MASSIMO GRAMELLINI
Sbircio gli ultimi aggiornamenti da Wall Street e intanto mi chiedo quando mai mi era importato qualcosa di Wall Street, dove di mio non ho investito neanche un hot-dog. Ma non ho tempo per rispondermi: abbiamo un problema a Parigi, scricchiolano i titoli di Stato francesi e capisco che è una bruttissima notizia anche per me, che non sono francese e ignoro come sia fatto un titolo di Stato francese. E Francoforte? Tutto bene lassù, fratelli? Cercate di tenere duro almeno voi. Già che ci sono, mando un sms a un amico di Londra per sincerarmi che i coetanei incappucciati di Harry Potter non gli abbiano ancora devastato il tinello e completo il giro del mondo in ottanta ansie con un pensiero per la Norvegia: il fascista paranoico è sempre sepolto in galera, vero? Rientrato mentalmente a casa, mi precipito sulle immagini dei tg dedicate alla riunione di palazzo Chigi: fanno un po’ meno paura. So che quelle decine di persone stipate in una stanza arroventata mi daranno nei prossimi giorni qualche dispiacere, ma sarà comunque un pizzicotto, rispetto a ciò che potrebbe arrivarmi addosso dal resto del pianeta.
Questa estate Fine di Mondo sta trasformando la globalizzazione da un blabla di banchieri in una realtà che percepisco fin dentro le ossa. Per ora solo come un’esperienza negativa, ma la prima esperienza di qualcosa è spesso negativa. Comincio faticosamente a capire che non vivo più su un alberello isolato e protetto dal filo spinato, ma che sono seduto su uno dei tanti rami di un unico albero sconquassato dai venti. Giuro che proverò a ricordarmene anche quando la tempesta sarà passata.