Magazine Pari Opportunità

Un Altro Genere Di Comunicazione su “Marea”

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

fronte-cop-marea-1-ok-webMarea è un trimestrale femminista diretto dal 1994 da Monica Lanfranco, che ne cura l’uscita periodica sia cartacea che in formato elettronico.  La rivista, nata a Genova, raccoglie notizie, interviste e racconti e nel tempo ha prodotto anche materiali audiovisivi e promosso convegni e concorsi. (QUI per abbonarsi)

L’ultimo numero di gennaio è dadicato al sessismo, inteso come “malattia che può essere mortale, sicuramente pericolosissima per l’umanità” e nasce dalla constatazione dell’ “importanza del lavoro incessante e quotidiano che, a partire dal linguaggio, smantelli abitudini mentali e pratiche che di fatto alimentano una visione delle donne e del femminile come inferiore rispetto agli uomini e al maschile.”

Per questo Monica Lanfranco, autrice del libro “Uomini che odiano amano le donne”, ci ha chiesto di raccontare a Marea il lavoro portato avanti tutti i giorni dal nostro blog e di spiegare ai lettori come nasce “Un Altro Genere Di Comunicazione”. Onorate di poterci raccontare attraverso le pagine della rivista, vi proponiamo di seguito l’articolo che troverete all’interno dell’ultima edizione (QUI il sommario). Buona lettura!

 

Un altro genere di comunicazione è un blog collettivo redatto da 11 donne di età compresa tra i 24 e i 38 anni, che si propone l’analisi della comunicazione di massa criticandone l’approccio sessista e la manipo- lazione dell’informazione di genere. Supera anche le 3000 visualizzazioni giornaliere ed è diventato un nodo centrale in rete e un punto di riferimento per tutti coloro che sono impegnati a sostenere i concetti di rispetto e parità. La modalità di lavoro del gruppo è assolutamente democratica nel senso più ampio del termine. Ognuna apporta, secondo la sua disponibilità di tempo e la sua personalità, le proprie idee e i propri punti di vista. Su tematiche particolarmente delicate e/o di rilievo non è raro che ci sia tra le autrici un fitto dialogo sempre ricchissimo di spunti, per un confronto proficuo. Dialogo che si sviluppa durante l’elaborazione degli articoli o in base ai commenti degli utenti.

Pochi anni fa, nel 2009, era però ancora un progetto in crescita, un blog nato dall’iniziativa di una studente a cui poi si sono aggiunte collaboratrici, donne molto diverse ma unite dall’interesse per i processi comunicativi, la questione di genere e le tradizioni di rappresentazione femminile. Le motivazioni che portano le autrici a ritrovarsi in UAGDC sono varie: per alcune è uno dei passaggi di un percorso politico articolato, per altre una fase di studio, per altre ancora una necessità che nasce dal personale, dalla ricerca di una maggiore parità di genere, dalla consapevolezza della propria sessualità. In ogni caso, il blog è per tutte uno strumento di sondaggio del mondo reale, confidando nell’analisi della comunicazione ma rimandando alla necessità costante di presenza ed azioni fisiche fuori da internet. Nella lotta al sessismo della società della comunicazione (e non solo), il blog mira a evidenziare e contrastare ogni disparità nell’atteggiamento dei media verso uomini e donne e le loro storie, soffermandosi chiaramente su quei temi che direttamente rimandano alla tematica di genere e agli squilibri di potere socioeconomico-comunicativo.

Il lavoro di noi autrici si concentra su specifiche aree di discussione, prima tra tutte il sessismo nei media intesi quali pubblicità, spot e televisione mainstream, principali veicoli di trasmissione di stereotipi di genere e di un immaginario retrogrado che trascende da una realistica e varia rappresentazione del femminile. Dei media analizzati fanno ovviamente parte anche tutti i mezzi di informazione, dai giornali cartacei all’online, dal telegiornale all’infotainment del pomeriggio televisivo. Nel caso dell’informazione, acquista una importanza fondamentale l’analisi del linguaggio e delle ingerenze patriarcali che lo contraddistinguono nella divulgazione di fatti di cronaca e di politica, costume e scienza, arte e cultura. I retaggi che si nascondono dietro l’uso di un linguaggio discrimi- natorio nel trattare un caso di violenza sessuale, le immagini abbinate all’articolo, il titolo, ogni dettaglio dell’informazione risponde alle classificazioni del potere dominante. Ciò che noi autrici speriamo di fare è aprire questi testi alla contestazione, superando insieme alle lettrici e ai lettori le strutture in cui la comunicazione spesso vorrebbe fissarci.

Al centro di molte nostre riflessioni c’è una parola ormai tristemente nota: femminicidio. L’omicidio di una donna in quanto tale è un fenomeno atavico della nostra società maschilista, eppure i mezzi di comunicazione stentano a riconoscerlo e non hanno remore nel definire femminicidio un delitto passionale compiuto da un uomo in preda al ‘raptus di gelosia’, o nel sostenere che sia frutto di un momento di depressione del marito della vittima. Spesso aggiungono particolari criminalizzanti per la donna: l’aveva tradito, era una relazione tormentata, l’aveva lasciato, con riferimenti più o meno impliciti al ‘delitto d’onore’. Se poi la vittima è di aspetto piacente, la sua foto rimane sui giornali per giorni, mentre i media sciacallano sulla sua morte, non limitandosi nel fare riferimenti al suo aspetto fisico. Raramente i giornali parlano di femminicidio, così come le transessuali sono spesso etichettate al maschile e quando si parla di stupro viene descritto l’abbigliamento della donna, come potesse essere inerente all’evento, con conseguente colpevolizzazione della vittima. È contro questo genere di ottusità che cerchiamo di lavorare controinformando e diffondendo un linguaggio paritario.

Tra le sezioni fisse del blog c’è Libera Infanzia, area di analisi e obiezione agli stereotipi inculcati in bambine e bambini fin da piccoli: la discri- minazione di genere inizia quando secondo il sesso biologico vengono attribuiti giocattoli che scimmiottano ruoli imposti dalla società, elettrodomestici in miniatura alle femmine, armi di plastica ai maschi. Per non parlare della discriminazione lavorativa indottrinata anch’essa nella divisione netta delle possibili attitudini: bambine principesse, mamme e modelle; bambini operai virili, scienziati brillanti, costruttori creativi. Dal punto di vista della comunicazione, analizziamo e confutiamo gli spot di giocattoli sessisti e la ripartizione di funzioni sociali in base al genere. Crediamo inoltre che l’infanzia vada liberata dalle rappresentazioni erotizzate che i media spesso propongono, riservando a bambine anche molto piccole la stessa sessualizzazione del corpo che subiscono le donne adulte. Alle bambine delle pubblicità e dei concorsi di bellezza, ma anche di conseguenza a quelle che le osservano, è richiesto di essere sexy, di assomigliare alle madri, quelle stesse madri che poi vengono vilipese e ridotte a mero oggetto sessuale. Libera Infanzia non si limita solo a segnalare e creare un monitoraggio sui mass media ma si impegna anche ad avviare un vero e proprio boicottaggio dei prodotti e delle aziende che vìolano l’infanzia. Questo non solo per una speculazione teorica sul genere, ma per lottare contro l’adultizzazione delle bambine che le vede sempre più spesso vittime di pedofili e pedopornografi, la cui immaginazione può essere sicuramente sostenuta da tali rappresentazioni. Questa campagna nel 2011 si è occupata ad esempio di una pubblicità che coinvolgeva il corpo delle bambine, in particolare la ditta olandese After Eden che ha diffuso i suoi cartelloni pubblicitari con immagini di bambine in posizioni da Lolita, facendo ritirare i cartelloni diffusi dal marchio Boobs & Bloomers (linea di lingerie per bambine e preadolescenti).

Un tema spesso trattato dal blog è la sessualità, più specificatamente la percezione della sessualità femminile, la sua reale emancipazione e il quoziente rivoluzionario del corpo e del sesso femminile. I nostri mezzi di comunicazione non sono solo incapaci di descrivere una realtà moderna, dove i ruoli di genere sono profondamente cambiati, ma ledono indisturbati il genere femminile con messaggi svilenti, distruggendo e deturpando il femminile e la sua sessualità e inquadrando le donne come corpi senza desiderio. La sessualità femminile è per la comunicazione di massa un tema monco e viene rimandata quasi esclusivamente alle aspettative del genere maschile, al ruolo seduttivo da una parte e all’obbligo procreativo dall’altra. Riporta inoltre a ricerche ‘scientifiche’ di dubbio senso e chiara misoginia: “L’endometriosi ti rende sexy; gli uomini stressati amano le grasse; le donne sono multitasking”, o la peggiore in classifica, la ricerca finanziata da Cancer Research UK, e pubblicata sull’International Journal of Cancer, in cui si consiglia alle donne di “fare le casalinghe per prevenire il tumore al seno”. Riporta a capillari disqui- sizioni sull’estetica delle donne, instillando invidia, scarsa autostima e competizione all’interno del genere femminile nel tentativo di essere la più bella, di assomigliare in tutto e per tutto a quei sorrisi che ci sfidano dalle copertine delle riviste. Riporta incredibilmente all’uomo, ai “10 modi per farlo impazzire”. Molto meno spesso affronta desideri e differenze reali, di corpi che cambiano e possono mutare, di sesso anche lesbico, di sesso etero non normato, di prevenzione e relazione con le malattie sessual- mente trasmissibili. Per non aprire il tema delle rappresentazioni pornografiche: sottoposte all’occhio dominante maschile, trascendono corpi non conformi, a patto che non si vada verso la perversione, e ignorano la trasgressione dalle pratiche maschili, introiettate spesso anche dal genere femminile come norma.

All’interno del blog viene posta l’attenzione, inoltre, su uno degli aspetti della femminilità che viene spesso mistificato e ricoperto anch’esso di stereotipi: quello della maternità. L’intento è quello di mostrare come non ci sia un unico modello di madre brava, quello divulgato dai media e fatto solo di sacrifici, e segnalare tutte le speculazioni che vengono fatte sulle donne additate come cattive madri: coloro che scelgono di lavorare a tempo pieno, quelle che escono di casa per motivi non strettamente inerenti al benessere della loro famiglia, le donne che non passano tutto il tempo a giocare, cucinare, parlare con i propri figli, ma si ritagliano uno spazio per il lavoro o per se stesse. Tutti messaggi volti a colpevolizzare le donne che mirano ad una carriera lavorativa o ad un ruolo di rilievo nella società, per riportarle, ancora una volta, in casa.

Nella nostra società, così violenta e poco rispettosa nei confronti di chi non rientra nei canoni definiti dalla cultura patriarcale, anche omosessuali e stranieri vengono continuamente sottoposti a discriminazioni e violazione dei diritti. Non potevamo, dunque, non prendere in considerazione anche le notizie e le vicende che narrano di razzismo e di omofobia, facendo informazione e portando avanti idee di eguaglianza e di rispetto.

Il lavoro del blog si pone come obiettivo anche quello di monitorare la situazione italiana all’interno del contesto europeo e mondiale, verificandone giorno per giorno le resistenze conservatrici. Abbiamo spesso sostenuto che l’Italia non sia un paese per donne e questo ci viene confermato continuamente da alcuni dati allarmanti: quest’anno la classifica stilata dal World Economic Forum, che ha messo a confronto i dati di 132 paesi relativi al gender gap su partecipazione lavorativa e opportunità economiche, istruzione, salute e rappresentanza politica, delinea un quadro poco rassicurante dell’Italia. Il nostro Paese si piazza infatti all’80° posto, dopo paesi quali ad esempio Cipro, Cina, Thailandia e Capo Verde.

Convinte che le tematiche di genere non siano una questione femminile, ma sociale, il blog si propone di parlare di relazioni tra uomo e donna e di come esse siano ancora inficiate dalla retorica patriarcale, poco paritarie e poco libere. Anche gli uomini, infatti, sono imbrigliati da stereotipi antichi che non permettono loro di esprimersi pienamente. Siamo convinte che un contributo determinante per il raggiungimento della parità possa e debba venire anche dagli uomini e ci piace dare rilievo ad iniziative che si sviluppano in tal senso.

La segnalazione degli utenti è alla base della nostra modalità di intervento. Abbiamo aperto svariati canali attraverso i quali le persone che ci seguono possono inviare materiale, tra cui diversi indirizzi di posta elettronica e la pagina facebook del blog, che ha recentemente superato i 4000 followers. A questo proposito è importante sottolineare come il lavoro sottostante UAGDC non si espliciti in un flusso di considerazioni e dati a senso unico ma rappresenti un ‘laboratorio’ collaborativo e sia frutto di un confronto continuo sia all’interno del collettivo che tra autrici e utenza.

Nell’ultimo periodo, il gruppo sta cercando modalità e strumenti di intervento concreto, provando a sfruttare al meglio le possibilità che ci vengono date. Prioritarie sono le azioni ‘a monte’, cioè quelle indirizzate a far sì che ci si ri-educhi, tutti, al rispetto reciproco e alla parità: creazione e sviluppo di video informativi, partecipazione ad eventi di nostro interesse ed eventuale collaborazione con altri gruppi che abbiano fini assimilabili al nostro. Riteniamo di fondamentale importanza l’attuazione di campagne di comunicazione e di formazione nelle scuole, volte a promuovere una cultura del rispetto e della reciprocità, che siano studiate per educare i giovani ai temi del confronto e della parità, oltre che ad una sessualità consenziente e libera da tabù.

Il lavoro di Un altro genere di comunicazione purtroppo viene osteggiato tutti i giorni. Il blog è stato clonato per ben tre volte e sono state aperte pagine facebook che rimandano al gruppo con post falsi e tendenziosi, come spesso capita a chi vuole promuovere una comunicazione di genere egualitaria e si attiva per combattere lo status quo. Sono state inoltre moltissime le minacce e le persecuzioni, portate avanti anche grazie all’apertura di appositi spazi on line per mistificare le tesi delle autrici, con l’unico scopo di denigrare e screditare tutto il faticoso lavoro svolto sinora. Nonostante questi ostacoli, il blog cresce ogni giorno, raccogliendo l’entusiasmo della rete per un dibattito costruttivo e puntuale sulle tematiche della comunicazione e del genere. L’auspicio è quello di riuscire a continuare questo lavoro evolvendo verso una concezione del genere sempre più scardinata dalle sue rappresentazioni, riappropriandoci di una libertà di cui i costrutti socio-culturali ci privano. Per questo siamo sempre alla ricerca di nuovi mezzi di diffusione di questi temi, dedicandoci anche alla realizzazione di materiale divulgativo, coltivando l’intenzione di un documentario sull’argomento e augurandoci una collaborazione sempre più massiccia da parte di utenti e utentesse.



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