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Da Paride

il telefono vibra.<< Pronto Sergio! Mi senti!?>>, << si ti sento, dimmi! >>,<< ho interrogato qualcuno qui sotto … >>, << si va beh, vai avanti! Che t’hanno detto! >>, << che hanno visto un culo! >>, come !? << un culo hai deto ! >>, <<  Antonello Bossi ricordi!? quello col megafono, dice, di aver visto un culo! >>, << Un culo!?>>, << si, e delle mani che lo reggevano >>, << questa poi! >>, dio che immagine! << Sergio che facciamo!? Allora!? O! >>, << Stefano aspetta un attimo, ti richiamo dopo >> , << si >>, << a dopo >>. Bingo, in bagno! Che imbranato, fosse rimasto li, << colleghi torniamo in dietro >>;  Sergio!? Che sonno, devo smetterla di fare le tre, << che hai detto!? >>, indietro!? O capito bene!? << da sotto mi dicono di aver visto un culo >>, << un culo!?  e che ci faceva.. >>, un culo poi, << adiamo Vittò !? ma che fai? il Carabiniere!? Che doveva farci un culo in un posto dove si lanciava merda!? >>, e che ci doveva fare!? << Me!!!!! Vitto!!!! Stava defecando!>>, defecando, << defecando! >> effettivamente che ci voleva fare un culo in un teatro del genere, che merde! C’hanno cagato sopra, fisicamente, ma che vergogna, che schifo, che umiliazione, e che bassezza, un gesto ignobile, vergognoso, così meschino un attacco, alla dignità. Potevano usare l’acqua … si certo, se dai un’occhiata al corteo, più che acqua, ti vien proprio voglia di lanciare merda, ma se, ogni qualvolta un “soggetto” proferisce parole, turpemente indicative, d’un concetto ancor più ignobile, tutti incominciassero a lanciare merda, dove finiremmo mai!? In che posto, e poi che dico a mia moglie, << preferisco non uscire sta sera >>, che forse è meglio che dirle quel che già dico, <<sono stanco, vediamo che danno in tv >>, lei, così bella, che immobile, nel tempo, simile a un’arpa, accompagna le mie fredde notti, da non ricordarne più l’ottava, o la nona, ma non la prima, la quale con ostinazione lotta, conquista, e governa il mio avvizzito cuore, e debbo dire, nonostante, le lancette del tempo. Nonostante, già! Calza a pennello.
eppure, le scale, il piano, ho una strana sensazione, vedo a tratti, ferragli, il muro sa di muffa solo a guardarlo, e pian piano, si espande, mangia pezzi di muro. La struttura s’allunga, mi inceppo in ingranaggi non troppo ordinati, un orologio, ed io a girare nella sua rotella, nel mentre di una progressione, un salire, o più in genere, uno spingere in su, un po’ involuto, un po’ inatteso. Salgo scomodamente, spinto da una forza che mi governa, ne sento la forza, ne reggo il peso, ma non per molto, o forse, non quanto basta. Continuo a emergere, e l’aria gela i peli del naso, soffro seppur euforico, soffro, mentre il palazzo si svuota delle sue scale e si fa tromba, ed io tirato su d’un tiro mentre il palazzo acquista di nuova forma e l’anima cede a vederne gli intonaci così ingialliti da un tempo che non sento scorrere più. Il freddo di questo tempo mi uccide, tratti di lucidità, i tento, ma non riesco, le palpebre, i miei occhi, e una passiva lacrima a scendermi il viso. Non noto l’ironia, eppur la sento. Mentre la scala ritorna normale, << Vitto! Ma stai dormendo in piedi ! >>, << un pensiero, solo un pensiero >>, << si immagino, lanciare merda sui manifestanti a favore del No alla Mosche fino ad arrivare addirittura a defecare fisicamente su di un civile >>, << da nove piani Sergio, da nove piani >>, << ammazza che mira o! >>, << te lo immagini!? Tu che caghi sul capo commissario e lo prendi dal nono piano! >>;  eccome  << Vittò cammina dai, andiamo a prenderli >>, << se non lo facciamo noi! >>, << gia!>>, << sti stronzi! >>.


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