Rinnovato l’appuntamento del lunedi con Hotel Patria, il bellissimo programma condotto da Mario Calabresi, affiancato in questa puntata da Luca Zingaretti che ha “quasi cinquant’anni e di professione fa l’attore, comincio col raccontare una storia di Napoli, ma non la solita faccia della Napoli dell’immondizia, una storia di passioni, di resistenza, di coraggio, di professionalità, partiamo da Nisida, un posto meraviglioso, un’isola posta a pochissima distanza dalle coste di Posillipo. Su questa isola c’è un carcere minorile, con tanto di programma di recupero…”
Dunque in questa puntata l’attenzione è per i ragazzi del carcere di Nisida. Con la loro filosofia di vita e l’amore sfrenato per gli abiti firmati, che spesso sono la causa degli atti delittuosi. Napoli ha “luoghi” di eccellenza che troppo spesso sono soffocati dalla cronaca, il Carcere Minorile di Nisida ne è un esempio; sicuramente la forza morale impressa dal personale specializzato, condotto da una singolare umanità ed empatia, spiegano il successo di una struttura così difficile, quale un istituto di rieducazione per minori. “Sono persone alienate, il nostro tentativo è quello di fargli recuperare sensibilità e tenerezza, devono prendere coscienza che esiste qualcosa d’altro oltre loro stessi”

“Quello che colpisce è la mancanza di formazione, la mancanza di un ordine di valori, una logica capovolta dove il denaro è l’unico valore” sono le parole di Luca Zingaretti che colpito dalle testimonianze analizza la situazione insieme al conduttore che aggiunge:”Qui c’è l’idea di portare a casa tanti soldi che vanno subito spesi, mostrati agli altri”. Una cultura del sistema criminale che porta i ragazzi a strafare, ad esagerare, un trionfo dell’eccesso che fa comodo al giro malavitoso. Il carcere al contrario cerca di far loro acquisire sicurezza, riconosce le loro potenzialità, da voce alle loro passioni, cerca di applicare un’attività riparativa del danno sociale, con un’attenzione alla cura delle relazioni affettive, al recupero del ruolo e della funzione genitoriale. La detenzione serve a utilizzare il tempo e lo spazio per far fruttare le capacità, la voglia di cambiamento, di riscatto, per far comprendere che l’impegno è importante per raggiungere degli obiettivi. Da qui emergono belle realtà umane, che trovano la loro soddisfazione in vari ambiti professionali. Certamente è impensabile salvare tutti, ma anche la “goccia” serve a dar forza per continuare a credere che il metodo è quello giusto e per applicare la diagnosi che utilizzano i medici con i malati di cancro: “Se entro 5 anni non avviene una ricaduta, allora sono salvi”!
Ragazzi che pur nelle innegabili difficoltà delle loro vite, hanno trovato una parte della loro fortuna personale nell’incontrare dei “genitori adottivi” così impareggiabili!







