un Cooper
invecchiato si trova in un’assurda stanza rossa con Laura Palmer ed
un nano, chiamato Uomo da un altro mondo, interpretato da Michael J.
Anderson, che parla al contrario e balla con in sottofondo un
bellissimo brano jazz composto da Angelo Badalamenti, Dance of the
dream man. Insomma, pura incoerenza narrativa lynchana. Questo
pilota con finale alternativo è finito per essere un cosiddetto
‘pilota europeo’ che sarebbe finito come film TV sui canali
europei se la serie non fosse stata accettata dalla ABC, che però ha
deciso di finanziare 8 episodi a Lynch e Frost, dando loro carta
bianca. Si sono sbizzarriti.
È indubbio che tra gli
intenti di Lynch ci fosse quello di confondere lo spettatore, ma non
poteva capire quanto perché non aveva idea della portata e del
numero di spettatori che Twin Peaks si sarebbe ritrovata ad
avere. Dopo un primo episodio così sconquassante e tragico, andato
in onda per la prima volta l’8 aprile 1990, c’è voluto poco
prima che il regista statunitense non tirasse fuori l’asso della
manica di turno, e fu così che il terzo storico episodio della prima
stagione si è concluso con l’evento più estremo e delirante della
storia della TV: l’episodio, uno dei sei diretti da Lynch, si
conclude con Cooper che, dormendo, ha un sogno che non è altro che
un montaggio degli eventi cupi girati per la fine del pilota europeo,
con la scena del nano mostrata per intero.
Considerando che il
pubblico di Twin Peaks era in buona parte composto da
casalinghe e da madri che si interessavano più al lato da soap opera
che non al mistero, la scena fu di un impatto mostruoso e l’episodio
è tutt’ora considerato uno dei pilastri della storia della TV. Gli
ascolti, già alti, aumentarono e tutti erano pronti per una prima
stagione piena di assurdità, ma, purtroppo o per fortuna, non ve ne
furono poi più così tante. Ma i misteri continuavano, il grottesco
pure, e lo zampino di Lynch si sentiva sempre dietro l’angolo,
dietro le bellissime musiche di Badalamenti, tra l’intimismo
pacifico della sigla o il dramma del tema di Laura Palmer. E la
stagione si è conclusa, letteralmente, con un bang – Frost e Lynch
avevano già programmato di concludere l’ottavo episodio con un
cliffhanger, così da potersi accattivare le reti televisive per
poter finanziare una seconda stagione. Nessuno ci credeva, ma i soldi
arrivarono, e con essi la seconda stagione (che dura quasi il triplo
della prima) che è partita con il botto, ovvero con due episodi
diretti da Lynch, entrambi pieni di misteri irrisolvibili e virate
nel grottesco e nel surreale, soprattutto il primo, uno degli episodi
migliori, perfettamente bilanciato tra l’umorismo e l’onirico.
Vengono introdotti altri personaggi, come il Gigante, il cameriere
anziano e la misteriosa signora anziana col giovane nipotino biondo
(interpretato dal figlio di Lynch), ed il mistero si infittisce. Dopo
quattro episodi in crescendo, giunge il nuovo episodio di Lynch e con
esso anche il climax narrativo ed emotivo di metà seconda stagione,
oltre che la rivelazione che tutti volevano: chi ha ucciso Laura
Palmer? Il problema di base è che Lynch voleva che tale rivelazione
venisse procrastinata fino all’esasperazione, ma no, l’ABC voleva
che venisse detto subito perché i fan erano impazienti. Più che
altro, dopo la rivelazione (resa benissimo con una scena disturbante
e sofferente, una delle migliori della serie), sono bastati altri due
episodi di media qualità per considerarne le conseguenze, e poi la
serie è finita in un baratro. Ascolti bassi, sceneggiatori e registi
nuovi ed emergenti, pochi appigli narrativi a cui aggrapparsi; ma
c’era chi ragionava ancora con ottimismo e continuava a lavorare
per Twin Peaks, principalmente con lo scopo di ricreare
atmosfere grottesche e poco altro. Un po’, si scendeva nel
ridicolo, ed un po’ nel metafisico, sprigionando sottotrame più
vicine al complottismo fine a sé stesso che non alla finzione.
Nonostante Windom Earle fosse un antagonista dalle mille possibilità,
solo Lynch avrebbe potuto salvare la serie dal disastro, ed ha
indossato un’ipotetica tuta da supereroe per mettersi dietro la
regia del finale di stagione, un episodio che contenesse tutto ciò
che faceva impazzire i veri fan: colpi di scena ed un bel po’ di
stranezze. Nel finale più tragico e perfetto possibile, con l’unico
difetto delle sottotrame in sospeso, Lynch ha inserito una
macrosequenza onirica impossibile da leggere nella sua completezza,
ma suggestiva e surreale come solo il regista di Missoula sa fare.
L’ABC, tuttavia, non osò finanziare una terza stagione, e Twin
Peaks si conclude nel baratro dopo 30 episodi.
Lynch non si arrese e nel
1992 pensò bene di fare Fuoco cammina con me!, un film
considerato tra i suoi minori ma che mischia realismo e sogno con un
senso cromatico e grottesco magari acerbo da un punto di vista
artistico ma molto raffinato da un punto di vista emozionale. Il film
inizia con Leland Palmer che colpisce una TV con un’ascia: che sia
una maniera neanche troppo implicita per condannare l’ABC? Il film,
che sarebbe dovuto essere una maniera per rispondere a molte domande
lasciate dalla serie ma non ha fatto altro che alzarne di nuove, fu
un flop: la trama raccontava la settimana prima della morte di Laura
Palmer, ed il film doveva far parte di una trilogia che sarebbe
continuata con gli eventi successivi al finale della seconda
stagione, film che non sono mai stati girati. In compenso, da Fuoco
cammina con me! furono eliminati ben 91 minuti adesso reperibili
nel nuovo cofanetto blu-ray Twin Peaks: The Entire Mystery. Le
scene sono all’80% costituite da cose inutili per i fan: scene con
Pete o Norma o Donna o il dottor Jacobi. Ma il 20% restante è un
grande gioiello.
Una delle sequenze più
incomprensibili della storia del mondo di Lynch è la scena di Fuoco
cammina con me! dedicata al ritorno di Philip Jeffries
(interpretato da David Bowie) all’FBI: nessuno sa da dove viene,
Dale crede che venga da un qualche mondo onirico, e appena appare non
fa altro che blaterare qualcosa su un personaggio di nome Judy che
noi spettatori non conosciamo, per poi scomparire nel vuoto si
sovrappongono immagini surreali al suo volto e ai volti di Cooper e
altri: immagini riferite a personaggi della serie, come l’Uomo da
un altro mondo e BOB e altri personaggi a noi sconosciuti. Nelle
scene eliminate del blu-ray, abbiamo un quarto d’ora abbondante in
cui vediamo sia il percorso di Jeffries che le scene con l’Uomo da
un altro mondo e BOB nel piano di sopra del minimarket,
separatamente, in maniera molto meno confusa, anche se assolutamente
incomprensibile da un punto di vista sia contenutistico che
narrativo. Però, vediamo anche (pochi) eventi che succedono dopo il
finale della seconda stagione. Questi sono necessari, anche se non
particolarmente interessanti per il procedimento dell’operazione
Twin Peaks.
Detto ciò, sono passati
25 anni dal 1989, anno in cui è ambientata l’intera serie,
compresa la scena onirica in cui Laura dice a Cooper “ci vedremo
tra 25 anni” – eppure, oltre al meraviglioso cofanetto blu-ray,
non si vede ombra del ritorno sui nostri schermi della cittadina
statunitense e dei suoi stralunati abitanti. In compenso, possiamo
godere dell’influenza che ha avuto sulle grandi serie TV del futuro
prossimo, tra il senso dell’angoscia e dell’ignoto di The
X-Files, l’uso dell’onirico ne I Soprano (per me la
migliore serie TV di tutti i tempi) e il mix tra mistero esistenziale
e costante dialogo interpersonale di Lost e compagnia bella.
Nicola Settis
"Nicola Settis nasce a Pisa ed è un appassionato di Cinema da sempre, con una passione particolare per i film d'autore orientali, tra Kurosawa e Kitano, ed europei, tra Fellini, Tarkovskij, Herzog e Tarr. Oltre a non essere mai sazio di cultura cinematografica, ha tra i suoi interessi secondari la musica, la televisione, l'animazione e la letteratura. Scrive ogni tanto su daParte firmandosi 7isLS"
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