Umberto Eco, Il cimitero di Praga (Bompiani – 2010)
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di Amedeo Buonanno
“Il solo personaggio inventato di questa storia è il protagonista, Simone Simonini [...] tutti gli altri personaggi [...] sono realmente esistiti e hanno fatto e detto le cose che fanno e dicono in questo romanzo” (pag. 515). Questo scrive Umberto Eco alla fine del suo ultimo romanzo “Il cimitero di Praga” ed è per questo motivo che partiremo dalla Storia, quella vera, in cui si segue la nascita de “I protocolli dei Savi di Sion” con la successione dei testi che ne hanno ispirato la genesi e ne vedremo l’intreccio con la storia, quella di finzione, che Eco crea usando il protagonista Simonino Simonini.
Partiamo da un fatto ovvero che “I protocolli dei Savi di Sion” sono un falso documentale, prodotto dalla polizia segreta zarista, Okhrana, nei primi del ‘900, come prova di un complotto ebraico per conquistare il mondo ma la sua origine è, come ci dimostra Eco, precedente di molti anni.
Nel 1798 esce “Mémoires pour servir à l’histoire du jacobinisme”, un importante saggio dell’abate Barruel in cui si dimostra il ruolo decisivo dei templari, dei massoni e degli Illuminati di Baviera nella preparazione della Rivoluzione Francese che aveva come scopo quello di distruggere la monarchia ed il papato (pagg. 61-62). Nel libro di Barruel non vi è alcun riferimento agli ebrei ma l’abate riceve nel 1806, da un certo Giovanni Battista Simonini, una lettera nella quale si dichiara come alla base di tutto il piano rivoluzionario ci fossero in realtà gli ebrei ed in cui si invita l’abate ad istruire i governi in modo che il popolo ebraico venga restituito “[all’] abiezione che gli è dovuta” (pagg. 64 -70). L’abate Barruel, pur non pubblicando la lettera per mancanza di prove a riguardo, ne trasmette copia al cardinal Fesch e successivamente al papa e al re di Francia.
L’oscuro Giovanni Battista Simonini della lettera, di cui si conoscono solo poche notizie biografiche, è proprio il nonno del protagonista del romanzo di Eco, Simonino Simonini che, crescendo in un clima così antigiudaico (lo stesso suo nome deriva da San Simonino un bimbo martire che nel Quattrocento fu rapito a Trento ed ucciso dagli ebrei per usare il sangue nei loro riti (pag. 73)), non può che covare un profondo odio verso gli ebrei.
Nel 1848 esce il romanzo “Giuseppe Balsamo” di Dumas che Simonini legge con vivo interesse notando come lo scrittore francese, descrivendo l’incontro sul Monte del Tuono tra Cagliostro e gli adepti di una loggia massonica per “modificare l’assetto costituzionale della Francia” (pag. 95), avesse in realtà descritto la Forma Universale di ogni complotto (“Dumas offre alla frustrazione di tutti la spiegazione del loro fallimento. E’ stato qualcun altro, riunito sul monte del Tuono, a progettare la tua rovina.” (pag. 96)).
Simonini capisce a questo punto una cosa fondamentale:
“a vendere in qualche modo la rivelazione di un complotto, non dovevo provvedere all’acquirente nulla di originale, bensì soltanto e specialmente quello che o aveva già appreso o avrebbe potuto apprendere più facilmente per altre vie. La gente crede solo a quello che sa già, e questa era la bellezza della Forma Universale del Complotto.” (pag.96)
Morto il padre prima (durante la difesa della Repubblica Romana nel 1849) ed il nonno poi, Simonini si trova a lavorare per un notaio di Torino che falsifica documenti spacciandoli per veri (“io non produco dei falsi, bensì nuove copie di un documento autentico che è andato perduto o che, per banale accidente, non è stato mai prodotto, ma che avrebbe potuto e dovuto esserlo” (pagg. 104-105)) ed è proprio qui che impara un’arte che gli sarà molto utile, quella della falsificazione.
Da ragazzo Simonini legge le opere di Eugéne Sue ”L’ebreo errante” (1845) ed i “Misteri del popolo” (1849) in cui viene descritto dettagliatamente il piano di cospirazione gesuitico attraverso una lettera inviata da padre Rodin al generale dei gesuiti, padre Roothaan (pag. 119). Basandosi su questo testo ed avendo in mente l’opera di Dumas, Simonini, su richiesta di un certo cavaliere Bianco, che vorrebbe che Vittorio Emanuele diffidasse di Bonaparte, crea un documento falso dove viene descritto l’incontro dei rappresentanti della Compagnia di Gesù nel cimitero di Praga. Qui un certo padre Bergamaschi (Simonini si ispira al nome del gesuita suo precettore) aveva riferito sulla sottomissione di Luigi Napoleone Bonaparte agli ordini della Compagnia, mostrando la sua intenzione di distruggere definitivamente i socialisti, i rivoluzionari, i filosofi, di reprimere la libertà di stampa e di espressione ma soprattutto di carpire la fiducia di Vittorio Emanuele subordinando il Piemonte alla Francia e a Roma (pagg. 120-125).
Dopo una sua presenza in Sicilia, durante gli anni dell’unità d’Italia giocando anche un ruolo importante nel naufragio di Nievo, Simonini si trasferisce a Parigi dove viene avvicinato da Clement Fabre de Lagrange, esponente dei servizi segreti francesi, che gli commissiona un lavoro: dovrà stringere amicizia in carcere con un certo Maurice Joly, l’autore del “Dialogue aux enfers entre Machiavel et Montesquieu” (pubblicato nell’ottobre del 1864 a Bruxelles) dove il complotto gesuitico, descritto da Sue, viene ora attribuito a Napoleone III. Il libro descrive come il re neutralizzerà il potere della Camera, trasformerà la repubblica in impero (cose che in realtà Napoleone all’epoca aveva già fatto) ma vi sono indicati altri obiettivi di Napoleone che fanno pensare a Lagrange che Joly abbia un informatore (pag. 201-203). Simonini viene così imprigionato a Sainte-Pélagie per incontrare Joly ma si rende subito conto che lo scrittore è semplicemente un ingenuo e volutamente incolperà Lacroix, un collaboratore di Lagrange, di essere la talpa cercata.
L’amico di Joly, Guédon, presenta Simonini a Toussenel, autore de “L’Esprit des betes” (1847) che dirà: “La battaglia contro gli ebrei dovrebbe essere il fine principale di ogni socialista degno di questo nome” (pag. 227) mostrando a Simonini stralci dell’opera di Disraeli in cui, con lo scopo di esaltarne le virtù, si diceva che gli ebrei si avviavano a dominare il mondo. Simonini si inizia a rendere conto di quanto vasto fosse il mercato antiebraico e di quanti potenziali clienti dei suoi documenti vi fossero:
“Gli ebrei erano nemici dell’altare, ma lo erano anche delle plebi, di cui succhiavano il sangue e, a seconda dei governi, anche del trono. Bisognava lavorare sugli ebrei [...] occorreva dirgli qualcosa di più preciso sul rapporto tra ebrei, accumulazione del capitale, complotto britannico” (pagg. 228 – 229)
Simonini, viene indirizzato da Lagrange verso il colonnello russo Dimitri che sta raccogliendo documenti compromettenti sugli ebrei in modo da orientare verso di loro il malcontento delle plebi contadine. Prima di incontrare Dimitri, Simonini cerca di informarsi sulla Alliance Israélite Universelle attraverso Jakob Brafmann, ebreo convertito al cattolicesimo che ha tradotto i documenti che dimostrano la presenza di una sorta di organizzazione ebraica, uno stato nello stato (il Kahal) che avrebbe poi scritto nel 1869 “Il libro del Kahal” dove avrebbe denunciato una cospirazione internazionale ebraica per il dominio del mondo (pag. 233-235). Brafmann vorrebbe che Simonini producesse un documento che dimostrasse ai servizi russi che il modello del Kahal era preso sul serio anche dall’Alliance Israélite parigina ma Simonini decide piuttosto di riadattare opportunamente il raduno dei massoni sul monte del Tuono e la notte dei gesuiti nel cimitero di Praga.
Seguendo le idee suggeritegli da Toussenel, Simonini, fa partire il piano giudaico di conquista del mondo dal possesso dell’oro, prendendo il cinismo buonapartista da Joly e l’ipocrisia gesuitica da Sue. Inscena così un’incontro dei capi delle dodici stirpi di Israele nel cimitero di Praga, sulla tomba del rabbino Jehuda Löw creatore nel Seicento del Golem (pag. 236-238).
Nella costruzione mancava però il punto di vista di un cattolico fervente (oltre quello di Barruel) ed è per questo motivo che Simonini incontra proprio Gougenot des Mousseaux scrittore, nel 1869, de “Le Juif, le judaïsme et la judaïsation des peuples chrétiens” nel quale si accusavano gli ebrei di un piano per la conquista del mondo avvalendosi della finanza moderna, della Framassoneria, della stampa libera e di organizzazioni come l’Alliance Israélite Universelle.
Il successo di pubblico e di critica del libro di Gougenot (il testo ricevette anche la benedizione papale di Pio IX), l’antigiudaismo dilagante ed il gran numero di libri antigiudaici circolanti costringono Simonini ad una maggiore selezione delle fonti.
“Nel mio cimitero di Praga i rabbini dovevano dire qualcosa di facile comprensione, di presa popolare, e in qualche modo nuovo, non come l’infanticidio rituale che era secoli che se ne parlava” (pag. 244)
In questo modo Simonini conclude il rapporto dal cimitero di Praga, e ne cerca un acquirente. Viene in contatto con Herrmann Goedsche che scriveva romanzacci storici col nome di sir John Retcliffe che, copiando il rapporto per sottoporlo ai suoi superiori (pagg.256-262), in realtà lo darà alle stampe nel 1868 nel romanzo “Biarritz”.
Simonini scoprirà il “furto” quando, dopo la Comune di Parigi e la sua caduta, gli fa visita padre Bergamaschi, il suo vecchio istitutore gesuita che, a conoscenza di tutti i suoi falsi documenti, tra cui anche uno che lo coinvolge in prima persona, chiede al falsario di continuare nella sua linea antiebraica ed anzi gli propone di diffondere una versione del rapporto più stupefacente e ricca in modo che venisse fuori il machiavellismo ebraico ed i piani per la corruzione degli Stati (pagg. 308-311).
Nella costruzione di questa nuova revisione per il gesuita, Simonini si rende conto che non avrebbe dovuto costruire un unico discorso del rabbino ma diversi, su fogli separati, evidenziando aspetti diversi del complotto, da potersi vendere ad acquirenti con gusti diversi: è da questo momento in poi che prendono vita i Protocolli (pag. 313)
Nonostante la scomparsa di Goedsche la versione del tedesco continua a circolare: il Contemporain, che nel 1878 aveva pubblicato la lettera di Giovanni Battista Simonini a Barruel, anni dopo (1881) pubblica il discorso del rabbino come rapporto veritiero fatto da un diplomatico inglese sir John Readcliff e più tardi un tal Bournard (1896) pubblica “Les Juifs, nos contemporains” dove riappare il discorso del rabbino, salvo che John Readclif è diventato il nome del rabbino stesso” (pag. 321).
Nel frattempo nel 1879 Lutostanski pubblica “Il Talmud e gli ebrei” una vera e propria enciclopedia di leggende e falsificazioni antigiudaiche. Per approfondire ancora di più la sua conoscenza dell’Alliance Israélite, Simonini contatta il turco Osman Bey che gli parlerà della necessità dello sterminio degli ebrei per raggiungere la felicità e la pace. Il turco concederà informazioni sull’Alliance in cambio di informazioni sull’ambiente massonico, informazioni che torneranno utili a Simonini anche per soddisfare padre Bergamaschi visto che “a Roma erano in procinto di scatenare un attacco frontale alla massoneria” (pag. 333).
In questo frangente Simonini, presentatosi come notaio Fournier, contatta Leo Taxil, un personaggio molto equivoco, creatore di vignette ed opere irrispettose ed anticlericali, e per un periodo affiliato alla loggia Le Temple des amis de l’honneur français da cui poi era stato espulso per indegnità. Simonini, contando sull’odio di Taxil verso i suoi ex compagni di loggia, vorrebbe far scrivere a Taxil qualche memoria da ex massone dietro compenso ma meglio sarebbe se lo facesse convertendosi al cattolicesimo. Simonini, spacciandosi per l’abate Dalla Piccola, suo alter ego durante tutto il romanzo, propone a Taxil la conversione che viene accettata di buon grado e da lì a poco inizia la sua feroce lotta antimassonica, infatti dal 1886 pubblicherà opere come “Les frères trois-points” o “Les Mystères de la Franc-Maçonnerie” in cui si iniziavano ad associare le logge massoniche al satanismo.
Dalla Piccola procurerà a Taxil un oracolo, Diana Vaughan, una giovane ragazza che passava da stati di normalità a stati di alterazione psichica in cui credeva di aver partecipato a riti palladiani. In un primo periodo Taxil ed il dottor Hacks (che si firma Bataille) costruiscono diverse opere contro gli adoratori del diavolo. Nel 1892 iniziano a lavorare a “Le diable au XIXe siècle” un opera monstre in cui
“avevano saccheggiato tutta la letteratura precedente, e avevano costruito un calderone di culti sotterranei, apparizioni diaboliche, rituali agghiaccianti, ritorno di liturgie templari col solito Bafometto, e via dicendo. Anche le illustrazioni erano copiate da altri libri di scienze occulte, i quali già si erano copiati tra loro. Sole immagini inedite, i ritratti dei grandi maestri massonici” (pag. 373)
Al momento giusto Dalla Piccola fa inserire a Bataille un capitolo apposito sulla presenza degli ebrei nelle sette massoniche (pag. 379) mentre proprio in quegli anni nasceva il termine antisemitismo: un vero trionfo per Simonini. Per rendere sempre più credibile la storia, nel numero 89 di Le Diable entra in scena Diana criticando il modo in cui era stata presentata in precedenza e nel 1895 è proprio lei che dirige il periodico “Le Palladium régéneré et libre” (pag.381) espresione dei palladiani secessionisti in cui si descriveva nei minimi particolari il culto di Lucifero. Dopo qualche mese Diana si converte al cattolicesimo e nel giro di sei mesi pubblicava a fascicoli “Miss Diana Vaughan. Mémoires d’une ex-palladiste”.
Simonini inizia anche a frequentare il salotto di Juliette Adam dove si può rendere conto di come la polemica antigiudaica fosse ormai molto frequente. E’ qui che Simonini incontra Juliana Glinka legatissima all’ambiente occultistico russo e Toussenel intenti, una sera, a leggere dei brani di Dostoevskij contro gli ebrei. (pag. 389-392)
Simonini aveva individuato nella Glinka un possibile acquirente dei Protocolli da cui, per l’occasione, elimina le lungaggini sui progetti economici ed insiste invece sugli aspetti messianici dei discorsi rabbinici arricchendoli anche con una lunga sintesi di come aveva funzionato e doveva funzionare il governo occulto del mondo (pag. 394-395)
Concluso l’affare, la Glinka si era disinteressata a Simonini ma un giorno, nel Café de la Paix, la donna gli presenta Rachkovskij, che tempo dopo si era presentato al negozio di Simonini come rappresentante della Okhrana, la polizia segreta russa. Rachkovskij, al corrente dei documenti del nonno apparsi sul Contemporain anni prima, vuole altre informazioni sugli ebrei che devono però colpire la gente nel profondo ovvero in riferimento alle proprie tasche (pag. 399)
“Io sono interessato alla tenuta morale del popolo russo e non desidero [...] che questo popolo diriga le sue insoddisfazioni verso lo zar. Dunque gli occorre un nemico. [...] Il nemico per essere riconoscibile e temibile deve essere in casa, o alla soglia di casa. Ecco perché gli ebrei. [...] Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria” (pag. 399-400)
D’altro canto Simonini continuava a lavorare nella raccolta di altro materiale antimassonico per Padre Bergamaschi che gli fa notare La France juive di Édouard Drumont, opera in parte riciclata da Gougenot. Simonini riesce ad incontrare l’autore al salotto di Daudet ed inizia a frequentarlo presso la redazione di La Libre Parole. Simonini si rende subito conto che Drumont è diverso dagli altri antisemiti, il suo è un antisemitismo erotico.
Nel 1894 scoppia l’affaire Dreyfus e lo stesso Simonini ha un ruolo di primo piano essendo lui il falsario della calligrafia del capitano ebreo sul bordereau, documento che avrebbe annunciato segreti sugli armamenti francesi. Ma la calligrafia che gli fu data da copiare non era di Dreyfus ma volutamente di Esterházy. La campagna contro Dreyfys e gli ebrei era alimentata anche da La Libre Parole di Drumont che, in precedenza, era stato molto scettico sull’esistenza di Diana Vaughan e per questo era riuscito a scovare Hacks-Bataille per smascherare l’inganno perpetrato da lui e Taxil. Dopo la confessione di Hacks, anche Taxil decide pubblicamente, dietro compenso di Dalla Piccola, di concludere la farsa e dichiara che Diana è una sua invenzione e lo fa precisamente il 19 Aprile del 1897.
Prima delle dichiarazioni di Taxil, Dalla Piccola e Diana partecipano ad una messa nera alla fine della quale si congiungono carnalmente ma l’uomo, una volta scoperto che la donna è in realtà un’ebrea, preso dal furore la uccide (pag. 462).
È proprio a causa di questo shock che Simonini ha parzialmente cancellato dalla mente quanto gli accadeva in veste di Dalla Piccola. Grazie al metodo di scrivere per rievocare i ricordi, suggerito al protagonista da un incontro casuale con un certo dottor Froïde (ovviamente si tratta di Freud), ebreo e che non disdegnava la cocaina (pag.55), Simonini ricompone in questo modo l’intera storia.
Rachkovskij torna però a trovare Simonini e lo rassicura che non sarebbe stato coinvolto nell’affare Dreyfus in quanto era necessario che il bordereau fosse ritenuto autentico e non prodotto da un falsario. Nel frattempo però Rachkovskij voleva il materiale nuovo che da tempo chiedeva a Simonini, autentico, convincente, che trattasse argomenti attuali. Simonini lavora per due giorni e due notti intere per radunare gli appunti che aveva raccolto nel corso di anni di frequentazione con Drumont ed in particolare cerca di aggiungere temi interessanti per il lettore medio: il controllo delle strade ferrate, della pubblica istruzione. Concluso il lavoro si presenta Golovinskij, l’emissario di Rachkovskij e come con un puzzle compongono i Protocolli mettendo insieme diversi pezzi e costruendo ad arte un discorso del rabbino che potesse far inorridire l’opinione pubblica.
“Ne verrà fuori un testo esemplare, diceva, da dove emerge il loro odio profondo di razza e di religione. L’odio in queste pagine gorgoglia, sembra che trabocchi da un recipiente colmo di fiele… Molti capiranno che siamo giunti al momento della soluzione finale [...] questa razza maledetta va estirpata a ogni costo.” (pag. 499)
Per rendere più credibili i Protocolli, in cui si parlava di usare le metropolitane per minare le grandi città, Simonini dovrà piazzare una bomba presso gli scavi della metropolitana di Parigi (pag.507). E così la narrazione si interrompe facendo credere che in quell’attentato, in cui non doveva morire nessuno, a perdere la vita sia stato proprio Simonini.
Come ogni romanzo di Eco la ricostruzione storica è ineccepibile ed il tema trattato è complesso ma interessante. Se da un lato vi è la falsità e l’arte della menzogna, dall’altro vi è la verità dello sterminio perpetrato durante il periodo nazista che si prefigura all’orizzonte. Verso la fine Simonini si rende conto che sta condannando il popolo ebraico allo sterminio e ne è fiero, dimostrando a se stesso la fondatezza delle parole di Rachkovskij: “L’odio riscalda il cuore” (pag. 400). I documenti che negli anni ha prodotto sono una naturale espressione del clima antigiudaico che egli stesso, insieme a diversi personaggi reali della Storia, ha alimentato. L’odio generalizzato verso gli ebrei, come ogni forma di odio verso il diverso, nasce dalla necessità di “sentirsi giustificati nella propria miseria” (pag. 400), permette, cioè, di scaricare la frustrazione del proprio fallimento sugli altri.
Nel 1925 Hitler, nel Mein Kampf, scriveva che proprio perché si piagnucola che sono falsi, “I Protocolli dei Savi di Sion” sono reali, una dimostrazione illogica ma che ha alimentato la diffusione e la traduzione dei Protocolli in diverse lingue. Nei lettori del tempo era ormai radicata la convinzione della veridicità dei Protocolli, anche dopo che erano stati dichiarati falsi dal London Times nel 1921 e, dobbiamo aggiungere, che ancora oggi in alcuni alberga questa assurda convinzione. Diversi popoli hanno usato i Protocolli come spiegazione dei disastri che avevano afflitto il proprio paese o anche come giustificazione ai propri fallimenti.
Il romanzo di Eco ci insegna, tra l’altro, che la costruzione del complotto nasce usando materiali veri e conosciuti, ma montati in modo da suscitare il sospetto che, alimentato con altre credenze o allusioni, permette di creare una verità universalmente accettata e che può portare anche a gesti estremi. La linea tra cosa è vero e cosa è ritenuto tale, pur essendo falso, può essere resa molto sottile e con conseguenze disastrose.
La morte di Simonini è quasi grottesca, un atto eroico in alta uniforme per difendere quella verità creata ad arte, per cui, ormai stanco, è capace anche di sacrificare la vita. Nella Storia, in cui ci hanno insegnato un po’ frettolosamente che l’eroe muore per un ideale o per la verità, Simonini rappresenta l’antieroe per eccellenza che muore per la finzione che lui stesso ha creato e per il malsano proposito di sconfiggere la “razza maledetta” di cui, in realtà, non sapeva nulla.
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Breve cronologia dei fatti storici e delle pubblicazioni
1798 – Mémoires pour servir à l’histoire du jacobinisme, di Baurrel
1806 – lettera di Giovanni Battista Simonini a Barruel
1844-1845 – Le Juif Errant, Sue
1848 – “Giuseppe Balsamo”, Dumas
1849-1857 – Les Mystères du peuple, Sue
1864 – Dialogue aux enfers entre Machiavel et Montesquieu ou La politique au XIXe siècle, Joly
1868 – Biarritz, Goedsche
1869 – Kniga Ḳahala, Brafmann
1869 – Le Juif, le judaïsme et la judaïsation des peuples chrétiens, Gougenot des Mousseaux
1870 – Nasce il termine antisemitismo
1878 – Lettera a Barruel pubblicata su Contemporain
1879 – Il Talmud e gl ebrei, Lutostanski
1881 – Il discorso del rabbino è pubblicato come rapporto veritiero su Contemporain
1881 – Inizia la pubblicazione dell’ Antijuif
1883 – Inizia la pubblicazione dell’ Antisémitique
1886 – Les frères trois-points, Taxil
1886 – Les Mystères de la Franc-Maçonnerie, Taxil
1886 - La France juive, Drumont
1892 – Inizio dei lavori per la pubblicazione di Le diable au XIXe siècle da parte di Taxil e Hacks
1892 - Fondazione de La Libre Parole da parte di Drumont
1894 – Scoppia l’affare Dreyfus
1895 - Inizia la pubblicazione di Le Palladium régéneré et libre poco dopo sostituito da Miss Diana Vaughan. Mémoires d’une ex-palladiste
1896 – Les Juifs, nos contemporains, Bournard
1897 – Taxil confessa che Diana Vaughan non è mai esistita
1905 – Prima edizione dei Protocolli degli Anziani di Sion apparsa nel volume Il grandioso nell’infimo di Sergej Nilus
1921 – Il London Times scopre i rapporti col libro di Joly e denuncia i Protocolli come un falso. Da allora i Protocolli sono continuamente ripubblicati come autentici.
1925 – Mein Kampf, Hitler