La protesta contro il possibile spostamento a oriente della politica di Kiev continua ad oltranza. Le ultime notizie parlano di scontri di piazza, istituzioni assediate e un municipio (quello della capitale) occupato.
Il presidente Viktor Janukovich si trova tra l’incudine e il martello. Se da un lato Putin pretende il lasciapassare di Kiev per edificare l’Eurasia a matrice russa, dall’altro l’Unione Europea entra a gamba tesa sulla vicenda, minacciando ingenti ripercussioni politiche. L’Ue sta giocando un ruolo fondamentale per il reclutamento di un nuovo stato membro. Anche perché la road map tracciata dall’ex presidente Juscenko parla chiaro: l’Ucraina entrerà a far parte dell’Europa (non sappiamo se pure dell’area euro) entro il 2017.
Dunque i politici del Vecchio Continente continuano il pressing sull’esecutivo ucraino mentre servizi e agenzie occidentali fomentano la rivolta, attraverso televisioni e social network. Il messaggio è lampante: o Kiev entra rapidamente nell’Ue (dicendo addio agli accordi commerciali esclusivi con il colosso energetico russo Gazprom) o la Commissione si muoverà di conseguenza, gettando la nazione granaio d’Europa nell’isolamento più drammatico. Putin, da parte sua, non ha intenzione di arretrare. L’Ucraina assume sempre più un valore cruciale.
Le forze dell’ordine lanciano intanto l’ultimatum: “Entreremo in azione in modo massiccio se i manifestanti non sgombereranno i palazzi del potere. Hanno cinque giorni di tempo, poi il presidio del governo sarà imponente”.
Paolo Fassino