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Uccidere il padre, l'Edipo rovesciato di Amèlie Nothomb

Creato il 03 aprile 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Pubblicato da Ossimoro

 

Eccola qui, puntuale come la primavera, la ventesima fatica di Amèlie Nothomb. Belga, classe 1967, nata in Giappone, ogni anno sforna per Albin Michel un nuovo miniromanzo, che in Francia traina la rentrèe letteraria settembrina e in Italia arriva, appunto, nella primavera dell’anno successivo. Da sempre oscillante tra il filone realistico e quello fantastico, dopo l’ultima incursione nel “semiautobiografico” con Una forma di vita, troviamo qui una storia che si inscrive nelle storie di pura fantasia, un western “illusionistico” i cui protagonisti sono due prestigiatori nel polveroso Nevada degli anni ’90.
Uccidere il padre, l'Edipo rovesciato di Amèlie Nothomb
Titolo: Uccidere il padre Autore: Amèlie Nothomb Editore: Voland Data pubblicazione: febbraio 2012 Pagine: 96 Prezzo: 9 euro Trama: Un'ambientazione quasi western fa da sfondo allo strano caso di Joe Whip, 15 anni: non sa chi sia suo padre e la sola cosa che gli dà soddisfazione è fare trucchi di magia. Quando sua madre lo mette alla porta, vaga per i bar di Reno intrattenendo i clienti con giochi di prestigio. Norman Terence, il più abile mago della zona, lo accoglie da subito in casa sua e Joe sembra trovare in lui un padre oltre che un mentore. Riuscirà l'allievo a superare il maestro? Un romanzo in forma di partita di poker sentimentale...
RECENSIONE Che Amèlie Nothomb non riesca a resistere alla tentazione di infiltrarsi anche come personaggio in ogni sua recente pubblicazione è un dato di fatto: anche qui la vediamo intrufolarsi “travestita da Amèlie Nothomb” (!) ad un raduno parigino di maghi, laddove udirà la storia che è poi quella che racconterà nel romanzo. Storia avvincente e al fulmicotone del giovanissimo Joe, quindicenne di Reno abbandonato dalla madre e benedetto da una destrezza manuale degna del Grande Houdini. Dopo alcuni mesi passati per strada, viene presto adottato e istruito dall’illusionista Norman e dalla sua compagna, la conturbante fire dancer Christina, presso cui Joe troverà una vera e propria famiglia. 

"E tu, lo consideri tuo figlio?""In un certo senso sì. Lo ammiro molto e gli voglio bene. Quando parto, mi manca. Quando torno, mi dà sui nervi e mi esaspera.""Hai paura di lui.""No, ho paura per lui.""Allora è tuo figlio."

Per migliorare le proprie prestazioni, Joe chiede a un Norman recalcitrante di insegnargli a barare a carte, abilità che potrebbe assicurargli una carriera come croupier nella vicina e sfavillante Las Vegas: "Il mago ama e stima il suo pubblico; il baro disprezza il pollo che vuole spennare."  Le cose cambiano quando, onorando il complesso edipico, Joe comincia a desiderare di superare (e quindi, metaforicamente, “uccidere”) il proprio padre e maestro Norman e, contestualmente, avere con Christina la propria impellente iniziazione sessuale. ’occasione propizia verrà tre anni dopo con il Burning Man: ritrovo hippy e nomade di tutti i professionisti dei mestieri circensi e dell’intrattenimento estremo, tra maghi, trapezisti e fire dancer si delineerà per i tre protagonisti uno scenario inaspettato. Fino al finale, che rovescerà senza possibilità di ritorno tutte le convinzioni paterne ed edipiche di Norman. Amèlie Nothomb è sempre tanto autoreferenziale quanto efficace: anche questa volta è riuscita ad intessere le fila di una storia rarefatta e affilata, che riscrive in chiave “sadomasochistica mentale” (cifra distintiva della sua intera produzione) il mito di Edipo e la necessità di un padre “da uccidere” e di una madre “da possedere” da parte di un adolescente abbandonato e talentuoso. Il tutto presentato con un perturbante ribaltamento finale, in cui il padre putativo è ritratto nella sua incapacità di accettazione della rivelazione conclusiva, in cui Joe finisce per negargli questa paternità.  Una riflessione acuta e portata alle estreme conseguenze, in puro stile nothombiano, sempre formalmente perfetto e tanto lieve da leggere che scivola via in un’oretta. Un crudele e magnifico sillogismo di 96 pagine, adatto a chi non ha mai letto la Nothomb e a chi (come me) l’ha letta tutta e non ne ha mai abbastanza.


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