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Tyrese Rice: un fulmine a ciel sereno

Creato il 24 maggio 2014 da Basketcaffe @basketcaffe

30 luglio 2009. Il Panionios annuncia all’Europa l’accordo con un giovane playmaker americano che non è riuscito a coronare il suo sogno di giocare nell’NBA. Il ragazzo non è all’altezza: i suoi 185 centimetri sono troppo pochi per impressionare gli scout della Lega più famosa del mondo e troppi per far credere a qualche General Manager che sotto la sua fascetta rossa si nascondesse l’intelletto argenteo dei piccoli geni della palla a spicchi. È nato a Richmond, nella Virginia repubblicana e oscurantista, ma è cresciuto sul parquet del Boston College; gli uomini del Massachussetts hanno imparato subito ad apprezzare la voglia di gridare all’America la sua grande energia che quello strano figlio del Sud ha portato nello spogliatoio del suo nuovo centro tecnico.

Il drammatico divorzio dei suoi genitori non ha tarpato le sue ali, ma ha fatto divampare nel suo cuore un fuoco di agonismo e una determinazione feroce. Nel 2007/2008, i suoi blitz hanno lasciato un segno importante sull’ACC: 21 punti in 38 minuti di media, improvvise scariche di adrenalina, una forza mentale insospettabile. Quando il gioco si è fatto duro, questo bizzarro underdog è diventato irresistibile, ma il prodigioso step up del Torneo NCAA non gli è bastato; la stagione da senior ha fatto segnare un piccolo passo indietro statistico e una clamorosa picchiata dell’NBA reputation. Il Draft 2009 lo ha deluso, ma non ha nessuna voglia di mollare: prende l’aereo per la Grecia e firma il suo primo contratto da professionista. Nessun dirigente cestistico del Vecchio Continente sa che, sulle coste dell’Egeo, è appena sbarcato un futuro MVP delle Final Four dell’Eurolega: mentre scende dall’aereo, gli occhi dei tifosi baciano il talento di Ricky Rubio e il genio di Milos Teodosic, le menti degli addetti ai lavori si interrogano sul futuro incerto del Real Madrid, le tasche degli presidenti ellenici piangono per gli effetti della crisi. Poche testate giornalistiche prendono in considerazione l’arrivo di questo strano carneade: “Tyrese Rice? Gli americani veri non attraversano più l’Oceano da un pezzo!” – “Sarà l’ennesimo personaggio in cerca d’autore”. – “Non ha il fisico per giocare i campionati professionistici ad alto livello”.

Solo un uomo con una testa diversa e con un briciolo di sana follia può smarcarsi dalle nubi dello scetticismo e amare lo spinoso sottobosco che lo accoglie con estrema diffidenza. Tyrese Rice non è come gli altri: sa che il basket gli regalerà soddisfazioni clamorose e che deve aspettare il suo momento. Dal Panionios agli Artland Dragons, dal Lietuvos Rytas al Bayern Monaco: le sue peregrinazioni nelle periferie del Continente riempiono i fogli statistici di numeri interessanti e di suggestioni internazionali. Quando incrocia gli emissari del Montenegro, riceve una proposta interessante: se avesse l’opportunità di giocare i Campionati Europei con la nazionale più sorprendente dei Balcani, le grandi squadre dell’Eurolega noterebbero la sua energia.

Tyrese Rice, finale Eurolega- © 2014 Basketcaffe.com
La stagione regolare lituana del 2011/2012 lo ha elevato dal sommerso, la Bundesliga del 2013 lo ha trasformato in una piccola stella senza cielo, Eurobasket lo spinge verso Tel Aviv: David Blatt vuole una scarica di energia ready-to-use per consentire a Ricky Hickman di far sentire a tutto il mondo le melodie sincopate del suo talento e immagina che Tyrese sia perfetto per la sua idea di gioco. Rice firma e si prende il cuore dello Yad Eliyahu: gioca full throttle, non conosce la paura, non si ferma mai. Sfida i lunghi fino al ferro, spezza le certezze della difesa, rischia; a volte deraglia, ma non smette mai di credere nelle sue gambe al tritolo. Incarna perfettamente lo spirito del suo Maccabi: può battere chiunque e, un attimo dopo, schiantarsi contro il muro delle sue contraddizioni. È una mina vagante pronta a saltare in aria; l’atmosfera del Forum lo innesca, l’EA7 lo provoca. Booooom! Tyrese schianta l’Olimpia con un parziale deflagrante, propizia lo 0-1 e getta le basi per la più sorprendente qualificazione alle Final Four della gloriosa storia cestistica israeliana.

L’Europa non lo sa, ma è solo l’inizio: -15 a dieci minuti dalla fine contro l’Armata Rossa? Un gioco da ragazzi: rimonta prodigiosa, sorpasso e biglietto per l’ultimo atto. Una sfida senza domani contro la squadra più forte dell’ultimo lustro? Nessun problema, il Real Madrid non lo spaventa; la sua enciclopedia sportiva non comprende il lemma paura, ma comincia malissimo. Non segna mai, sbaglia tutti i tiri che prende ed è fuori dalla partita, ma poi, come sempre, comincia il quarto periodo: Tyrese sente il profumo della sfida e deflagra. Penetrazioni al ferro, dardi da tre punti, palleggi interrotti con jumper fulminei: all-around combo guard. Il Chacho guarda il vuoto, Rudy piega la testa; la Coppa è gialla, l’MVP ha la fascia. Si chiama Rice. La dirigenza del Panionios aveva visto giusto.


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