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Come spiega quei 900mila euro in assegni circolari provenienti dalla provvista "nerà" dell’imprenditore Anemone - attraverso un conto intestato al «riciclatore» Angelo Zampolini - e perchè gli stessi 900mila euro sono stati consegnati a Barbara e Beatrice Papa senza che figurassero nei documenti per l’acquisto dell’abitazione in via Fagutale 2 a Roma, proprio di fronte al Colosseo?
Dopo un fine settimana di lavoro, i pubblici ministeri di Perugia titolari delle indagini sui grandi appalti, Sergio Sottani e Alessia Tavernesi, si preparano a chiederlo al ministro Claudio Scajola, che sarà sentito nei prossimi giorni, probabilmente già la settimana prossima, come persona informata sui fatti. I pm perugini sono infatti convinti che proprio la procedura seguita da Zampolini per l’appartamento acquistato da Scajola, ma anche per quelli del generale della guardia di Finanza ora all’Aisi, Francesco Pittorru, e del figlio di Angelo Balducci, Lorenzo (anche loro saranno sentiti), sia il modo escogitato dall’architetto per ’nasconderè i «delitti contro la pubblica amministrazione» commessi per conto della "cricca" facente capo ad Anemone.
In sostanza, è l’ipotesi di lavoro dei pm - che ora attendono la decisione del tribunale del Riesame sulla richiesta di arresto per lo stesso Zampolini, per il commercialista Stefano Gazzani e per il funzionario pubblico Claudio Rinaldi dopo il rigetto del Gip, secondo il quale la competenza territoriale spetta a Roma - il passaggio di denaro sarebbe legato ad irregolarità nell’aggiudicazione degli appalti e non escludono dunque che le operazioni siano state fatte per mascherare delle tangenti. Il ministro delle Attività Produttive al momento non risulta indagato, così come gli altri nomi, alcuni anche di importanti funzionari pubblici, su cui la procura di Perugia sta facendo accertamenti. Ma non è escluso che nei prossimi giorni possano esserci delle novità, anche sulle base delle indagini delegate alla guardia di Finanza sui 240 conti correnti che avrebbe gestito Zampolini, dai quali sono transitati centinaia di assegni per un valore di poco meno di tre milioni, girati a diversi personaggi.
A far cadere il velo su questo aspetto è stato un tunisino, Laid Ben Hidri Fathi, indicato come l’ex autista tuttofare sia di Angelo Balducci sia del costruttore Diego Anemone. È stato lui, sentito il 25 marzo a Firenze, a rivelare di aver avuto, per conto di Balducci, una serie di contatti con «vari soggetti, alcuni dei quali ministri, a cui consegnava - si legge nelle carte dell’inchiesta - messaggi o buste di contenuto sconosciuto». Buste i cui mittenti erano lo stesso Balducci e Anemone. Fathi ha messo a verbale di aver consegnato a Zampolini 500mila euro in contanti che, a suo dire, sarebbero serviti, insieme ad altro denaro, proprio per l’acquisto dell’appartamento di Scajola. Tra i ministri, il tunisino ha fatto anche il nome di Pietro Lunardi, all’epoca dei fatti titolare delle Infrastrutture. Lunardi però si difende e contrattacca: «non ho mai visto e conosciuto» Fathi.
L’ex ministro ha invece ammesso rapporti sia con Balducci che con Anemone. In particolare, quest’ultimo si è occupato di «alcuni lavori in campagna da me - ha spiegato Lunardi - interventi specialistici che solo lui poteva fare. Si tratta di lavori che ho regolarmente pagato, le carte lo dimostrano». Operazioni lecite, prosegue, anche per quanto riguarda l’acquisto di un immobile a Roma di proprietà di Propaganda Fidae. «Ho acceso un mutuo - dice Lunardi - ho i documenti in regola e posso provarlo». I pm perugini, prima di decidere le prossime mosse, attendono anche i risultati della rogatoria internazionale avviata nei giorni scorsi, poichè dalla Banca d’Italia sono arrivate segnalazioni che riguardano depositi all’estero riconducibili sia a Balducci sia a Rinaldi: la procura del Lussemburgo ha segnalato l’esistenza di conti correnti per 2 milioni e di Balducci per 3, mentre in Svizzera sarebbe stato acceso un contro da Rinaldi la cui entità non è stata accertata.
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